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Documenti, 7/2003

Pacem in terris

Giovanni XXIII
«Il problema dell’ordine negli affari mondiali, che poi è il problema della pace rettamente intesa, non può prescindere da questioni legate ai principi morali… La questione della pace non può essere separata da quella della dignità e dei diritti umani. Proprio questa è una delle perenni verità insegnate dalla Pacem in terris». Giovanni Paolo II rilegge così l’enciclica di Giovanni XXIII, quarant’anni dopo, riproponendone il significato nel suo messaggio per la giornata mondiale della pace 2003 (Regno-doc. 1,2003,1ss). Pace, diritti umani, sviluppo dei popoli, nuovo ordine internazionale segnano, con la Pacem in terris, l’assunzione di un nuovo paradigma per la Chiesa nella relazione tra insegnamento sociale e segni dei tempi. Oggi, terminata la «guerra fredda» e di fronte a un nuovo disordine internazionale quel paradigma pone alla Chiesa stessa l’esigenza di una ulteriore riflessione. La rivista Il Regno, quando ancora non era suddivisa nelle sezioni «Documenti» e «Attualità», dedicò all’enciclica Pacem in terris «sulla pace fra tutte le genti fondata sulla verità, la giustizia, l’amore, la libertà», datata 11 aprile 1963, un apposito supplemento (al n. 5, maggio 1963) che ne riportava, introdotta e commentata, una parte considerevole, ma non tutta. Nel 40° anniversario della sua pubblicazione, riproponiamo il testo di questa enciclica nella forma integrale.

Il card. Etchegaray e Saddam Hussein

R. Etchegaray
In qualità di «inviato speciale di sua santità Giovanni Paolo II», il card. Roger Etchegaray, prefetto emerito del Pontificio consiglio della giustizia e della pace, si è recato in Iraq dal 10 al 17 febbraio, col mandato di «dimostrare a tutti la sollecitudine del santo padre a favore dlle pace e aiutare poi le autorità irachene a fare una seria riflessione sul dovere di una fattiva cooperazione internazionale, basata sulla giustizia e sul diritto internazionale, in vista di assicurare a quelle popolazioni il bene supremo della pace» (Comunicato della Sala stampa della Santa sede, 9.2.2003). Il giorno 15, dopo aver incontrato il presidente iracheno Saddam Hussein, ha rilasciato la seguente dichiarazione (www.vatican.va; nostra traduzione dal francese).

Il card. Laghi e George W. Bush

P. Laghi
Dal 4 al 6 marzo si è recato negli Stati Uniti il card. Pio Laghi, prefetto emerito della Congregazione per l’educazione cattolica e prima ancora nunzio negli Stati Uniti (1980-1990), in veste di «inviato speciale» di Giovanni Paolo IIpresso il presidente degli Stati Uniti. A Bush, che lo ha ricevuto il 5 marzo, ha portato un messaggio di sua santità e ha illustrato la posizione e le iniziative intraprese dalla Santa Sede per contribuire al disarmo e alla pace in Medio Oriente. Pubblichiamo la dichiarazione rilasciata dal card Laghi al termine dell’incontro (www.vatican.va;nostra traduzione dall’inglese).

Giovanni Paolo II all'Angelus del 16 marzo

Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo II ai cappellani militari

Giovanni Paolo II
Il 25 marzo scorso, pochi giorni dopo l’inizio della guerra in Iraq (20 marzo 2003), Giovanni Paolo II ha inviato questo messaggio ai cappellani militari partecipanti a un corso di formazione al diritto umanitario organizzato dalla Congregazione per i vescovi e dal Pontificio consiglio della giustizia e della pace (www.vatican.va).

Comunicato della Presidenza CEI

CEI
Questo comunicato sulla crisi irachena è stato diffuso dalla Presidenza della Conferenza episcopale italiana (CEI) il 17 marzo. La convergenza della CEI con le posizioni del papa è stata poi illustrata dal presidente, card. Camillo Ruini, all’interno della prolusione alla sessione primaverile del Consiglio episcopale permanente (24-26.3.2003), e ripresa nel relativo Comunicato finale (www.chiesacattolica.it).

