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Documenti, 11/2000

Commemorazione ecumenica dei testimoni della fede del XX secolo. I martiri del Novecento

P. Marini, Giovanni Paolo II
"Davanti a Dio e all'Agnello immolato e glorioso, nella grazia dello Spirito Santo, facciamo memoria al cospetto della Chiesa e del mondo dei testimoni della fede del secolo XX, dei tanti militi ignoti per la grande causa del Vangelo (...) Ricordati, Signore, di tutti e di tutte (...) E accogli nel tuo infinito perdono misericordioso anche tutti i persecutori" (Giovanni Paolo II, preghiere). A completare un dittico simbolico, dopo la richiesta di perdono per le colpe compiute dalla Chiesa (il 12 marzo; cf. Regno-doc. 7,2000,223ss), al Colosseo il 7 maggio il papa ha concluso il percorso di purificazione della memoria delineato nella Tertio millennio adveniente, commemorando i "cristiani (che), in ogni continente, nel corso del Novecento hanno pagato il loro amore a Cristo anche versando il sangue" (omelia). "La persecuzione ha toccato quasi tutte le Chiese e comunità ecclesiali nel Novecento, unendo i cristiani nei luoghi del dolore e facendo del loro comune sacrificio un segno di speranza per i tempi che verranno" (omelia). Numerose le Chiese e organizzazioni presenti: Patriarcato Ecumenico, Patriarcato greco ortodosso di Alessandria, Patriarcato di Mosca, Patriarcato ortodosso di Romania, Chiesa ortodossa d'Albania, Chiesa ortodossa di Finlandia, Patriarcato copto ortodosso d'Alessandria, Chiesa apostolica armena, Catholicossato armeno di Cilicia, Chiesa ortodossa d'Etiopia, Chiesa assira dell'Oriente, Comunione anglicana, Federazione luterana mondiale, Consiglio metodista mondiale, Cheisa pentecostale, Chiesa morava, Consiglio ecumenico delle Chiese, Conferenza dei segretari delle comunioni cristiane mondiali. Cf. ampiamente Regno-att. 10,2000,299 e in questo numero a p. 339). Originali: presentazione, testimonianze e preghiere da opuscolo, Tipografia vaticana, Roma 2000; omelia da L'Osservatore romano 8-9.5.2000, 8-9.

Presentazione

P. Marini
Giovanni Paolo II - Commemorazione ecumenica dei testimoni della fede del XX secolo Giovanni Paolo II Commemorazione ecumenica dei testimoni della fede del XX secolo I martiri del Novecento "Davanti a Dio e all'Agnello immolato e glorioso, nella grazia dello Spirito Santo, facciamo memoria al cospetto della Chiesa e del mondo dei testimoni della fede del secolo XX, dei tanti...

Commemorazione ecumenica

Giovanni Paolo II
Giovanni Paolo II - Commemorazione ecumenica dei testimoni della fede del XX secolo Giovanni Paolo II Commemorazione ecumenica dei testimoni della fede del XX secolo I martiri del Novecento "Davanti a Dio e all'Agnello immolato e glorioso, nella grazia dello Spirito Santo, facciamo memoria al cospetto della Chiesa e del mondo dei testimoni della fede del secolo XX, dei tanti...

«Egli fu un martire»

Omelia del card. Mahony nel XX dell'assassinio di mons. Romero
"Un vero pastore della Chiesa", "assassinato per la testimonianza della sua vita"; un "uomo di Dio", che "sparse il suo sangue in difesa del Vangelo". "Un profeta, un martire". Non ha paura delle parole l'arcivescovo di Los Angeles (USA), card. Roger Mahony, chiamato a celebrare messa nella Plaza Salvador del Mundo, a San Salvador, il 24 marzo 2000, ventesimo anniversario dell'assassinio dell'arcivescovo Oscar Arnulfo Romero. Ma più ancora che ricordare la figura dell'uomo, Mahony insiste nella sua omelia sull'eredità che egli ha lasciato: "Se davvero vogliamo celebrare l'anno del giubileo e commemorare il ventesimo anniversario della morte e l'opera di questo uomo di Dio, allora dobbiamo assumere un'altra volta l'impegno per la giustizia e la pace in un tempo in cui esistono conflitti globali e un'intollerabile disuguaglianza sociale ed economica". "Non dobbiamo permettere che i semi del suo operato rimangano soltanto un ricordo. Dobbiamo continuare a spargere questi semi affinché portino frutto, e pregare perché il messaggio di Gesù Cristo regni su questa terra e in ogni luogo del mondo dove c’è ingiustizia". Originale dattiloscritto. Nostra traduzione dallo spagnolo.

