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Documenti
Documenti, 15/2004, 01/09/2004, pag. 466

Il giudizio secondo il sensus fidei

Giovanni Paolo II
Nell’opinione pubblica, scrive il papa, l’immagine dell’Inquisizione «rappresenta quasi il simbolo» dell’antitestimonianza e dello scandalo offerti, lungo i secoli, dai figli e figlie della Chiesa, allorché «si sono allontanati dallo spirito di Cristo e del suo Vangelo». Per questo, il Simposio sull’Inquisizione, organizzato a fine 1998 nella prospettiva della «purificazione della memoria» e della «giornata del perdono» giubilare (12.3.2000), ottenne larga risonanza, anche se si svolse «a porte chiuse». Dal giugno scorso è nelle librerie il ponderoso volume che raccoglie gli Atti di quel Simposio, pubblicato nella prestigiosa collana «Studi e Testi» della Biblioteca apostolica vaticana. Nel corso della conferenza stampa svoltasi il 15 giugno in Vaticano, presenti il card. Etchegaray e il card. Tauran, gli interventi del card. Cottier, che presiedeva la Commissione storico-teologica che l’organizzò, e del prof. Borromeo, curatore del volume stesso, hanno sottolineato il carattere prevalentemente storico delle ricerche presentate e il loro assoluto rigore scientifico, mentre la lettera che il papa ha indirizzato per l’occasione al card. Etchegaray ribadisce che il volume «s’inscrive nello spirito» della richiesta di perdono del 2000.

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Leggi anche

Documenti, 2015-14

Dichiarazione comune

Giovanni Paolo II, Karekin II
Dal 25 al 27 settembre 2001 Giovanni Paolo II visitò l’Armenia, terra di un antichissimo popolo cristiano, per tradizione il primo fra tutti i popoli a riconoscere il cristianesimo come religione della nazione. Si trattò allora di «un vero e proprio pellegrinaggio alle sorgenti della fede di quel popolo», che celebrava in quell’anno il 1700° anniversario della sua conversione al cristianesimo. Fu in quel contesto che papa Woytjla e il catholicos di tutti gli armeni Karekin II firmarono una Dichiarazione comune, nella quale compaiono le parole: «Lo sterminio di un milione e mezzo di cristiani armeni, che generalmente viene definito come il primo genocidio del XX secolo» (Regno-doc. 17,2001,541), citate da papa Francesco durante la celebrazione in San Pietro per il centenario dell’evento (cf. in questo numero alle pp. 1ss). Nella Dichiarazione si leggeva ancora che «gli innocenti che furono massacrati senza motivo non sono canonizzati, ma molti di loro sono stati certamente confessori e martiri per il nome di Cristo»; questo riconoscimento sarà infine celebrato, il prossimo 23 aprile, da Karekin II con una solenne liturgia «per canonizzare i figli e figlie [dell’Armenia] che hanno accettato il martirio come santi “per la fede e per la patria”» (cf. in questo numero alle pp. 7ss).
Documenti, 2009-3

Con grande afflizione

Giovanni Paolo II, Congr. per i vescovi, Pont. cons. per i testi legislativi
All’indomani della remissione della scomunica ai vescovi lefebvriani (cf. in questo numero alle pp. 69ss), l’opinione pubblica ecclesiale ha iniziato a interrogarsi sulla nuova situazione canonica e pastorale degli aderenti alla Fraternità San Pio X: su quali atti cioè siano ancora necessari perché essi possano dirsi in piena comunione con la Chiesa di Roma. Come contributo alla riflessione, riproponiamo qui i principali atti ufficiali con cui la Santa Sede aveva definito, per tutto il periodo di durata della scomunica, tale situazione: il decreto di scomunica, il motu proprio Ecclesia Dei (cf. Regno-doc. 15,1988,477ss), una risposta della Congregazione per i vescovi ad alcuni quesiti del vescovo svizzero N. Brunner e una nota che il Pontificio consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi ha redatto su richiesta della stessa Congregazione per i vescovi (cf. Regno-doc. 17,1997,528ss). Ne emergono: la scomunica per chi aderiva formalmente a quel «movimento scismatico», l’acefalia dei chierici ordinati da Lefebvre prima del 1988, l’illiceità della partecipazione alle loro celebrazioni.
Documenti, 2009-3

Con grande afflizione. Ecclesia Dei. Motu proprio di Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo II
All’indomani della remissione della scomunica ai vescovi lefebvriani (cf. in questo numero alle pp. 69ss), l’opinione pubblica ecclesiale ha iniziato a interrogarsi sulla nuova situazione canonica e pastorale degli aderenti alla Fraternità San Pio X: su quali atti cioè siano ancora necessari perché essi possano dirsi in piena comunione con la Chiesa di Roma. Come contributo alla riflessione, riproponiamo qui i principali atti ufficiali con cui la Santa Sede aveva definito, per tutto il periodo di durata della scomunica, tale situazione: il decreto di scomunica, il motu proprio Ecclesia Dei (cf. Regno-doc. 15,1988,477ss), una risposta della Congregazione per i vescovi ad alcuni quesiti del vescovo svizzero N. Brunner e una nota che il Pontificio consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi ha redatto su richiesta della stessa Congregazione per i vescovi (cf. Regno-doc. 17,1997,528ss). Ne emergono: la scomunica per chi aderiva formalmente a quel «movimento scismatico», l’acefalia dei chierici ordinati da Lefebvre prima del 1988, l’illiceità della partecipazione alle loro celebrazioni.