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«Ecco»

Immacolata concezione di Maria

Gen 3,9-15.20; Sal 98 (97); Rm 15,4-9; Lc 1,26-38

La seconda domenica d’Avvento è incentrata sulla predicazione di Giovanni il Battista, ovvero sull’invito alla conversione in vista del compimento della promessa messianica. In questo 2019 la figura del Battista resta solo sullo sfondo, perché in tale domenica l’annuncio invece è incentrato direttamente su «colui che nascerà» (Lc 1,35).

Benché infatti celebriamo l’Immacolata concezione della Madre, i testi parlano soprattutto del Figlio, sia come piena realizzazione dello `adam che sconfigge il serpente (cf. Gen 3,15), sia come re davidico (cf. Lc 1,32-33).

Non è questa certo la sede per parlare del dogma che ha una profonda risonanza popolare, ma di fatto poca incidenza sulla vita dei credenti, né delle discussioni suscitate sulla possibilità o meno di un riscatto retroattivo. La nostra attenzione si ferma piuttosto sulle voci che risuonano nei testi.

La prima è quella del Signore Dio alla ricerca dell’uomo: la sua domanda è diretta e inquietante (cf. Gen 1,9), perché esige dallo `adam un disvelamento di sé. Disvelamento che per altro non si verifica, perché l’uomo risponde come un bambino impacciato. Rimanda alla responsabilità della donna e la donna, a sua volta, a quella del serpente. Come dire: tutti colpevoli, nessun colpevole.

La seconda voce è quella dell’Angelo a cui Maria, dopo aver sollevato le obiezioni tipiche di un racconto di vocazione, risponde, in coerenza col genere dello stesso racconto, con «ecco» (Lc 1,38) al modo di Abramo (cf. Gen 22,1), di Mosè (cf. Es 3,4), di Isaia (cf. 6,8) e di altri personaggi del Primo Testamento. Come l’Israele fedele che vede compiuta la sua attesa.

Il racconto, di per sé, è collocato in una precisa cornice storica – siamo al sesto mese dal concepimento di Giovanni il Battista (cf. Lc 1,26) – e procede poi gradualmente, come andando dalla periferia al centro, precisando la regione, la città, la condizione della destinataria e infine il suo nome proprio.

Se è vero che Dio non risponde ai bisogni, ma risponde alla fede, troviamo in questo secondo dialogo la risposta alla fede di Israele e di Maria. È una fede che si manifesta con riservatezza e pudore, che non alza la voce, propria di chi si considera servo (cf Is 42,2). Ma è soprattutto una fede consapevole, che si assume la responsabilità della risposta.

Il racconto dell’annunciazione, da leggersi in parallelo con Rm 1,1-4 – in entrambi i testi domina la dimensione della grazia –, oltre a essere cristocentrico, delinea in Maria il modello del discepolo che riceve la «buona notizia» e la cui reazione è ascoltarla, facendo domande per capire in ordine all’obbedienza e per accoglierla fattivamente. Maria infatti chiede «come» avverrà quello che è stato annunciato (Lc 1,34) – il suo è un dubbio investigativo, una domanda che desidera non contestare, ma approfondire.

Non per caso forse Giovanni collocherà Maria presso la croce accanto al discepolo amato a cui la affida (cf. Gv 19,25ss). Questo dettaglio, che non ha fondamento storico, perché alle esecuzioni capitali si poteva assistere solo da lontano, è esemplare di una Chiesa che sa ascoltare, confrontarsi con la dura parola della croce e viverla nell’accoglienza. In quel momento sia Maria sia il discepolo sono accomunati dallo stesso mistero di ascolto e accoglienza. Sono, in certo modo, condiscepoli.

Il cuore dell’annuncio è comunque Gesù nella sua duplice identità di Figlio dell’Altissimo e di figlio di David, che compie la profezia di Natan (cf. 2Sam 7,1ss). La conferma della veridicità di quanto l’Angelo dice è la menzione della prossima maternità di Elisabetta. Le due maternità sono allo stesso tempo simili, perché travalicano il limite naturale, e diverse per il contesto in cui si verificano. Elisabetta è sposata da tempo e anziana e forse ha molto pregato per avere un figlio, oltre a vivere una vita irreprensibile (cf. Lc 1,7). Maria è giovane ed è colta del tutto di sorpresa, forse anche da un certo sgomento. Quando le due donne s’incontreranno, sarà un momento di grande gioia per entrambe, ma al momento sono ambedue nella solitudine affidate puramente alla loro fede.

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