La formazione permanente dei presbiteri

CEI – Commissione per il clero
"Una certa fatica delle nostre Chiese particolari nel predisporre nuovi cammini di formazione permanente", e tuttavia "l'attesa di una proposta atta a diventare punto di riferimento" sono i due dati posti dalla Commissione episcopale per il clero alla base di questa sua lettera ai sacerdoti, datata 18 maggio 2000 (giubileo del clero) e intitolata La formazione permanente dei presbiteri nelle nostre Chiese particolari. Il testo si è giovato, per la sua stesura, degli stimoli offerti della Commissione presbiterale italiana e delle conferenze episcopali regionali, approfonditi in un seminario tenutosi lo scorso giugno a Prato. Una recezione più approfondita della Pastores dabo vobis e il raccordo tra la formazione permanente dei sacerdoti e il "progetto culturale" della Chiesa italiana appaiono i suoi maggiori elementi di caratterizzazione rispetto alla pur recente (1993) lettera dell'Episcopato italiano ai presbiteri "Ravviva il dono di Dio che è in te", dedicata allo stesso argomento e frutto di un'Assemblea straordinaria della CEI (1992; cf. Regno-att. 20,1992,587; Regno-doc. 9,1993,274), anche se a essa questa nuova lettera non fa mai riferimento. Originale: stampa da supporto magnetico in nostro possesso.

I preti e l'esperienza del celibato

Markus Thürig
Sul tema del celibato sacerdotale Paolo VI scriveva: "Né si deve pretendere che la grazia divina supplisca in ciò la natura" (Sacerdotalis coelibatus, n. 64). Il realismo e la sapienza dell’indicazione informano la relazione che il sacerdote cattolico svizzero, Markus Thürig, ha tenuto il 16.11.1998 alla Commissione vescovi e preti della Conferenza episcopale svizzera. Per la sua lunga pratica terapeutica affronta i problemi connessi al mancato rispetto della promessa di continenza da parte dei sacerdoti con l’ottica dell’intervento tecnico, ma anche con sapienza pastorale. I problemi maggiori vengono dalla formazione inadeguata, dalla scarsa chiarezza personale, dal consenso di componenti ecclesiali (espresso attraverso il silenzio sul tema), dall'incertezza del confine tra benevolenza e complicità. L’attuale stagione ecclesiale permette di affrontare la questione sollecitando i singoli, ma anche il presbiterio e le comunità cristiane. Presentiamo il testo anche come contributo al dibattito su "Celibato e radicalità del Vangelo" avviato in Regno-att. 10,2000,310. Originale: stampa da supporto magnetico. Nostra traduzione dal tedesco; sottotitoli redazionali.

La Chiesa e l'aldilà

Conferenza episcopale dell'Emilia Romagna
"Il silenzio dei credenti sulla morte, sulla vita dopo la morte, sul mistero dell’aldilà è tanto più ingiustificato e inopportuno quanto più si incontrano persone che si interrogano sulla morte, su ciò che ci attende dopo, sulla possibilità di vedere davvero il volto di Dio e di rivedere il volto dei propri cari. Tale richiesta è particolarmente diffusa oggi nelle famiglie provate dalla morte violenta di un proprio congiunto". A partire da questo silenzio, afferma l’episcopato dell’Emilia Romagna in questa nota pastorale, datata 23 aprile e presentata il 19 maggio, si può comprendere come mai "si vanno moltiplicando comportamenti e movimenti di pensiero, che prospettano la possibilità di un contatto con i propri defunti e che trovano accoglienza anche fra i cristiani", un fenomeno "molto diffuso in Italia e che sta interessando anche la nostra regione emiliano-romagnola". La Chiesa deve ritornare nella predicazione alle "verità […] riguardanti la speranza cristiana e la visione cristiana dell’aldilà" che un tempo "bastavano a sostenere la fede e a dare ragione della speranza". Deve valorizzare "le forme della pastorale ordinaria", tra cui la stessa celebrazione funebre e accompagnare le persone colpite da lutti "nei giorni e i mesi che seguono immediatamente dopo il funerale", che rappresentano "i momenti dello sconforto, del dubbio, della solitudine. […] È quindi urgente, nelle nostre comunità, la presenza di un nuovo ministero: il ministero della consolazione". Opuscolo, EDB, Bologna 2000.

