b
Blog

Madre Teresa di Calcutta santa

Il 4 settembre la Chiesa di Roma ha riconosciuto la santità di madre Teresa di Calcutta, apostola dei più poveri e derelitti. Riproponiamo dai nostri archivi una meditazione del card. Pio Laghi, legato alla santa da una profonda amicizia spirituale.

Da "Il Regno - attualità" n. 18 del 15 ottobre 2003.

"Ti basta la mia grazia"

Il 19 ottobre scorso Giovanni Paolo II, in una cerimonia a Roma collocata nell'ambito dei festeggiamenti per il suo XXV di pontificato, ha beatificato, ad appena 5 anni dalla morte madre Teresa di Calcutta. Alla cerimonia hanno preso parte oltre 300.000 persone da ogni parte del mondo.

Per cogliere il carisma e la testimonianza di fede della beata Teresa di Calcutta riportiamo qui di seguito la parte conclusiva del libro del card. Pio Laghi, Madre Teresa di Calcutta. Il Vangelo in cinque dita, EDB, Bologna 2003.

 

Oltrepassati gli ottant'anni, la gran parte dei quali trascorsi al servizio della Santa Sede in varie parti del mondo, avendo visto e conosciuto molte situazioni di ingiustizia e di dolore, ho pensato spesso a madre Teresa, alla sua testimonianza come a una lettera che lo Spirito ha scritto alla Chiesa in questo tempo. Perché si affidi al suo Signore, e non confidi in se stessa e nelle proprie risorse. Perché non s'intiepidisca il suo amore, per avere ceduto alte analisi pessimistiche circa le sue possibilità di espansione. Perché non perda la speranza del ripetersi del miracolo della fede, poiché la Parola risuona sempre e nuovamente nelle coscienze degli uomini, ovunque. Come Paolo, madre Teresa ha sperimentato nella sua carne la Parola: «Ti basta la mia grazia» (2Cor 12,9). Quella Parola vissuta è per la Chiesa, per tutti i credenti. Essa chiama alla fedeltà proprio nel momento della debolezza. Fissa la debolezza come condizione della fedeltà.

Nel 1996, per il mio 50° di sacerdozio, mi scrisse in un biglietto: «Il Signore non ci ha chiamati ad avere successo nella vita, ma a essergli fedeli». Ora per quella fedeltà ella ci ha ripetuto che basta la debolezza poiché basta la grazia.

Parlando a un gruppo di sacerdoti, preoccupati dei momenti difficili che la Chiesa stava attraversando a motivo di contestazioni interne e di penuria di vocazioni, madre Teresa richiamò loro l'episodio di Pietro che vedendo il Signore camminare dì notte sulle acque del lago, volle andargli incontro e per la furia del vento ebbe paura e stava per affondare. Disse con molta serenità e sicurezza: «State attenti! Voi pensate che la Chiesa sia forte quando cammina sulle acque cioè quando tutto va liscio e tutti applaudono e s'inchinano. No, non è questo il momento della vera forza della Chiesa. Essa è forte e veramente se stessa quando sentendo affondare il piede della propria debolezza come Pietro, tende la mano a Gesù, gridando con fede: “Signore, salvami!”. Allora la Chiesa avverte la mano forte di Dio che la stringe e la solleva e la salva dalle insidie continue della storia» (cf. Mt 14,28-31 ).

In quella donna, fragile, giovane, cristiana, posta accanto ai moribondi e ai più poveri, in un luogo culturalmente e religiosamente ostile ove ogni cosa era contro di lei ed ella appariva come un niente, in quella donna è come se lo Spirito ci dicesse che il Vangelo è «potenza divina» (Rm 1, 15), che la fede è ancora possibile, perché Dio parla ancora e non si è allontanato da noi.

Parla anzittutto proprio nei poveri. Essi sono il programma evangelico con il quale Cristo stesso inaugura la sua missione (cf. Lc 4,16-21); sono il giudizio finale, pietra di della nostra comprensione della realtà storica (cf. Mt 25,31-46); sono la figura della povertà di Dio, che nella morte del Figlio rivela a tutti il suo volto (cf. Fil 2,1-11 ).

