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Le raccolte fondi: fare del bene, farlo bene

Nel quotidiano siamo ininterrottamente provocati dalla carità, che deve essere mediata in atti che concretizzano valori (solidarietà, verità, giustizia…). Il Rapporto CENSIS 2016 ci offre un dato, relativo alla «carità» che definisco «ambivalente». 

 

Il primato della carità, nella riflessione morale, è apparso con insistenza durante e dopo il Concilio. La carità – contenuto fondamentale della Legge nuova – non può essere messa sullo stesso piano degli altri comandamenti, degli altri valori, delle altre virtù.

Nel quotidiano siamo ininterrottamente provocati dalla carità, che deve essere mediata in atti che concretizzano valori (solidarietà, verità, giustizia…). Il Rapporto CENSIS 2016 ci offre un dato, relativo alla «carità» che definisco «ambivalente». Così ci viene riportato:

I fondi raccolti da molte associazioni non profit e organizzazioni umanitarie sono aumentati in modo considerevole. Tra il 2007 e il 2015, Save the Children Italia è passata da 15,2 a 80,4 milioni di euro (+428,9%), con il numero di sottoscrittori aumentato da 137.328 a 408.500 (+197,5%), Emergency da 23,3 a 51,9 milioni (+123,3%), Medici senza frontiere da 35,9 a 52,3 milioni (+45,9%). Le raccolte tramite SMS in occasione degli ultimi terremoti evidenziano una crescita dell’impegno economico delle famiglie: 2 milioni di euro per il terremoto del Molise (2002), 5 milioni per quello dell’Abruzzo (2009), 14 milioni per quello dell’Emilia Romagna (2012), 15 milioni per il sisma del Lazio, Umbria e Marche di quest’anno.

Un dato ambivalente

In un tempo di crisi economica, in cui lo stesso CENSIS rileva la crescente povertà e difficoltà a «far quadrare i conti» delle famiglie, la generosità degli italiani si staglia con maggior forza ed è quanto mai apprezzabile.

Tuttavia il dato è ambivalente, perché può essere interpretato come un aumento di «atti» di beneficenza (charity), oppure come un nuovo atteggiamento, uno «stile» (caritas) che si concretizza nella «opzione preferenziale per i poveri».

Evidentemente, in ambo i casi si compie del bene. Tuttavia con la charity si rischia di rimanere alla superficie delle questioni: atti isolati che potrebbero non influire sulla costruzione di un’umanità riconciliata, né per quello che riguarda il donatore, né per quello che riguarda il ricevente. Un singolo atto di charity, infatti, è soggetto a svariate intenzioni non sempre pure, a secondi fini non rivolti al bene. «Non è sufficiente fare il bene, bisogna farlo nella maniera corretta» (John Morley).

La charity, tra l’altro, implica di per sé un’ulteriore responsabilità morale, che spesso dimentichiamo: verificare l’utilizzo reale della nostra donazione, per riproporre un’attenzione alle conseguenze delle nostre azioni e vigilare sulla costruzione di nuove strutture di bene, in collaborazione.

Charity e caritas, insieme per l'apertura al bene

È assai evidente che gli atti di charity – atomizzati da un atteggiamento o uno stile di caritas – non concretizzano né il principio di sussidiarietà, né quello di solidarietà, e neppure riescono a corrispondere ad altri valori, ma rischiano di evidenziare un profondo egocentrismo, un’autoreferenzialità, snaturando il gesto stesso e la moralità personale nel suo profondo. D’altra parte la caritas deve concretizzarsi nella storia: se un atto di charity non significa automaticamente caritas, è altrettanto e contemporaneamente vero che la caritas ha bisogno della charity per essere incarnata nelle situazioni concrete della vita quotidiana.

Il cammino morale e l’apertura al bene necessitano di essere ruminati e metabolizzati. La costruzione e la verifica della vita morale non possono confrontarsi solo con i contenuti valoriali delle nostre azioni, ma anche con l’atteggiamento, con l’intenzionalità di fondo da cui i nostri atti sgorgano. La caritas, inoltre, non è semplicemente un dare fosse pure tutto quello che si ha, ma è un offrire quello che si è o, come direbbe don Tonino Bello, è «Mettersi in corpo l’occhio del povero». La caritas è radicalmente autodonazione.

Il dato CENSIS in oggetto ci offre uno stimolo importante sulla charity o sulla caritas, che stiamo vivendo come singoli e come comunità. L’una senza l’altra non possono sussistere nella vita morale: non possono di conseguenza essere pensati (o vissuti) in opposizione; si tratta quindi di riformulare, in continuazione, una loro concreta, reale, verace e possibile alleanza.

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