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Dalla morale dei professori a quella dei pastori/ 2

Moralia | Una collaborazione dell'Associazione teologica italiana per lo studio della morale (ATISM) con Il Regno.

 

Proponiamo in due post l’intervento del prof. don Franco Gismano durante il X seminario nazionale dell’ATISM, svoltosi ad Alghero dal 3 al 7 luglio 2017, dal titolo: “La Teologia Morale dopo Amoris laetitia”.

 

Per crescere come disciplina l’etica teologica non può perdere di vista la centralità della persona in quanto soggetto agente, nelle sue molteplici e costitutive relazioni con Dio e il prossimo. Non può esimersi dall’essere un’etica della “prima persona” o della “coscienza morale” chiamata ad illustrare il nesso tra l’«altezza della vocazione dei fedeli in Cristo» e il conseguente «obbligo di portare frutto nella carità per la vita del mondo» (O.T. 16).

A tal fine sono necessarie sia una esplicitazione delle ragioni storico-salvifiche contenute nelle indicazioni o norme di comportamento (ovvero il grado di relazione che esse hanno con il kerigma[1]) sia una teoria dell’agire fedele alla condizione “reale”, “veritiera”, “oggettiva” del soggetto credente. La posta in gioco è la natura missionaria della Chiesa, ovvero l’annuncio-testimonianza della salvezza in Cristo.[2]

Centralità del soggetto agente

Al centro della riflessione teologico-morale sta dunque il soggetto agente considerato nei suoi processi di autocoscienza del bene ricevuto e donato. La coltivazione della memoria quanto all’incommensurabile sovrabbondanza del bene ricevuto (da Dio in Cristo nella mediazione dei fratelli e della creazione tutta) rispetto a quello effettivamente da me donato, mi permette al contempo di vivere nella gratitudine e nel desiderio di una crescente offerta del bene per la vita del mondo. Va da sé che la coltivazione delle relazioni fondanti la mia identità buona costituisce il primo impegno morale. Sono infatti queste relazioni a mantenermi nella auspicata “empatia misericordiosa” di papa Francesco. E le dinamiche di queste relazioni costituiscono l’architettura da pensare della teologia morale.

A questo punto la riflessione sulla “verità morale” è riflessione circa la formazione e abilitazione del soggetto al riconoscimento e alla corrispondenza del bene ricevuto. È questione di coscienza, di identità, di capacità responsoriale. In questo senso l’intera Amoris laetitia (ed in particolare i numeri 310-312) è un invito ad affinare e rimodulare nelle loro reciproche relazioni le categorie classiche di analisi morale dell’azione (l’intenzionalità, la “materia”, le condizioni) con riferimento alla reale condizione di libertà e responsabilità del soggetto.

Qui la lezione di san Tommaso rimane insuperabile almeno per quanto concerne la reciprocità di relazione di queste categorie per la loro comprensione. Alla fine, non si può pensare una “condizione oggettiva di moralità” a cui il soggetto dovrebbe tendere, anche solo “gradualmente”, prescindendo dalla storia della sua capacità di comprensione e attuazione del bene.

 

 

[1] Il rischio è «che alcune questioni che fanno parte dell’insegnamento morale della Chiesa rimangono fuori del contesto che dà loro senso. Il problema maggiore si verifica quando il messaggio che annunciamo sembra allora identificato con tali aspetti secondari che, pur essendo rilevanti, per sé soli non manifestano il cuore del messaggio di Gesù Cristo» (EG 34).  «Tutte le verità rivelate procedono dalla stessa fonte divina e sono credute con la medesima fede, ma alcune di esse sono più importanti per esprimere più direttamente il cuore del Vangelo» (EG 36).

[2] «Quando si assume un obiettivo pastorale e uno stile missionario, che realmente arrivi a tutti senza eccezioni né esclusioni, l’annuncio si concentra sull’essenziale, su ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario. La proposta si semplifica, senza perdere per questo profondità e verità, e così diventa più convincente e radiosa» (EG 35).

 

 

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