A
Attualità
Attualità, 8/2018, 15/04/2018, pag. 255

Francesco e le parabole / 3

Perché lo fa e che cosa ne ottiene

Luigi Accattoli

Studio la predicazione narrativa e gestuale di Francesco seguendo l’intuizione che essa sia una delle forme con cui propone il ritorno al Vangelo. Per evidenziare questa intenzione chiamo «parabole» i racconti di vita vissuta che svolge nelle omelie, nelle catechesi, in ogni occasione; e chiamo «parabole attualizzate» i gesti con i quali accompagna la predicazione verbale. Come Gesù, infatti, Francesco parla e agisce in parabole.

Studio la predicazione narrativa e gestuale di Francesco seguendo l’intuizione che essa sia una delle forme con cui propone il ritorno al Vangelo. Per evidenziare questa intenzione chiamo «parabole» i racconti di vita vissuta che svolge nelle omelie, nelle catechesi, in ogni occasione; e chiamo «parabole attualizzate» i gesti con i quali accompagna la predicazione verbale.

Come Gesù, infatti, Francesco parla e agisce in parabole. Ho già abbozzato in questa rubrica (cf. Regno-att. 6,2018,191s; 20,2017,639s) due approcci alle 120 parabole verbali bergogliane che ho raccolto, leggendole come provocazioni per scuotere gli ascoltatori e per invitarli a pensare il nuovo. Ora azzardo un terzo approccio mirato alle parabole fattuali e provo a mettere in rapporto le parabole narrate con quelle attualizzate.

Comunione di mensa con i disprezzati

Il creativo studioso delle parabole evangeliche Joachim Jeremias intitola «Azioni con intento di parabole» l’ultimo paragrafo del volume Le parabole di Gesù (Paideia, Brescia 1967, 276ss), nel quale segnala l’intento parabolico della «comunione di mensa con i disprezzati», dell’autoinvito a casa loro (Zaccheo), della loro accoglienza tra i discepoli («Matteo il pubblicano»), del cambio del nome di Simone in Pietro, della scelta dell’asina come cavalcatura per l’ingresso in Gerusalemme, della cacciata dei mercanti dal tempio, della lavanda dei piedi, del pianto su Gerusalemme: «Le parabole attualizzate di Gesù sono azioni kerigmatiche».

Il cardinale Martini, nel libretto Perché Gesù parlava in parabole (EDB, Bologna 1985), ha un paragrafo simile a questo di Jeremias: lo intitola «Parabole narrate e parabole vissute» (121ss) e in esso segnala come «racconti in azione» e «parabole in azione», oltre ad alcune individuate dall’esegeta tedesco, anche il colloquio con la samaritana, la guarigione del paralitico con l’evocazione del perdono dei peccati, la guarigione in giorno di sabato dell’uomo dalla mano paralizzata e della donna curva, il tocco del lebbroso.

Anche Francesco predica con azioni simboliche: le visite a Lampedusa e a Lesbo, i 12 profughi musulmani che porta con sé da Lesbo in Vaticano, la colazione del compleanno con i senzatetto, la sosta muta alla barriera di cemento che separa Israele dai Territori palestinesi (26 maggio 2014), l’abbraccio all’amico ebreo e al musulmano davanti al Muro del pianto, la celebrazione dell’eucaristia al confine tra il Messico e gli USA (18 febbraio 2016), i barboni nella Sistina, la scelta dei luoghi e dei 12 delle lavande dei piedi, i Venerdì della misericordia.

Sono chiaramente «parabole in azione» le scelte delle mense dei poveri per il pranzo delle visite ad Assisi, a Firenze, a Bologna. Nel caso di Bologna è parabola anche la tavolata all’interno della basilica di San Petronio. A Napoli, per il pranzo, ha scelto il carcere di Poggioreale. Nel carcere di San Vittore, a Milano, non solo ha pranzato ma ha fatto anche un riposo dopo il pranzo nell’ufficio del cappellano.

Sono parabole anche le modalità delle lavande dei piedi: l’inserimento in esse di donne, di non cattolici, di non cristiani. Parabole che chiedono d’essere spiegate e che infatti il papa ha spiegato nelle rispettive omelie e anche con un provvedimento di riforma delle norme riguardanti il rito della lavanda (21 gennaio 2016; cf. Regno-doc. 3,2016,80ss): una riforma che è nata da scelte che Francesco aveva già sperimentato.

