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Documenti, 1/2005

Vinci con il bene il male

Messaggio per la XXXVIII giornata mondiale della pace
«Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male» (cf. Rm 12,21) è il titolo e il tema del messaggio di Giovanni Paolo II in occasione della XXXVIII giornata mondiale della pace (1° gennaio 2005), presentato il 16 dicembre 2004. La declinazione, in chiave etica, parte da una riflessione sulla libertà e la responsabilità individuali e proietta poi il principio sulla dimensione sociale e comunitaria, articolando un concetto di «cittadinanza mondiale», strettamente connesso con quello della destinazione universale dei beni della terra: «L'appartenenza alla famiglia umana conferisce a ogni persona una specie di cittadinanza mondiale, rendendola titolare di diritti e di doveri, essendo gli uomini uniti da una comunanza di origine e di supremo destino». Ne discendono delle applicazioni di ampia portata internazionale: l’abbattimento di barriere e monopoli nel godimento dei nuovi beni provenienti dal progresso scientifico e tecnologico, una maggiore regolamentazione giuridica internazionale a garanzia dei beni pubblici (pace, sicurezza, ambiente, salute) e la lotta contro la povertà secondo i cosiddetti «obiettivi del millennio» identificati dall’ONU

Il ritorno delle reliquie

Giovanni Paolo II - Bartolomeo I
«Nella traslazione di così sante reliquie noi vediamo un'occasione benedetta per purificare le nostre memorie ferite, per rinsaldare il nostro cammino di riconciliazione, per confermare che la fede di questi nostri santi dottori è la fede delle Chiese d'Oriente e d'Occidente». È questa la lettura che Giovanni Paolo II dà del gesto fraterno verso le Chiese ortodosse da lui compiuto il 27 novembre 2004, consegnando a Bartolomeo I, patriarca ecumenico, le reliquie di san Gregorio Nazianzeno e di san Giovanni Crisostomo, finora custodite in San Pietro. L’iniziativa, per molti aspetti parallela a quello realizzata nei confronti della Chiesa ortodossa russa con la consegna dell’icona della Madre di Dio di Kazan’ (cf. Regno-doc. 15,2004,457), risponde a un’esplicita richiesta di Bartolomeo, che a sua volta, rispondendo alla lettera del papa, la definisce «un atto sacro, che ripara un’anomalia e ingiustizia ecclesiastica. Questo fraterno gesto della Chiesa dell’antica Roma conferma che non esistono nella Chiesa di Cristo problemi insormontabili, quando l’amore, la giustizia e la pace s’incontrano nella sacra diaconia della riconciliazione e dell’unità».

Memorie purificate

Giovanni Paolo II
«Nella traslazione di così sante reliquie noi vediamo un'occasione benedetta per purificare le nostre memorie ferite, per rinsaldare il nostro cammino di riconciliazione, per confermare che la fede di questi nostri santi dottori è la fede delle Chiese d'Oriente e d'Occidente». È questa la lettura che Giovanni Paolo II dà del gesto fraterno verso le Chiese ortodosse da lui compiuto il 27 novembre 2004, consegnando a Bartolomeo I, patriarca ecumenico, le reliquie di san Gregorio Nazianzeno e di san Giovanni Crisostomo, finora custodite in San Pietro. L’iniziativa, per molti aspetti parallela a quello realizzata nei confronti della Chiesa ortodossa russa con la consegna dell’icona della Madre di Dio di Kazan’ (cf. Regno-doc. 15,2004,457), risponde a un’esplicita richiesta di Bartolomeo, che a sua volta, rispondendo alla lettera del papa, la definisce «un atto sacro, che ripara un’anomalia e ingiustizia ecclesiastica. Questo fraterno gesto della Chiesa dell’antica Roma conferma che non esistono nella Chiesa di Cristo problemi insormontabili, quando l’amore, la giustizia e la pace s’incontrano nella sacra diaconia della riconciliazione e dell’unità».

Ferite rimarginate

Bartolomeo I
Giovanni Paolo II � Bartolomeo I Il ritorno delle reliquie �Nella traslazione di cos� sante reliquie noi vediamo un�occasione benedetta per purificare le nostre memorie ferite, per rinsaldare il nostro cammino di riconciliazione, per confermare che la fede di questi nostri santi dottori � la fede delle Chiese d�Oriente e d�Occidente�. � questa la lettura che Giovanni Paolo II d�...

Una nuova lettura dopo 40 anni

W. Kasper sull'anniversario dell'Unitatis redintegratio
L’ecumenismo è la via della Chiesa. «Non è né un’aggiunta – spiega il card. Kasper –, né un’appendice, ma è parte integrante della vita organica della Chiesa e della sua attività pastorale», tanto che l’attuazione dell’Unitatis redintegratio è stata, sin dall'inizio, una delle priorità pastorali del pontificato di Giovanni Paolo II. Con una solenne conferenza organizzata dal Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani a Rocca di papa dall’11 al 13 novembre (cf. Regno-att. 20,2004,677), la Santa Sede ha celebrato il 40° anniversario della promulgazione del decreto conciliare sull’ecumenismo Unitatis redintegratio. Vi hanno partecipato 260 delegati e invitati, chiamati a riflettere sul cammino dottrinale compiuto in questi quarant’anni sulla base delle relazioni del card. Kasper (qui pubblicata), del metropolita ortodosso di Pergamo Ioannis Zizioulas e del metodista Geoffrey Wainwright, mentre a mons. Fortino, a mons. Farrel, al card. Murphy O’Connor (Westminster) e a mons. Koch (Basilea) è toccata la verifica e le prospettive dello sviluppo ecumenico interno alla Chiesa cattolica.

