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Trent’anni, per andare oltre: la Fondazione Lanza per l’etica applicata

Da 30 anni la Fondazione Lanza di Padova (Centro studi in etica applicata) costituisce un punto di riferimento per la riflessione morale in Italia. L’anniversario ha offerto l’occasione per un momento forte di ripensamento e di messa a punto del suo percorso di ricerca.

Due eventi

Due gli eventi (29.11 e 1.12.2018) che hanno ritmato la celebrazione del trentennale

Il primo, di natura più istituzionale, è culminato con l’inaugurazione del Centro Filippo Franceschi, nuova sede congiunta delle tre Fondazioni culturali della diocesi di Padova – Fondazione Lanza, Zancan e Bortignon.

Non si è trattato però solo di un momento celebrativo. Grazie agli interventi di Ulderico Bernardi e Luca Bressan, infatti, è stato possibile mettere a fuoco le principali domande di etica che attraversano, a volte in forme inedite, l’articolato panorama socio-culturale e religioso italiano del presente.

Con il secondo evento, intitolato «Abitare l’etica per dare forma alla vita», si sono volute esplorare in modo analitico le diverse aree nelle quali la Lanza opera il proprio discernimento, mostrandone tutta la fecondità.

Ecco il senso dei quattro dialoghi che si sono succeduti nel corso della giornata: «Filosofia e teologia» (S. Morandini, R. Sala, G. Quaranta), «Etica e medicina» (L. Biagi, L. Sandonà, R. Simonato), «Etica e politiche ambientali» (M. Mascia, R. Bassi, L. Fusco Girard), «Etica e professioni» (G. Bertin, G. Brunelli, D. Girardi).   

Un’etica oltre il recinto

Aprendo il convegno del 1° dicembre, è stato Lorenzo Biagi, nella veste di segretario generale, a compendiare in alcune direzioni le tracce da seguire per pensare un’etica che sia, al contempo, rassicurante e sfidante nei confronti dei soggetti insicuri e senza dimora, spiazzati e nomadi della tarda modernità.

Un’etica, in altri termini, capace di andare oltre il recinto dei principi rigidi e dei fondamenti ultimi pur necessari, per esporsi e stare là dove gli interrogativi e i conflitti morali insorgono in modo più radicale – basti pensare alle aree come la bioetica o l’etica ambientale – ed esigono un pensiero critico e plurale, non vincolato a una sola categoria o a una singola scuola.

Un’etica capace di superare facili schematismi deduttivi per accogliere la conflittualità dilemmatica dell’esperienza. Un’etica – ancora – che sia applicata, capace cioè di dar forma alla vita, di orientare i processi migratori che investono la stessa identità dell’uomo ipermoderno, di incidere sulle pratiche. Un’etica – infine – che sia civile, oltre la dicotomia privato/pubblico, ma ancorata allo statuto dialogico dell’essere umano.

Per cercare ancora

Al termine di una giornata molto ricca di stimoli, il compito di tratteggiare una prima sintesi dei lavori è toccato ad Antonio Autiero, presidente del Comitato scientifico della Fondazione. Richiamata la mission della Lanza – essere un centro di ricerca, teso a esplorare in modo riflesso l’esperienza, per costruire prassi, ma anche visioni di vita – ecco tre parole d’ordine per buona ricerca in etica:

  • l’audacia di porre domande anche scomode, se necessario, onorando il servizio a quella prassi di emancipazione cui orienta la modernità;
  • il fiuto per intercettare i bisogni reali e vitali delle persone, al fondo dei quali, molto spesso, si celano richieste di riconoscimento, di dignità e di giustizia che vanno decifrate e a cui occorre rispondere;
  • la sapienza per bilanciare la tavola delle utilità dei diversi soggetti, in un equilibrio che ne mantenga la relazione con altri universali – dal vero, al bello, al giusto.

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