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Documenti, 15/1985, 01/08/1985, pag. 506

Le donne complementari o partners?

H. Legrand

Leggi anche

Attualità, 2014-12

Primato e collegialità per la comunione delle Chiese: le riforme di Francesco

H. Legrand
Nell’Evangelii gaudium papa Francesco ha annunciato l’intenzione di procedere a una riforma del papato e delle strutture centrali della Chiesa universale, nonché delle conferenze episcopali, per correggere gli effetti di un’eccessiva centralizzazione che, «anziché aiutare, complica la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria» (n. 32), oltre che il cammino ecumenico. Ma quali sono i punti specifici che hanno impedito alle affermazioni del Vaticano II sulla collegialità di concretizzarsi, e qual è la figura di Chiesa che dobbiamo far emergere dalle pieghe della storia, per rispondere al mandato missionario nel contesto attuale? Un mondo globale, ma impotente di fronte alle sue divisioni, chiede alla Chiesa una riflessione approfondita sulla comunione: correggere le codificazioni canoniche che hanno portato a un’interpretazione massimalista del papato sul piano dottrinale e a una sottomissione dei vescovi alla Santa Sede sul piano pastorale (H. Legrand), e riappropriarsi – come popolo di Dio – della coscienza della sinodalità come modo di esistere della Chiesa-comunione (P. Coda).
Attualità, 2013-4

Dibattito - La rinuncia di Benedetto XVI: a servizio della Chiesa. Conseguenze teologiche Ef 4,11

H. Legrand
La rinuncia di Benedetto XVI al suo ministero ha suscitato molta emozione nell’opinione pubblica e fra i cattolici. In coro i media rendono omaggio al coraggio, all’umiltà, alla lucidità e alla libertà del papa: a loro avviso, un esempio per i politici che si aggrappano al potere, come Fidel Castro, Chavez e altri. Da parte cattolica, la dimensione etica della decisione è fuori discussione. Si esprimono invece reticenze sul piano spirituale. Un cardinale polacco sottolinea che «Giovanni Paolo II [era] rimasto; aveva compreso che dalla croce non si scende». Per altri, «questa dimissione del papa – un ponte che collega terra e cielo – è una catastrofe». Facendo eco, a loro giudizio, allo «sgomento di una parte non trascurabile di cattolici», i due professori di filosofia concludono la riflessione comune con un grido disperato: «Nostro papa, perché ci hai abbandonati? ». Infine, un arcivescovo francese ha dichiarato che Giovanni Paolo II ci aveva dato «l’esempio di cos’è una fedeltà fino alla fine. (…) Quando si è papa, lo si resta fino alla morte. È stato sempre così » e la Chiesa – sembrerebbe pensare il presule – se l’è cavata bene. In breve, questa rinuncia non è ovvia per taluni cattolici. Perciò, senza ritornare sulle dichiarazioni già citate, vale la pena riflettere sul fondamento teologico di questo passo e sulle sue eventuali conseguenze.
Attualità, 2010-16

Nuovi teologi ortodossi: audacia responsabile

H. Legrand
Nel 1936 si celebrò all’Università di Atene un incontro internazionale sull’avvenire della teologia ortodossa, rimasto celebre per il pressante invito di p. Florovsky a liberarsi dalla propria «cattività babilonese». Con questo intendeva svincolarsi dalle influenze latine subite a Kiev, all’inizio nel XVIII secolo, quando vi si insegnava in quella lingua; e anche dall’idealismo tedesco, distillato nel XIX secolo dietro il paravento di una «filosofia religiosa russa» che, per Florovsky, non era né russa né ortodossa! Per sfuggire a questa «pseudomorfosi», – espressione che fece fortuna – la teologia doveva «ritornare ai Padri», senza ripeterli, e darsi come compito di elaborare una «sintesi neopatristica». Ma 74 anni più tardi un nuovo incontro dello stesso tipo, avvenuto nel giugno scorso, questa volta a Volos, a metà strada fra Atene e Tessalonica, intende prendere le distanze in rapporto alla sintesi neopatristica che, a parere di numerosi partecipanti, avrebbe impedito, certo involontariamente, all’ortodossia di applicarsi alle questioni contemporanee e di contribuire alla loro discussione.