La Chiesa e il disordine internazionale

Consiglio ecumenico delle Chiese
«L’autorità della legge deve essere riconosciuta e applicata nella nazione come tra le nazioni. Se non vuole restare teorica, la legge internazionale implica delle istituzioni internazionali. Per ispirare il rispetto e l’obbedienza delle nazioni, queste istituzioni devono affrontare primariamente i problemi internazionali e non lasciarsi guidare da interessi nazionali» (c. III). Accanto alla Pacem in terris, proponiamo in questo numero un altro documento storico della riflessione delle Chiese sul tema della pace e le relazioni internazionali: il Rapporto della IV Sezione della I Assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese, svoltasi ad Amsterdam dal 22 agosto al 4 settembre del 1948, ovvero all’indomani della conclusione della seconda guerra mondiale e quando si era già profilata la nuova «divisione del mondo in blocchi opposti e recprocamente diffidenti» (c. II). Il documento, «recepito all’unanimità dall’Assemblea che lo raccomanda all’attenzione delle Chiese per lo studio e le decisioni pratiche», registra fra l’altro la non unanimità di posizioni intorno al tema della «guerra giusta» tra le principali Chiese protestanti fondatrici del CEC (erano 147 quelle rappresentate ad Amsterdam), e la preoccupazione per il tema delle libertà umane fondamentali (la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo era in via di elaborazione presso l’ONU), particolarmente la libertà religiosa; ma il lettore di oggi troverà interessante rileggere in particolare il c. III: «Le nazioni del mondo devono riconoscere l’autorità della legge».

Pacem in terris e diritti fondamentali

Giovanni Maria Flick
Una rilettura dell’enciclica di Giovanni XXIII Pacem in terris (cf. in questo numero alle pp. 193ss) di fronte alla guerra in Iraq e alla globalizzazione delle relazioni sociali e delle comunità politiche è quella proposta da Giovanni Maria Flick, oggi membro della Corte costituzionale italiana. La pace come bene universale comune, obiettivo della comunità politica mondiale, può essere perseguita solamente con riguardo alla persona umana attraverso il riferimento ai diritti fondamentali di tutti e di ciascuno. Su questa base, l’enciclica stabilisce una felice analogia tra sviluppo sociale, ordine, sicurezza e pace delle diverse comunità, sicché nessuna di esse può più pensare di svilupparsi chiudendosi in se stessa. Il prof. Flick ha pronunciato questo intervento al convegno «Sovranità, cittadinanza, diritti fondamentali» tenuto a Foggia il 31 marzo scorso.

L'anno dei giovani

A. Kothgasser
Ascolto del vissuto, confronto schietto e immediato con le «ombre» della pastorale e dell’immagine che la Chiesa dà di sé, riconoscimento e sostegno dei tratti più promettenti, disponibilità a condividere l’esercizio del proprio magistero con le esperienze, le gioie e le ferite, le speranze e le disillusioni, dei giovani e degli operatori della pastorale giovanile – questi sono i tratti più salienti dell’ultima lettera pastorale del vescovo di Innsbruck, mons. Alois Kothgasser, pubblicata il 20.09.2002, poco prima della sua nomina alla guida della diocesi di Salisburgo. Una lettera dove i destinatari, i giovani, non sono solo co-autori ma anche gli attori principali di un dialogo di cui essa vorrebbe essere solo l’inizio. Una lettera che lascia anche l’eredità di uno stile del ministero episcopale: dove l’ascolto e il confronto coi giovani non sono mai la tattica di una decisione già presa, ma diventano testo autorevole che vive del desiderio delle molte e diverse risposte di cui è in attesa, dove il nome del vescovo è posto in calce insieme ai molti nomi i cui volti e le cui storie sono il testo della vita di questa lettera pastorale. Cf. anche, dello stesso mons. Kothgasser, Papi nostro che sei nei cieli, in Regno-doc. 17,2002,573.