Le Chiese e le realtà ultime

M.E. G.

La Chiesa, la carità e la Caritas

Vescovi tedeschi – Commissione per le questioni caritative
"Come dimostra la grande stima di cui gode la Caritas nella società in genere, il suo riconoscimento supera la cerchia dei credenti. Così l'impegno ecclesiale vissuto a favore dei membri più deboli della società diventa oggi il segno convincente della pratica della fede da parte di una Chiesa che è "venuta al mondo"". Il documento Carità come attuazione della vita della Chiesa e come impegno associativo nella Chiesa e nella società (23.9.1999), a cura della Commissione per le questioni caritative della Conferenza episcopale tedesca, si chiede oggi, in un contesto di profondo cambiamento che pone "grandi sfide alla carità", "in che modo (la Caritas) possa continuare a svolgere il proprio lavoro e preservare la propria specifica identità". In quanto è una delle maggiori istituzioni private di assistenza sociale in Germania, di fronte alla riduzione delle risorse economiche disponibili e all'aumento delle richieste e delle necessità, anche oltre confine, la Caritas dovrà sviluppare al proprio interno la funzione di coordinamento, mentre "le comunità cristiane dovranno assumere a lungo andare maggiori responsabilità e impegni nei riguardi della carità professionale anche in campo finanziario". Caritas als Lebensvollzug der Kirche und als verbandliches Engagement in Kirche und Gesellschaft, Sekretariat der Deutschen Bischofskonferenz, Bonn 1999. Nostra traduzione dal tedesco.

Per una Carta dei diritti fondamentali

La COMECE all'Unione Europea
A partire dal vertice dell'Unione Europea tenutosi a Colonia (giugno 1999) si è fatta strada la convinzione dell'opportunità di redigere una Carta dei diritti fondamentali dell'Unione. Il Segretariato della Commissione degli episcopati della Comunità europea (COMECE) ha quindi elaborato una propria proposta, datata 8 febbraio 2000. Essa si caratterizza per il fatto che si rivolge in particolare a una serie di diritti che la COMECE ritiene debbano avere una "forza giuridica vincolante". "Alcuni di questi diritti si situano nel quadro delle materie che fanno già parte delle competenze dell'Unione Europea. Altri sono demandati alle autorità nazionali degli stati membri ma, se l’azione dell’Unione Europea dovesse interferire direttamente o indirettamente su queste competenze, è opportuno assicurare che questi diritti fondamentali siano rispettati". Si tratta in particolare del diritto alla vita, della protezione da riservare alla famiglia fondata sul matrimonio e della libertà di religione, ma anche di altri diritti ampiamente recepiti nelle normative a livello internazionale. Originale: stampa da supporto magnetico in nostro possesso. Nostra traduzione dal francese.

La costruzione dell'Europa

Jacques Delors
"Vorrei porre come ipotesi l'idea secondo cui la costruzione europea è certamente la sola grande avventura collettiva che sia stata proposta ai nostri popoli nella seconda metà del XX secolo". È l'affermazione centrale di una relazione che Jacques Delors, ex presidente della Commissione europea (1985-1995), ha tenuto il 7 dicembre scorso nella cattedrale di Strasburgo, in occasione di un ciclo di conferenze organizzato dall'arcivescovo mons. Joseph Doré. Delors richiama i pilastri su cui si è fondata l'Unione Europea a partire dall'Atto Unico del 1985: "la competizione che stimola, la cooperazione che rafforza, la solidarietà che unisce", e sottolinea come "il suo cammino non è stato certo paragonabile a un lungo fiume tranquillo [...] Di fronte al fallimento delle proposte chiaramente finalizzate alla costruzione dell'Europa politica abbiamo dovuto prendere le strade complesse e tortuose dell'integrazione attraverso l'economia. Con il doppio rischio di vedere il pericolo tecnocratico fornire argomenti a coloro che rifiutano l'unità del nostro continente e di nascondere le finalità dell'impresa, che sono state comunque sempre politiche". Sul tema dell'Unione Europea, cf. anche, in questo numero alle pp. 373ss, il contributo del COMECE alla nascente Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. La Documentation catholique 82(2000) 4/2220,187-195. Nostra traduzione dal francese.

