b
Blog

Sul femminicidio e la necessità di un’etica della relazione

Moralia | Una collaborazione dell'Associazione teologica italiana per lo studio della morale (ATISM) con Il Regno.

 

Il pezzo è stato pubblicato su LetteraDonna.it lo scorso 26 maggio, ma l’intervista dal titolo «Non parliamo più di femminicidio?» realizzata da Giulia Mengolini con Lorella Zanardo, blogger e attivista per i diritti delle donne, merita di essere ripresa anche su Moralia.

Il tragico ripetersi ormai quasi quotidiano di casi di femminicidio, neologismo con cui si indica l’omicidio di una donna in quanto donna – conviene ripeterlo –, rischia infatti di essere derubricato come una semplice notizia di «cronaca» fra le tante che invadono i palinsesti estivi di molta TV e di molta carta stampata a corto di idee. Con il rischio di produrre un’assuefazione generalizzata in gran parte dell’opinione pubblica, ma anche in chi dovrebbe tenere alto il tenore della riflessione critica e dell’attenzione educativa, compresi i teologi morali.

Il messaggio della Zanardo, forte dell’esperienza maturata incontrando ragazzi e ragazze delle scuole di tutta Italia, è invece inequivocabile: «Il femminicidio non è cronaca, nel modo più assoluto. È un fatto sociale, culturale, che investe tutta la società, uomini e donne. E va affrontato iniziando dalle scuole, con pazienza, trovando tempo e risorse umane ed economiche per insegnare agli adolescenti come riconoscere e gestire le proprie emozioni, le frustrazioni, le insicurezze, le paure. Non solo i ragazzi non sono abituati a sentirsi dire dei «no»; sono in preda a veri e propri deliri di onnipotenza, e sono gelosissimi, possessivi; hanno paura di essere lasciati, non vogliono fare uscire le compagne: c’è una regressione incredibile».[1]

Dalla «morale sessuale» all’«etica della relazione»

Fino a qui le parole accorate della Zanardo. E le parole dei teologi esperti di etica?

In proposito credo valga la pena di rilanciare uno spunto molto interessante di Karl Hilpert, studioso tedesco di teologia morale. In un commento ad Amoris laetitia, Hilpert ha infatti sostenuto la necessità di superare l’impostazione tradizionale del discorso etico cattolico, passando dalla «morale sessuale all’etica della relazione».[2] Ossia – per dirla con le sue parole – assumendo un approccio nel quale

«il punto decisivo non è l’esperienza individuale di piacere, che richiede certe regole per essere vissuta, né la possibilità di avere una prole, ma l’interazione e il legame sociale che possono essere espressi, approfonditi e fatti durare nel tempo con un’intimità grande, in certi casi anche incondizionata, ma possono anche deteriorarsi, venire imposti e usati per ingannare, umiliare e sfruttare».[3]

Un modello, quindi, capace di

«dar vita a un ambito comunicativo che da un lato sia fortemente caricato di potenziale emotivo, dall’altro abbia a che vedere con l’accoglienza di un’altra persona, autonoma, e abbia a cuore anche i suoi sentimenti, il suo senso di autostima, la sua capacità e possibilità di sviluppo».[4]

Che sia giunto il tempo di provare a cambiare?

 

[1] L’intervista completa, che per ragioni editoriali abbiamo riassunto pur mantenendo il virgolettato, è disponibile a questo indirizzo: http://www.lorellazanardo.it/non-parliamo-piu-di-femminicidio/ (ultima visita: 6/09/2017)

[2] Cf. K. Hilpert, Etica della relazione quale necessità del momento. Riflessione teologico-morale, dottrina ecclesiale e pratica pastorale in Amoris laetitia, in S. Goertz-C. Witting (a cura di), Amoris laetitia. Un punto di svolta per la teologia morale?, San Paolo 2017, 200.

[3] Ivi, 201.

[4] Ivi, 202.

Lascia un commento

{{resultMessage}}