Ai padri e alle madri

E. Menichelli
In occasione della giornata della vita e della famiglia (2 febbraio) l’arcivescovo di Chieti-Vasto, mons. Edoardo Menichelli, si è rivolto Ai padri e alle madri con una Lettera dell’arcivescovo ai genitori. «Non vi meravigli che il vescovo vi scriva e si rivolga a voi con il titolo più grande che vi distingue e che vi avvicina al mistero dell’azione di Dio circa la vita. Vi scrivo come padri e madri pensando all’esercizio di “paternità” che caratterizza il mio essere vescovo, accompagnato dal ministero di maternità che illumina il volto della Chiesa cui apparteniamo». Del comune ministero educativo – dei genitori e della Chiesa – rispetto ai figli, mons. Menichelli individua alcuni criteri di fondo, essenziali per educare i figli alla vita di relazione e di fede: ad esempio non cedere alla tentazione di sostituire con il soddisfacimento di ogni richiesta dei figli la sana «fatica» e «povertà» che fanno parte della vita; reputare come fisiologico «una casa un po’ in disordine» e qualche «dignitosa sculacciata»; fare della solidarietà verso i fratelli e della preghiera un’abitudine della propria casa; riconoscere nei figli i figli di Dio che si preparano alla propria vocazione; non dimenticare poi di dare loro oltre al «nutrimento» per il corpo anche quello per lo spirito. Dello stesso mons. Menichelli cf., con molte analogie, la lettera A voi giovani in Regno-doc. 7,2001,208s.

Andare al cuore della fede

Vescovi francesi - Commissione per la catechesi e il catecumenato
«I vescovi di Francia… hanno fatto il punto sulla catechesi in Francia e deciso di aprire un “cantiere” perché tutte le comunità e tutti i cristiani prendano maggiormente coscienza della propria responsabilità in questo campo», curando l’opuscolo che qui pubblichiamo. Esso è composto da una Lettera al popolo di Dio firmata dai vescovi al termine della loro Assemblea del 2002, che motiva la scelta fatta, riandando anche alla Lettera ai cattolici di Francia, la terza fase dell’indagine sulla fede in Francia nota anche come Rapporto Dagens (Regno-doc. 7,1997,219); e da un Invito al cammino indirizzato a tutta la comunità cattolica francese perché la catechesi sia posta al centro della propria vita. A questo scopo viene proposto uno Strumento di lavoro che ripercorre le principali tappe della liturgia della notte di Pasqua e che con una triplice scansione («Ciò che la celebrazione della veglia pasquale ci fa vivere», «Al cuore della fede», «Per rinnovare la nostra pratica della catechesi») porta a riflettere sul vissuto catecumenale della veglia e ad attualizzarne i contenuti. Al termine i vescovi invitano le comunità a scrivere proposte e pareri di cui essi terranno conto nella stesura del nuovo Direttorio della catechesi che aggiornerà quello del 1964 e il suo Testo di riferimento del 1979.

Il Vangelo e la Chiesa nel mondo d'oggi

J.-L. Schlegel
«La difficoltà della crisi attuale» nel rapporto tra Chiesa e società «è che essa non deriva da uno scontro frontale, da una lotta aperta fra la Chiesa e una società ostile che la circonda... La società attuale, a parte determinati luoghi ben definiti ma limitati, non è anticristiana e neppure anticlericale. È indifferente, lontana… Perciò, il nostro problema non è lo scontro, ma la depressione, il senso di esilio che risulta da questa situazione». È questo il punto di partenza dell’analisi di Jean-Louis Schlegel, già caporedattore del mensile Esprit e oggi nel comitato di direzione e direttore letterario presso le edizioni Du Seuil, contenuta nella relazione che egli ha tenuto lo scorso novembre ai preti della diocesi di Quimper-Leon (Francia), e intitolata: Il Vangelo e la Chiesa possono ancora parlare al mondo d’oggi? Di fronte a questa indifferenza, la critica che viene più di frequente rivolta ai cristiani è sul versante dell’istituzione-Chiesa, mentre il perno è più propriamente cristologico: «la messa in discussione di una religione che pone al centro della sua fede la morte atroce del suo Dio o il suo insegnamento a favore dei deboli e dei poveri, cioè valori evangelici che capovolgono i valori ordinari». Il cristianesimo dovrebbe quindi avere «la forza e l’intelligenza non solo di riformare, ma di inventare e creare del nuovo: nuove forme di vita, di espressione, d’intervento. Parliamo continuamente della “novità del Vangelo”, ma che cosa intendiamo dire con questo?».