Vedo un intento di parabola – ovvero d’insegnamento traducibile in parole – nella richiesta di preghiere per sé rivolta a carcerati, a barboni («Ho bisogno della preghiera di persone come voi»: ai senzatetto in visita alla Sistina il 26 marzo 2015), a non cattolici, a non cristiani. Ma anche nella richiesta di augurargli cose buone che rivolge «a chi non può pregare», cioè a non credenti.

Vicinanza e prossimità come chiavi del Vangelo

Quasi sempre la parabola in azione è nel segno dell’avvicinamento, della condivisione, del superamento delle distanze o delle barriere. Prendo a lume – in questa riflessione – un’affermazione che Francesco ha fatto nell’omelia della messa del Crisma in quest’ultimo Giovedì santo: «La vicinanza è la chiave dell’evangelizzatore perché è un atteggiamento chiave nel Vangelo: il Signore la usa per descrivere il Regno». E poi, nella stessa omelia, spiega che il riferimento è alla parabola del samaritano: «La prossimità è la chiave della misericordia», perché «si ingegna per eliminare le distanze».

Ritengo che si potrebbero leggere tutte le parabole bergogliane – sia verbali sia gestuali – come chiamate alla prossimità. Di sicuro lo sono quelle attualizzate nei Venerdì della misericordia: vicinanza ai malati terminali, agli anziani, ai disabili fisici e psichici, agli ospiti di comunità di recupero e di centri di riabilitazione motoria, alle detenute con bambini, ai non vedenti.

Spesso nella narrazione di questi gesti è l’abbraccio, il contatto fisico del papa con i tribolati a prendere il primo piano, come del resto nelle parabole in azione del Vangelo, dove Gesù tocca il lebbroso e si lascia toccare dalla peccatrice. Sono famosi gli abbracci di Francesco con malati dall’aspetto impressionante o il modo con cui si è lasciato conoscere dalle dita di una bambina non vedente.

Quelle telefonate a Pannella e alla Bonino

La parabola in azione può risultare la più efficace come invito ad azzardare l’inedito per la predicazione e per la costruzione della comunità: l’inserimento della bambina di una coppia sposata civilmente tra i battezzandi nella Sistina, la visita in un appartamento romano a un gruppo di preti che hanno lasciato il ministero e si sono sposati, il colloquio con un trans «che era una lei e ora è un lui», la telefonata a Pannella malato e in sciopero della fame, l’invito della Bonino colpita da tumore a un incontro nell’Aula Nervi.

Non si finirebbe tanto presto a elencare anche solo le più parlanti tra le parabole attualizzate di Francesco. Il collega Mimmo Muolo ne ha fornito un vivo repertorio con il volume L’enciclica dei gesti di papa Francesco (Paoline, Milano 2017): non usa la categoria di «parabole» gestuali, ma il suo intento è a essa rispondente, invitando i lettori a considerare i gesti del papa come «veri atti magisteriali» (7; cf. Regno-att. 20,2017,607s).

Gesù con le 42 o 60 parabole dei Vangeli (il numero varia a seconda che si aggiungano alle parabole narrative le similitudini e i proverbi), nonché con le parabole attualizzate che non hanno numero e che dobbiamo scoprire nel vivo della sua azione di rabbi itinerante, mostra di conoscere bene, da vicino, l’umanità del suo tempo: il seminatore e il pastore, il fattore che tratta con i debitori e quello che paga i giornatari, l’invidia tra costoro, il mendicante attorniato dai cani, la donna che fa il pane e quella che spazza la casa per ritrovare la moneta, l’andamento delle feste di nozze che si protraggono nella notte e i pericoli delle strade, i diversi comportamenti dei figli maggiori e minori, secchioni e ribelli.

E il centurione, la samaritana, la cananea, i dazieri, gli esattori, i cambiavalute, i lebbrosi che nessuno doveva toccare, le prostitute che ti rendevano impuro anche solo sfiorandoti, i buoi che cadono nel pozzo in giorno di sabato.

Lo stesso possiamo dire di papa Bergoglio, nel cambio delle scene di vita. Invece della donna che fa il pane troviamo nei racconti di Francesco quella che fa le pulizie all’aeroporto (6 settembre 2013).