La persona, immagine di Dio

CTI - Comunione e servizio
L’aumento delle conoscenze scientifiche e delle potenzialità tecnologiche ha portato numerose sfide in campo teologico-morale. La Commissione teologica internazionale ha reso noto nell’ottobre scorso il frutto delle sue riflessioni su questo tema, nel documento Comunione e servizio. La persona umana, immagine di Dio. A partire da un excursus sulla dottrina dell’imago Dei nella Scrittura e nel magistero, si argomenta come da essa discendano due fondamentali principi: quello della «comunione» e quello del «servizio». In base al primo, l’uomo, essere creato, è posto in relazione «con le persone increate della santissima Trinità». In base al secondo, egli partecipa al governo divino della creazione visibile nella specifica modalità del servizio. La concezione relazionale dell’uomo con Dio, frutto dell’essere stato creato «a sua immagine e somiglianza» costituisce la chiave interpretativa dei rapporti dell’uomo con se stesso e con il proprio corpo, con i suoi simili, con il creato e con Dio creatore. La parte finale del documento scende quindi nel concreto di alcuni temi di frontiera per la teologia morale: dalle teorie evoluzioniste all’etica ambientalista, dall’eutanasia all’aborto, i trapianti, la clonazione, l’ingegneria genetica.

A quarant'anni dal Concilio

Card. C. Ruini al VI Forum del progetto culturale
Nella prospettiva del concilio Vaticano II, è oggi necessario «far progredire l’intelligenza credente in ogni ambito dell’attuale realtà che cambia così velocemente» e «mostrare la plausibilità della proposta cristiana nel contesto odierno»; riprendere il tema del dialogo interreligioso e di quello tra i credenti e la cultura laica; «puntare con coraggio verso la santità», che fa «ritrovare nella Chiesa il mistero della presenza salvifica di Dio». Al VI Forum del progetto culturale della CEI («A quarant’anni dal Concilio. Ripensare il Vaticano II, di fronte alle attuali sfide culturali e storiche», Roma, 3-4.12.2004; cf. Regno-att. 22,2004,738) il card. Ruini, con la prolusione che qui pubblichiamo, ha ripercorso il Concilio assumendo come chiave interpretativa i suoi quattro documenti maggiori: Sacrosanctum concilium, Dei verbum, Lumen gentium e Gaudium et spes, alla cui analisi affianca quella relativa a Unitatis redintegratio, Ad gentes e Dignitatis humanae. La «rivoluzione» del 1968 e il crollo del comunismo dopo il 1989, afferma il card. Ruini, rappresentano le principali novità che hanno caratterizzato il mondo post-conciliare; a seguito dell’11 settembre 2001 è venuto alla luce il «risveglio identitario dei popoli islamici», cui corrisponde «un risveglio religioso identitario nelle nazioni di matrice storica e culturale cristiana, tra cui l’Italia».

Una nuova stagione ecclesiale

Vescovi cattolici d'Algeria
«La ragione di questa assemblea è che stiamo entrando in una nuova fase della vita dell’Algeria. (…) Pensiamo che sia un bene per la Chiesa essere presente in Algeria. Essa le insegna a esistere in quanto minoranza in una terra islamica. È ugualmente utile per l’Algeria poiché essa rappresenta una piccola finestra aperta sulla differenza. Vogliamo porre il segno di una presenza fraterna. E vogliamo avere un futuro anche a motivo delle tensioni tra l’Occidente e un certo numero di comunità musulmane». Con queste parole mons. Henri Teissier, arcivescovo di Algeri, apriva la prima assemblea interdiocesana della storia ecclesiale algerina, nel settembre 2004, cui hanno preso parte 120 delegati, in rappresentanza delle quattro diocesi di Algeri, Laghouat, Orano e Constantine (cf. Regno-att. 18,2004,609). Un mese dopo la sua celebrazione, i vescovi hanno rielaborato i contenuti dell’assemblea in questo documento programmatico. Esso conferma l’indirizzo che ha sin qui caratterizzato la Chiesa algerina – una Chiesa di dialogo e solidale con la popolazione musulmana – e incoraggia le comunità ad aprirsi all’arricchimento proveniente dai tanti cristiani che arrivano in Algeria dall’Africa sub-sahariana o dall’Asia: «La Chiesa di Cristo non è europea. Essa è un dono di Dio a tutti i popoli e le nostre comunità, piccole ma molto diverse, sono chiamate a manifestare tale dono».

Rapporto di Windsor sulla comunione

Comunione anglicana, Commissione di Lambeth
«Come affronta la Comunione anglicana le relazioni fra le parti che la compongono in un vero spirito di comunione»? La profonda crisi che affligge le Chiese anglicane è affrontata nel Rapporto di Windsor, consegnato all’arcivescovo di Canterbury il 18 ottobre 2004, non a partire dagli eventi scatenanti (la consacrazione nella Chiesa episcopaliana USA di un vescovo pubblicamente impegnato in una relazione omosessuale e la decisione della diocesi di New Westminster di autorizzare riti per la celebrazione di unioni fra persone dello stesso sesso; cf. Regno-att. 22,2003,729ss), ma dal problema ecclesiologico più profondo relativo alla comunione. Il Rapporto è stato elaborato in un anno dalla Commissione di Lambeth sulla comunione, costituita dall’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams nell’ottobre 2003 sotto la presidenza del primate irlandese Robin Eames (già presidente della Commissione speciale sulle donne prete negli anni novanta). Ora si apre il complesso capitolo della recezione: «C’è un rischio veramente reale: la scelta di non camminare insieme. Se non si ascoltasse l’appello a fermarci e a cercare delle strade per proseguire nella nostra attuale comunione, dovremmo cominciare a imparare a procedere divisi».