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Ius soli: una questione di diritti

Moralia | Una collaborazione dell'Associazione teologica italiana per lo studio della morale (ATISM) con Il Regno.

 

Quando l'Assemblea costituente francese approvava nel 1789 la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, compiva un'operazione di incomparabile valore dal punto di vista morale. Superando, infatti, una differenziazione tra gli esseri umani sulla base del censo e/o della classe di appartenenza, indicava la direzione dell'eguaglianza quale via per la costruzione di una comunità nazionale.

La stessa istanza ha poi trovato esplicitazione in una lunga serie di dichiarazioni successive, nelle quali ha preso forma una comprensione dei diritti umani sempre più ampia ed articolata, che supera tra l'altro alcuni limiti delle prime iniziali formulazioni. Sono così gradualmente emerse diverse generazioni di diritti, a superare un'iniziale centratura sulla libertà individuale a favore di una considerazione via via più attenta delle relazioni (familiari, sociali, economiche...) della persona, ma anche dei contesti in cui essa è inserita. La non-discriminazione ci appare ormai come fattore determinante per la costruzione di una vita civile.

Una tensione

Il tempo della globalizzazione che viviamo evidenzia, però, con forza tutta particolare anche una tensione interna a tale dinamica, già chiara nel titolo della Dichiarazione del 1789: non è identico riferire i diritti all'essere umano come tale o in quanto membro di una comunità civile. Non a caso, il II Forum di Etica Civile, svoltosi a Milano l'1-2 aprile 2017 portava il titolo "Cittadinanza... ed oltre?", a sottolineare che la stessa - pur centrale - nozione di cittadinanza non può essere l'unico criterio di riferimento per un'etica politica.

Vi sono, infatti, alcuni diritti fondamentali che preesistono ad essa ed ai quali essa deve piuttosto piegarsi, in una dinamica di riconoscimento che esige di trovare concretizzazione anche sul piano giuridico. Si tratta, tra l'altro di un'istanza totalmente consonante con la tradizione biblica, che la radica nella stessa intenzionalità creatrice di Dio che crea ogni uomo ed ogni donna a sua immagine, mettendo radicalmente in discussione ogni forma di discriminazione. E non a caso la riflessione etico-teologica sul fatto politico ha sempre più sottolineato il ruolo della famiglia umana, quale riferimento primario, aldilà delle comunità statuali.

La posta in gioco

È a questo livello che si collocano le questioni in gioco nell'attuale dibattito sulle condizioni per la concessione di cittadinanza. In esso l'Italia si sta certo interrogando sui criteri di appartenenza alla comunità nazionale, ma soprattutto sulle forme e le modalità tramite le quali riconoscere diritti a persone, aldilà di elementi contingenti che possono averne segnato la storia.

Perché non dovremmo considerare membri a pieno titolo della comunità civile giovani donne e uomini che in essa sono nati, hanno vissuto, si sono formati e che spesso ad essa hanno portato e/o potranno portare significativi contributi? Questa è la fondamentale questione morale, che non può essere occultata dalle tante polemiche su elementi di dettaglio di una legge sempre suscettibile di perfezionamento.

 

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