Il posto del ricco che fa costruire granai (cf. Lc 12,16ss) è preso dall’imprenditore che si entusiasma per una villa e la compra nell’ultima settimana di vita (30 gennaio 2017).

Dal padre del prodigo alla madre del drogato

Il ruolo svolto dalla cavalcatura del samaritano che porta il ferito e mezzo morto alla locanda è ora affidato al taxi sul quale una signora fa salire un rifugiato senza scarpe (26 ottobre 2016).

All’israelita osservante che paga la decima sulla menta e trasgredisce i precetti della giustizia (cf. Mt 23,23) succede lo sfruttatore dei dipendenti che dà elemosine alla Chiesa (18 giugno 2016).

La madre che guarda con tenerezza il figlio drogato prima di andare al lavoro narrata dal papa (29 novembre 2016) è simile al padre che aspetta sul terrazzo il ritorno del figlio prodigo.

Al posto del fattore che paga gli operai abbiamo l’addetto alle assunzioni che ha una lunga fila di cercanti lavoro alla sua porta (18 giugno 2016).

Invece del vignaiolo che dice al padrone della vigna e del fico «lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno» (Lc 13,8) avremo l’allenatore di un ragazzo difficile che va dalla direttrice della scuola e le chiede «lasciami provare» (25 marzo 2017).

Il posto dei due che vanno dal giudice e lungo la via cercano un accordo (cf. Lc 12,58) è preso dai cristiani che praticano «la santità piccolina del negoziato» con la quale almeno «non ci facciamo la guerra» (9 giugno 2016).

Il lievito dei farisei diventa il virus che ammala

Alla parabola dello spirito immondo che torna con altri sette peggiori di lui (cf. Lc 11,24-27) Francesco accosta quella del peccatore perdonato che non vigila sul proprio cuore e si fa corrotto (8 febbraio 2018).

Il lievito dei farisei (cf. Lc 12,1-7), di cui era esperto il rabbi di Galilea, diviene in Francesco «il virus che ammala» (16 ottobre 2015).

Storpi, ciechi, lebbrosi, incurvati, rattrappiti, paralitici, viandanti mezzo morti sempre sono tra noi e Francesco tutti li abbraccia e a loro aggiunge i drogati, i malati in stato vegetativo, i sepolti in mare che sono arrivati nel frattempo; e i terremotati, i richiedenti asilo, i senza documenti, gli apolidi, i transessuali. Con nuove parabole narrate e vissute Francesco ci provoca a seguire il Maestro che s’avventura nel terzo millennio.

 

www.luigiaccattoli.it

Tipo "Io non mi vergogno del Vangelo"
Tema Francesco
Area
Nazioni

Leggi anche

Attualità, 2024-6

Martiri dell’ecumene

Il sangue valica i confini

Luigi Accattoli
L’amico tradizionalista che abitava al piano di sopra deplorava la mia passione per i martiri del nostro tempo e – se fosse qua: se n’è andato nel 2020 (cf. Regno-att. 12,2021,407s) – ancor più biasimerebbe il lavoro che sto conducendo per aggiornare all’Anno santo 2025 il volume Nuovi martiri che pubblicai per il grande Giubileo (San Paolo 2000). Sento che...
Attualità, 2024-4

Nuovi martiri

La scommessa del Giubileo

Luigi Accattoli
Tra i preannunci del Giubileo del 2025 – che parte stracco – il più promettente è forse quello dei nuovi martiri: mi riferisco alla «Commissione dei nuovi martiri – Testimoni della fede» costituita presso il Dicastero delle cause dei santi il 5 luglio scorso e divenuta operativa in novembre. È già buona la ripresa dell’idea di Giovanni...
Attualità, 2024-2

Ridurre i messaggi

Per tornare al kerygma

Luigi Accattoli
Ragionando dell’urgenza di tornare al kerygma, scrivevo ultimamente in questa rubrica che tale ritorno non ci sarà finchè noi cristiani continueremo a proporre «mille messaggi» a un’umanità già stordita dal frastuono della comunicazione globale (cf. Regno-att. 20,2023,680). Mi hanno chiesto di dettagliare sui «mille messaggi» e ora ci...