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Disposizioni anticipate di trattamento: una scelta possibile

Da quasi tre anni, con l'approvazione della legge 219/2017, è stato introdotto in Italia l'istituto giuridico delle Disposizioni anticipate di trattamento (DAT), il documento con cui dichiarare le proprie volontà sui trattamenti sanitari da ricevere in previsione di una futura incapacità a decidere personalmente.

Dopo un primo e vivace dibattito sulla legge, che ha registrato interpretazioni divergenti e in taluni casi distorte, il tema è passato in secondo piano a motivo delle sentenze della Corte costituzionale sul «caso Cappato» e la questione del suicidio assistito che hanno catalizzato l'opinione pubblica.

Anche all'interno della comunità cristiana si sono registrati, accanto agli inevitabili dispareri, letture sfuocate sull'importanza delle DAT e sull'utilità della loro diffusione tra i credenti.

Uno schema di documento

Il Gruppo di studio sulla bioetica della rivista Aggiornamenti sociali ha recentemente ripreso la questione, in spirito di collaborazione ecclesiale e in ascolto del magistero della Chiesa, uno schema di documento, corredato da un testo introduttivo che ne spiega le finalità e le possibilità di utilizzo. Le DAT, precisano gli estensori, possono essere «uno strumento in grado di favorire un processo del morire non solo dignitoso e privo di eccessive sofferenze, ma anche coerente con la prospettiva della fede cristiana».

Nel testo introduttivo e nello schema proposto per la redazione di un DAT sono evidenti due chiari presupposti teorici. Il primo è l'attività dell'autonomia decisionale della persona malata, che, come ha ricordato papa Francesco, «anzitutto ha titolo, ovviamente in dialogo con i medici, di valutare i trattamenti che gli vengono proposti e giudicare sulla loro effettiva proporzionalità nella situazione concreta, rendendone doverosa rinunciare qualora tale proporzionalità fosse riconosciuta mancante ».

Il secondo presupposto è la corretta applicazione del criterio di proporzionalità dei trattamenti, in vista di una «scelta che assume responsabilmente il limite della condizione umana mortale, nel momento in cui prende atto di non poterlo più contrastare», senza per questo flettere al principio etico di fondo della cura e della tutela della vita umana.

Questo perché, è ancora Francesco a ricordarlo,

«Non attivare mezzi sproporzionati o sospenderne l'uso equivale a evitare l'accanimento terapeutico, cioè compiere che ha un significato etico completamente diverso dall'eutanasia, che rimane sempre illecita, in quanto si propone di interrompere la vita, procurando la morte »(cfr Francesco, Discorso , 17.11.2017).

Il pregio del lavoro è di offrire un modello di sottoscrizione del DAT, frutto di un intenso confronto interno al gruppo, in cui non solo sono rispettati i criteri espressi nella legislazione italiana, ma trovano coerente applicazione i due presupposti ricordati, radicati nella convinzione credente che la vita, dono e benedizione di Dio, «è un bene da amministrare con responsabilità e senso di gratitudine».

L'Introduzione e il Documento sono scaricabili liberamente dal sito di Aggiornamenti sociali.

Il testo, infine, è pensato in prospettiva interreligiosa ed ecumenica, alla luce di un auspicabile dialogo condiviso che ha trovato nella Dichiarazione congiunta delle religioni monoteistiche abramitiche sulle problematiche del fine vita del 28 ottobre 2019, patrocinata dalla Pontificia accademia per la vita, un significativo punto iniziale di convergenza.

In questa prospettiva il blog Moralia non mancherà di ospitare nelle prossime settimane commenti e reazioni sul testo anche in vista di una sua ampia diffusione.

 

Pier Davide Guenzi è presidente dell'ATISM e insegna Teologia morale ed Etica sociale alla Facoltà teologica dell'Italia settentrionale.

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