Perdona a noi la nostra colpa

Eberhard Jüngel
"Una profonda svolta nella storia della chiesa" è ciò che ha operato Giovanni Paolo II nel momento in cui, "come capo supremo della sua chiesa, fa propria la confessione liturgica delle colpe" mediante la richiesta proveniente dal Padre nostro: "Perdona a noi la nostra colpa". È questo l'asse su cui argomenta Eberhard Jüngel, docente di teologia sistematica presso la Facoltà evangelica dell'università di Tubinga e uno dei teologi evangelici più eminenti e internazionalmente apprezzati, in un suo breve saggio relativo al gesto di "purificazione della memoria" posto da Giovanni Paolo II tra i segni peculiari del giubileo (cf. Regno-att. 6,2000,145; 7,2000,223). L'intervento, che per gentile concessione dell'autore abbiamo potuto tradurre nella sua stesura integrale, risponde anche alle critiche più diffuse all'iniziativa del papa, sollevate sia presso l'opinione pubblica laica, sia in ambiente protestante, sia all'interno stesso della Chiesa cattolica. A proposito della recezione della proposta di gesti di "purificazione della memoria" anche tra le Chiese nate dalla Riforma, cf. nel riquadro a p. 000 le iniziative assunte in seno alla Conferenza generale della Chiesa metodista unita. Originale: stampa da supporto magnetico in nostro possesso. Nostra traduzione dal tedesco. Questo articolo è apparso in forma ridotta su Die Welt dell'1.4.2000.

I metodisti USA a Giovanni Paolo II

I metodisti USA a Giovanni Paolo II I metodisti USA a Giovanni Paolo II La Conferenza generale della Chiesa metodista unita, svoltasi a Cleveland (Ohio) dal 2 al 12 maggio scorsi, ha approvato il 6, a grande maggioranza, una dichiarazione rivolta a Giovanni Paolo II, che rappresenta sostanzialmente una formale recezione della domanda di perdono che egli ha formulato il 12 marzo...

La testimonianza ortodossa

Kallistos di Diokleia
Martyria, diaspora, hesychia: sono le tre parole-chiave intorno alle quali si sviluppa questa riflessione sui principali tratti della testimonianza della Chiesa ortodossa nel corso del XX secolo. Due eventi quali la rivoluzione russa (1917) e la sconfitta greca in Asia minore (1922-23) sono divenuti centrali della storia ortodossa e hanno modellato in maniera specifica la vita e la teologia di queste chiese, segnate dalla persecuzione e costrette all'emigrazione verso Occidente. La prospettiva con cui Kallistos di Diokleia (ausiliare della diocesi del Patriarcato Ecumenico in Gran Bretagna e docente di teologia ortodossa all'Università di Oxford; cf. Regno-att. 8,1997,246) affronta questi temi muove dalla visione del passaggio di millennio come kairos, e dal legame tra comprensione piena del presente e valutazione del passato. L'orizzonte rimane prevalentemente interno all'Ortodossia, con ripetuti riferimenti al grande e santo concilio panortodosso che da decenni è in preparazione; al lettore non sfuggiranno tuttavia le implicite consonanze con alcuni dei "segni" del giubileo posti da Giovanni Paolo II: la "purificazione della memoria" e la "commemorazione ecumenica dei testimoni della fede del XX secolo" (cf. in questo numero alle pp. 329ss e 384ss). The Ecumenical Review 52(2000)1, 46-56. Nostra traduzione dall’inglese.