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Documenti, 1/2003, 01/01/2003, pag. 28

Il terrorismo in Spagna: valutazione morale

Vescovi spagnoli
«La valutazione morale del terrorismo dell'ETA non può che essere gravemente negativa. Detta valutazione riguarda, nella debita proporzione, tutte quelle persone o gruppi che collaborano nelle azioni terroristiche, le coprono o le difendono. Tutte le persone e i gruppi sociali e politici senza eccezione hanno l'obbligo morale di prendere una posizione netta di fronte all'ETA» (vescovi di San Sebastián, Bilbao e Vitoria). Di fronte all’inasprirsi dell’attività terroristica dell’ETA alcuni vescovi del Paese Basco, Blázquez e Echenagusia di Bilbao, Uriarte di San Sebastián e Asurmendi di Vitoria avevano espresso la loro condanna nel documento Preparare la pace, del 29 maggio 2002, che aveva suscitato una dura reazione nel governo, a cui non venivano risparmiate critiche per alcune scelte politiche, e in una parte della Conferenza episcopale spagnola per quella che sembrava una condanna non sufficientemente netta del terrorismo (cf. Regno-att. 12,2002,367ss; 14,2002,441ss). La stessa Conferenza episcopale spagnola ha quindi pubblicato il 22 novembre 2002 un’istruzione pastorale che analizza il terrorismo dell'ETA, definendolo «una realtà intrinsecamente perversa, ingiustificabile, un fatto che per la forma ormai consolidata con la quale si autodefinisce risulta essere una struttura di peccato». Il documento Valutazione morale del terrorismo in Spagna, delle sue cause e conseguenze pronuncia un netto giudizio morale anche «sul nazionalismo totalitario soggiacente al terrorismo dell'ETA, poiché è impossibile comprendere l'uno senza l'altro», e su questa troppo netta assimilazione tra nazionalismo e terrorismo al momento della votazione in assemblea i vescovi si sono divisi (cf. Regno-att. 22,2002,747ss).

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Documenti, 2021-17

Un Dio dei vivi

Sulla fede nella risurrezione, la speranza cristiana e la celebrazione delle esequie

Vescovi spagnoli

«In questi ultimi decenni si è vissuta nella nostra società una profonda trasformazione dell’esperienza della morte e del modo di affrontarla. A ciò ha contribuito il pluralismo religioso e culturale che caratterizza il momento storico in cui ci troviamo. La secolarizzazione della vita ha portato alla secolarizzazione nel modo di vivere la morte». Muove da questa prospettiva Un Dio dei vivi, l’istruzione pastorale sulla fede nella risurrezione, la speranza cristiana e la celebrazione delle esequie, che la 116^ Assemblea generale della Conferenza episcopale spagnola ha approvato il 18 novembre 2020. Il documento è articolato secondo il collaudato schema vedere-giudicare-agire, giacché la prima parte descrive la situazione attuale e le sfide pastorali e la seconda ricapitola la fede della Chiesa in tema di escatologia; ma si sofferma soprattutto sul da farsi, distinguendo l’aspetto più generale dell’accompagnamento nel momento della morte e quello specificamente liturgico della celebrazione delle esequie cristiane. Particolare attenzione viene rivolta alla pratica della cremazione, rispetto alla quale si conferma che «non vi sono ragioni dottrinali» per vietarla, pur ribadendo che per i corpi dei defunti la Chiesa «raccomanda insistentemente» la sepoltura.

Documenti, 2021-11

I migranti nella rotta spagnola

Diocesi di Tenerife; vescovi spagnoli

Al largo delle coste africane orientali, le isole Canarie sono diventate un’altra frontiera dell’immigrazione in Europa e un altro vicolo cieco per i migranti, come una nuova Lampedusa, e la pandemia ha reso la situazione ancora più difficile sia per loro sia per la popolazione dell’arcipelago spagnolo. Un’altra nuova rotta dell’immigrazione riguarda l’enclave spagnola di Ceuta e Melilla.

Per questo nelle ultime settimane si sono fatte sentire le voci delle Chiese spagnole. In aprile la diocesi di Tenerife ha emesso un comunicato congiunto del Tavolo diocesano delle migrazioni intitolato Chiamati a costruire ponti e non muri, al quale ha aderito il Dipartimento per le migrazioni della Conferenza episcopale spagnola, per denunciare la politica della detenzione dei migranti, che genera paura e insicurezza sia in loro, sia nella popolazione. E il 18 maggio i vescovi spagnoli, attraverso un Comunicato sulla situazione a Ceuta e Melilla del Dipartimento per le migrazioni, hanno criticato la gestione del problema migratorio nell’enclave da parte delle autorità spagnole e marocchine: facendo appello al valore supremo della vita e della dignità umana, il comunicato ricorda che «la disperazione e l’impoverimento di molte famiglie e minori non possono e non devono essere usati da nessuno stato per sfruttare le legittime aspirazioni di queste persone a fini politici».

Documenti, 2017-19

Sull’indipendenza della Catalogna

Vescovi della Catalogna; vescovi spagnoli; associazioni cristiane

Nella crisi spagnola scoppiata in settembre, culminata nel referendum del 1° ottobre per l’autodeterminazione della Catalogna e nella proclamazione il 27 ottobre della Repubblica catalana, con il risultante commissariamento della Regione il giorno stesso da parte del Governo spagnolo, le divisioni del paese hanno trovato un rispecchiamento nelle prese di posizione di molte realtà ecclesiali locali. Numerosi esponenti del clero catalano, superiori e superiore religiosi e associazioni ecclesiali hanno appoggiato le istanze indipendentiste, rifacendosi alle dichiarazioni dei vescovi catalani, che in maggio avevano sostenuto «le legittime aspirazioni del popolo catalano». L’episcopato spagnolo ha cercato di svolgere una mediazione, da un lato facendo propri i sentimenti e i desideri espressi dai vescovi catalani, ma dall’altro esortando al dialogo, che è possibile solo a condizione che «sia le autorità dell’amministrazione pubblica sia i partiti politici e altre organizzazioni… evitino decisioni e atti irreversibili e dalle conseguenze gravi, tali da porli ai margini della pratica democratica tutelata da leggi legittime che garantiscono la nostra convivenza pacifica, e da originare fratture familiari, sociali ed ecclesiali».