Così madre Teresa descrive nella regola come vivere con colui che ci ha amato: «Amarlo e seguirlo nella miseria nascosta del più povero dei poveri, sia materialmente sia spiritualmente, riconoscendo e restaurando in essi l'immagine di Dio e la sua somiglianza».

Ma come, concretamente? «Curando i malati e i morenti raccogliendo e istruendo i poveri e i bambini di strada; dando un tetto a coloro che sono abbandonati e senza riparo; occupandosi degli esclusi, degli indesiderabili e degli isolati andando verso i più poveri spiritualmente per proclamare la parola di Dio con la presenza e le opere spirituali della misericordia».

Paolo lo aveva detto con forza: «Conoscete la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era si fece povero per voi perché voi diveniste ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8,9).

Madre Teresa ha vissuto e annunciato la carità. Questo dice alla Chiesa: di essere Chiesa della carità, perché dalla carità.

Serva e dispensatrice di una realtà che, provenendo da Cristo, a Cristo ritorna portando frutto. Radicando tutta la sua testimonianza su due parole centrali del messaggio della salvezza: «Ho sete» (Gv 19,28), e «Lo avete fatto a me» (Mt 25,31-46), la parola di Gesù nel compimento della sua passione, e la presenza di Dio nei poveri come luogo della salvezza. La salvezza è donata a tutti. Madre Teresa ha voluto fissare la carità nella carità, fuori da ogni equivoco, da ogni caricatura etica, religiosa o sociologica. Tutta una gamma di comportamenti i non ci debbono più appartenere, carità come passatempo, come calcolo e semplice proselitismo, carità come gesto funzionale alla riparazione dei nostri guasti; carità come brevetto di buona coscienza per quanti hanno dato una mano all'ingiustizia, carità come beneficenza, come surrogato della giustizia; né può bastare la carità come sostegno dato ai nostri (quelli della nostra fede), o la carità come istituzionalizzazione delle nostre opere di assistenza.

Madre Teresa è entrata con la sua testimonianza nel mistero della carità come mistero d'amore, cioè come mistero di Dio. Lo ha fatto per amore. Al bacio di Francesco, il lebbroso non ha diritto (il suo diritto è semmai dì non essere lebbroso e di essere curato), ma di quel bacio quando è lebbroso egli ha bisogno. L'umanità stessa ne ha bisogno per riconoscere a quale dignità l'uomo è stato chiamato.

Il lebbroso, figura stessa dell'uomo nella sua sconfitta, nella sua precarietà, nell'ingiustizia subita, ha bisogno di un gesto umano che è il gesto di Dio. Dio bacia il lebbroso, Dio riceve il bacio nel lebbroso. Nel gesto di Francesco, Dio restituisce il senso alla creazione e alla creatura, anzi, egli stesso è restituito nel senso, all'uomo. Questo ha voluto testimoniare madre Teresa nella sua vita di comunione coi poveri.

Dio riceve il pane dell'affamato e l'acqua dell'assetato poiché egli è il pane e l'acqua. «Chi beve dell'acqua che io gli darò non avrà più sete, anzi, l'acqua diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4, 14). Colui che dona l'acqua viva implora dalla croce: «Ho sete». E di quella sete ci parla così il salmo 22: «La mia lingua si è attaccata al palato» (Sal 22[21 ], 16). Ha sete davvero Colui che aveva donato vino a Gana, riceve aceto.

Ha sete perché noi beviamo, brucia in quella sete perché il suo cuore trafitto è fonte di acqua viva.

La sete che il Messia Figlio di Dio soffre estingue in sé ogni sete.

Dal cuore del Messia sgorga l'acqua viva dello Spirito. «Chi ha sete venga a me e beva; chi crede in me ... fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno» (Gv 7,31-38). Madre Teresa ha creduto che Cristo ha ancora sete di noi, di questa umanità, per la nostra salvezza.

 

Pio Laghi

Lascia un commento

{{resultMessage}}