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Epifania del Signore | La stella e la Parola

Is 60,1-6; Sal 71 (72); Ef 3,2-3.5-6; Mt 2,1-12
La stella e la Parola

Per tutti l’Epifania è legata all’immagine della stella. I Magi la vedono in Oriente e si muovono verso Occidente (Mt 2,1-2). Essa li chiama a uscire dalla loro terra. Molti secoli prima anche Abramo si era mosso da Est a Ovest; partì dalla Mesopotamia per andare verso la terra di Canaan (vale a dire quella che in seguito sarebbe diventata la terra d’Israele). A chiamarlo fuori fu una voce: «Il Signore disse ad Abramo: “Vattene dalla tua terra”» (Gen 12,1). I Magi invece non udirono: videro.

Dall’epoca patristica in poi, molte volte si è ripetuto che la stella rappresenta il segno dell’implicito orientamento (ma qui invero si va verso Occidente) delle genti verso Dio, che ha rivelato la propria parola a Israele. Nel racconto evangelico, il cosmo non parla di per sé. Per Matteo il «libro della natura» è soltanto una traccia diretta verso un altro libro, quello della Parola rivelata. Le stelle, per definizione, stanno sopra di noi; il senso ultimo del racconto matteano sta però nel dirci che la vera manifestazione dell’alto (Epi-fania) non si trova nei cieli.

Per scrutare l’astro i Magi volsero gli occhi all’insù; tuttavia la conclusione del loro percorso è legata a un movimento di segno opposto: «Entrati in casa videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e l’adorarono» (Mt 2,11). Si parte dal cielo sconfinato e dopo un lungo cammino si giunge a una modesta abitazione. Si prendono le mosse da una grande stella e si termina il percorso prosternandosi di fronte a un bambino. Il luogo più autentico della manifestazione di Dio non è né l’alto né il basso: è il percorso che attesta l’andamento in base al quale l’alto si curva verso il basso. I cieli stellati non sono in grado di insegnarci questa dinamica.

Per comprendere il senso del prostrarsi di fronte al bambino non basta la stella, occorre che gli scrutatori del cielo incontrino la Parola. Il «libro della natura» va coniugato con quello della Scrittura. Tuttavia la narrazione di Matteo ci ammonisce che non è sufficiente neppure scrutare la Bibbia. I Magi vanno da Erode per sapere dove nascerà il re dei Giudei. Il sovrano si rivolge agli scribi; questi ultimi aprono il libro e affermano che il luogo di cui si va alla ricerca è Betlemme, così infatti «è scritto» nel profeta Michea (Mt 2,5-6; Mi 5, 1-3). Gli scribi sanno ma non riconoscono; sanno ma non ascoltano; sanno ma non escono né dalle loro stanze, né da loro stessi. Nessuno di loro si muove in proprio verso Betlemme.

Affermare che «noi» e non «loro» possediamo la Parola rivelata non aiuta a comprendere quel che Dio vuole da noi. Per conoscere quel che ci è chiesto non basta la natura, non basta il puro scritto, occorre che gli occhi che osservano il cielo e quelli che leggono il libro si incontrino con orecchi capaci di un autentico ascolto, quello che fu sia di Abramo sia di tutti coloro che, dopo di lui, hanno avuto (e hanno) la sua fede.

 

 

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