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Documenti, 17/2001, 01/09/2001, pag. 538

Una reale e intima unità

Viaggio apostolico in Armenia
La tensione ecumenica che lungo tutto il post-concilio ha alimentato le relazioni tra la Chiesa di Roma e la Chiesa d’Armenia ha caratterizzato positivamente la seconda tappa del viaggio di Giovanni Paolo II, che dal Kazakistan (cf. in questo numero alle pp. 534-537) lo ha condotto nella Repubblica armena, 16° paese postcomunista, dal 25 al 27 settembre scorsi. La visita, programmata da tempo e realizzata in coincidenza con il 1700° anniversario della proclamazione del cristianesimo come religione dell’Armenia, si è aperta con il riconoscimento e la condanna del genocidio perpetrato ai danni di un milione e mezzo di armeni nel 1915 per opera del governo capeggiato dal partito dei «giovani turchi» ottomano (cf. la preghiera del papa Al memoriale di Tzitzernakaberd), e si è chiusa con la firma di una Dichiarazione comune in cui il «vescovo di Roma e pastore della Chiesa cattolica» Giovanni Paolo II e il «supremo patriarca e catholicos di tutti gli armeni» Karekin II testimoniano insieme la fede degli armeni di tutti i tempi e l’originale «cultura cristiana» che ne è scaturita, «un preziosissimo contributo al tesoro del cristianesimo nel suo insieme». L’impegno comune a superare le divisioni attualmente esistenti tra i cristiani, e segnatamente tra cattolici e armeni, si è sostanziato, da parte del papa, attraverso il rinnovato invito ai rispettivi vescovi e teologi a riflettere, alla luce dell’esperienza del primo millennio, sulle forme di esercizio del ministero petrino (cf. Omelia alla celebrazione ecumenica, n. 3). L’Osservatore romano 27.9.2001, 1; 28.9.2001, 5 e 8; 30.9.2001, 4.

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