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I domenica di Quaresima | La tentazione più grande

Gen 2,7-9; 3,1-7; Sal 50 (51); Rm 5,12-19; Mt 4,1-11 

            La prima domenica di Quaresima è legata alle tentazioni di Gesù nel deserto. Tema un tempo costante e quasi assillante quello delle tentazioni; ma oggi? Satana è ospitato in forme rituali capovolte e perverse (satanismo), dilaga in immaginari filmici, è comprensibile nella dimensione dell’ossessione ma latita in quella delle tentazioni collocate in ambito spirituale. Si tratta, in pratica, di un tema lasciato ormai in monopolio ai soli tradizionalisti. Dietro a tutto ciò vi è una lunga storia. Un capitolo di essa ci rimanda a Gesù nel deserto.

            Mosè (cf. Es 24,18; 34,28) ed Elia (cf. 1Re 19,8) digiunarono quaranta giorni nel deserto, dopo di che incontrarono Dio. Gesù, alla fine del soggiorno desertico, si scontrò invece con il diavolo. Nell’Antico Testamento è il Signore a tentare il suo popolo (cf. Es 15,25; Dt 8,2). Qualcuno potrebbe trovare il termine improprio e preferire «mettere alla prova». Tuttavia in ebraico una stessa radice verbale (nśh) è impiegata nel caso in cui è il popolo a tentare Dio o quando è il Signore a tentare il popolo. È solo la traduzione a differenziare le due prospettive. Per la Bibbia tentare e mettere alla prova sono equivalenti.

            La tentazione avviene a opera di Dio o, come fu nel caso di Gesù, a opera del diavolo? Nell’Antico Testamento c’è il caso di Giobbe, che fu messo alla prova da Satana. Tuttavia in questo caso il satan (in ebraico c’è l’articolo) è un funzionario della corte celeste che, con il permesso del Signore, svolge il compito di pubblico ministero in un processo che si tiene davanti a Dio (cf. Gb 1,6-2,8); egli è un accusatore (questo l’etimo), non un avversario. Più utile è invece rivolgersi alla riscrittura, proposta dal Primo libro delle Cronache, della tentazione di Davide di compiere un censimento del popolo (che essendo del Signore non deve essere contato). Nel Secondo libro di Samuele si afferma che fu l’ira del Signore a incitare Davide a compiere la trasgressione (cf. 2Sam 24,1); nella riscrittura l’atto è invece attribuito a Satana (cf. 1Cr 21,1). Confrontando i due testi ci troviamo sulla linea di confine.

            Nei Vangeli si è davanti a uno scenario differente da quello antico. Dal punto di vista storico-culturale sono intervenuti molti mutamenti. In ogni caso il quadro si fa più drammatico. Si potrebbe dire così: Gesù è tentato all’inizio della sua missione in vista della sua fine. Il pensiero è esplicito in Luca, ma non è incompatibile con gli altri due Sinottici. Nel terzo Vangelo si legge: «Dopo aver esaurito ogni tentazione il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato» (Lc 4,13). Il Vangelo delle tentazioni, letto all’inizio del cammino quaresimale, indirizza già il nostro sguardo al Venerdì santo. Il tempo fissato è quello. La tentazione si vince in una fedeltà al compito affidatoci da Dio protratta fino al termine. Gesù la esperimentò già all’inizio della sua missione, ma essa avrebbe toccato il culmine solo alla fine.

            Uno dei motivi per cui il linguaggio della tentazione è diventato marginale alla vita spirituale, è di averlo applicato a un ventaglio di situazioni minori; esso invece va declinato in relazione al profilo alto della propria chiamata. La messa alla prova ci riconduce sempre al nucleo profondo di essere o di non essere fedeli alla propria vocazione. La richiesta del Padre nostro «non ci indurre in tentazione» suscita spesso problemi. È forse Dio a tentarci? Sul piano esegetico vanno affermate anche altre prospettive, tuttavia è legittimo leggere la richiesta pure sulla scorta della domanda successiva, «ma liberaci dal male»: non metterci alla prova fino al punto da dubitare che tu ci possa liberare dal male. Gesù sulla croce subì proprio questa tentazione: «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,46; Sal 22,2); e fu prova più grande di quelle a cui venne sottoposto a opera del diavolo.

 

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