L'integrazione europea

Vescovi slovacchi
«Molti dei nostri concittadini temono che perderemo la nostra sovranità. Noi in realtà rinunceremo a una parte della nostra sovranità nell’Unione Europea. Ma se l’Unione è guidata secondo i principi cristiani dai quali essa è sorta e si è sviluppata, potremo partecipare alla comune e più alta sovranità che ci darà valori positivi e possibilità che da soli non potremmo mai assicurarci... Non possiamo proteggere la nostra fede con l’isolamento e l’auto-esclusione. La nostra fede vive grazie alla sua diffusione». Di fronte alla prospettiva imminente dell’adesione all’UE (fissata per il 2004 dal vertice del Consiglio europeo di Copenaghen, 12-13.12.2002), lo scorso 15 settembre 2002 i vescovi cattolici della Repubblica Slovacca hanno pubblicato questa Lettera pastorale sull’integrazione europea, che al tempo stesso recepisce con convinzione il magistero di Giovanni Paolo II sull’integrazione come necessità per un futuro di pace nel continente, e tenta di rispondere ai dubbi e ai timori dei paesi candidati (per la lettera pastorale dei vescovi polacchi su tema analogo, cf. Regno-doc. 11,2002,374).

La COMECE sull'allargamento dell'UE: speranza, fiducia, solidarietà

COMECE
In prossimità del Consiglio europeo di Copenaghen, che ha definito modi e tempi dell’allargamento dell’Unione Europea a Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Slovenia e Ungheria (12-13.12.2002; cf. anche Regno-att. 2,2003,12), la Commissione degli episcopati della Comunità europea (COMECE) ha pubblicato la seguente dichiarazione (www.comece.org, nostra traduzione dall’inglese).

Vicinanza riconciliata nel cuore dell'Europa

Conferenze episcopali austriaca e ceca
Una ragione storica e una progettuale sono all’origine di questa Dichiarazione comune delle conferenze episcopali dell’Austria e della Cechia, firmata e resa pubblica il 21 marzo scorso. La ragione storica è quella espressa dall’affermazione: «Nel XX secolo molte persone dei nostri paesi hanno fatto l’amara esperienza della perdita delle loro patria. Per molti l’ingiustizia subita continua ancora a essere fonte di dolore». Nel 1945 tre milioni di tedeschi dei Sudeti furono costretti in poche ora ad andarsene dall’allora Cecoslovacchia verso la Germania federale e l’Austria. La ragione progettuale è quella di accompagnare un singolare evento ecclesiale: il prossimo Katholikentag dell’Europa centrale (giugno 2003 - maggio 2004). Ma l’avvenimento ecclesiale è a sua volta collocabile nel più ampio processo di unificazione continentale nell’Unione Europea. «Esiste, per la prima volta nella storia, la prospettiva di un’Europa unita, la possibilità di riunire i suoi popoli sulla base della democrazia e dei diritti umani senza scontri armati e violenza». La fede cristiana favorisce il gesto del perdono reciproco e alimenta con la sua tradizione i valori etico-culturali del continente.

Questa guerra di sterminio contro il sangue ebraico

E. Stein
Questa lettera – inviata da Edith Stein (1892-1942) a Pio XI il 12 aprile 1933 – è restata chiusa negli archivi vaticani fino all’apertura, il 15 gennaio scorso, di quattro fondi del pontificato di papa Ratti (1922-1939) relativi alla Germania. È stata pubblicata la prima volta in traduzione italiana dal Corriere della Sera il 19 febbraio 2003.

UE e Africa: un nuovo partenariato

CIDSE, Caritas Europa, Pax Christi internazionale
Si doveva tenere nell’aprile del 2003 a Lisbona il secondo Vertice dei capi di stato europei e africani, facendo seguito a quello de Il Cairo del 2000, che riunì per la prima volta assieme sia i paesi del Nordafrica e del partenariato euro-mediterraneo sia i paesi sub-sahariani firmatari dell’Accordo di Cotonou. In vista di quell’incontro CIDSE, Caritas Europa e Pax Christi internazionale hanno steso lo scorso gennaio un memorandum, di cui riportiamo la sintesi e le principali raccomandazioni, sulle relazioni fra Unione Europea e Africa, intitolato: Da Il Cairo a Lisbona: L’Unione Europea e l’Africa uniscono gli sforzi in vista di un nuovo partenariato. A causa dell’irrisolta questione della partecipazione dello Zimbabwe, il Vertice è stato rimandato sine die. Si è, invece, regolarmente svolto a Lisbona il 27 e 28 febbraio (Regno-att. 6,2003,194) il colloquio che era in calendario tra la COMECE e lo SCEAM – i due organismi ecclesiali omologhi delle strutture politiche dei due continenti –, che ha assunto nella propria riflessione buona parte dei contenuti del memorandum.