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Documenti, 1/2008

Tutti siano una cosa sola. Il card. Walter Kasper al Collegio cardinalizio

Card. W. Kasper
«L’ecumenismo non è una scelta opzionale, ma un sacro obbligo» fondato sulla Scrittura, assunto dal Vaticano II «come uno dei suoi principali intenti» e ribadito sia da Giovanni Paolo II nell’Ut unum sint sia da «papa Benedetto fin dal primo giorno del suo pontificato»: così aprono le «informazioni e riflessioni sulla situazione ecumenica attuale» che il card. Kasper, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ha tenuto all’incontro del Collegio cardinalizio (24 novembre), riunito in Vaticano in occasione del Concistoro (cf. anche l’intervista che egli ha dato a Regno-att. 22,2007,731ss). Vi sono stati enormi progressi, come il fatto che «la cattedra di Pietro è diventata un punto di riferimento per tutte le Chiese e tutte le comunità ecclesiali». E allo stesso tempo sono emerse nuove difficoltà: con l’ortodossia, a partire dalla «svolta politica del 1989-1990»; con le comunità riformate, specialmente in campo etico; con la «crescita esponenziale» dei gruppi carismatici e pentecostali. Eppure la necessità di una «testimonianza comune della fede in un mondo sempre più secolarizzato» si fa sempre più urgente: «basta gettare con un minimo di realismo uno sguardo ai “segni dei tempi” per comprendere che non c’è nessuna alternativa realistica all’ecumenismo, e soprattutto nessuna alternativa di fede».

Punto di stallo o nuovo kairos? Harding Meyer sul futuro del dialogo cattolico-evangelico

H. Meyer
Oggi «il dialogo cattolico evangelico attraversa un momento difficile e aleggia… la sensazione di una situazione di stallo se non addirittura della fine di questo dialogo», proprio in un momento in cui la Chiesa cattolica presenta, da questo punto di vista, una «costellazione particolarmente favorevole, senza precedenti negli ultimi secoli, perlomeno dal concilio Vaticano II: il papa e il presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani sono teologi provenienti dalla Germania, il “paese della Riforma”». A partire da queste considerazioni il teologo evangelico Harding Meyer, figura di spicco del movimento ecumenico e per molti anni direttore dell’Istituto per la ricerca ecumenica di Strasburgo, propone un metodo per superare lo stallo: che le parti s’impegnino in un’affermazione e in un’assunzione vincolanti dei risultati già raggiunti nel dialogo ecumenico a livello teologico, e in una serie di «dichiarazioni congiunte in via» sull’esempio della Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, sui temi della cena del Signore, del ministero ecclesiale (cf. in questo numero a p. 55) e della comprensione della Chiesa. Da parte cattolica ha accettato la proposta il card. Karl Lehmann, presidente della Conferenza episcopale tedesca (cf. Regno-att. 18,2007,607).

Crescere insieme nell'unità e nella missione. Dichiarazione concordata della IARCCUM

Commissione internazionale anglicana–cattolica romana per l'unità e la missione
Non è questo «il momento giusto per avviare una nuova fase formale nelle relazioni» tra anglicani e cattolici, e giungere così, come avevano immaginato e sperato i vescovi riuniti a Mississauga nel 2000, alla firma di una «Dichiarazione congiunta di accordo» che potesse godere di una ricezione autoritativa da parte delle due Comunioni, sul modello di quella cattolica-luterana del 1999. E tuttavia, i vescovi membri della Commissione internazionale anglicana – cattolica romana per l’unità e la missione (IARCCUM) istituita appunto a Mississauga ritengono «che questo sia il tempo di ridurre le distanze tra gli elementi di fede che abbiamo in comune e l’espressione tangibile di questa fede condivisa nella vita delle nostre Chiese» (n. 10). Su queste premesse, Crescere insieme nell’unità e nella missione. Costruire su quarant’anni di dialogo anglicano-cattolico romano, firmato nell’ottobre 2006 e pubblicato poco meno di un anno dopo, si dedica a ricapitolare «le acquisizioni del dialogo teologico» di questi ultimi decenni (parte I), evidenziando anche graficamente i punti in cui permangono le divergenze, ma anche a indicare concretamente tutto quanto è già possibile fare «verso l’unità e la missione comune» (parte II). Cf. anche il commento di mons. B. Longley, qui alle pp. 35ss.

Un nuovo genere di documento ecumenico. Commento di mons. Bernard Longley alla dichiarazione IARCCUM

B. Longley
Nell’attuale contesto, segnato soprattutto dalle gravi tensioni interne alla Comunione anglicana (cf. Regno-att. 18,2007,610), il primo documento organico della IARCCUM, Crescere insieme nell’unità e nella missione (qui alle pp. 12ss) non poteva che offrire solo «un passo avanti» verso una ricezione autoritativa del lavoro dell’ARCIC. Mons. Longley, vescovo ausiliare di Westminster, vi dedica una «franca riflessione» che si sofferma tanto sul «contesto, la metodologia e la struttura» della dichiarazione concordata (sez. I) quanto sul suo «corpo principale», cioè la presentazione del grado di comunione raggiunto da anglicani e cattolici (sez. II), e sulle conseguenti proposte pratiche (sez. III), offrendone una valutazione dalla prospettiva dottrinale e pastorale cattolica.

Morale, fondamento dell'Europa. Discorso di Alessio II al Consiglio d'Europa

Alessio II
Nell’ambito della visita che l’ha portato in Francia i primi d’ottobre su invito dell’episcopato cattolico, Alessio II, patriarca di Mosca e di tutte le Russie, ha parlato il 2 al Consiglio d’Europa a Strasburgo (cf. Regno-att. 18,2007,608). «Se non diamo valore alla morale, non diamo valore alla libertà» ha egli affermato nel suo discorso all’Assemblea parlamentare, centrato sulla stretta connessione tra morale cristiana e diritti dell’uomo. Alessio II ha così confermato una doppia attenzione dell’ortodossia russa: da un lato verso la questione morale, il cui riferimento nella Convenzione europea è, secondo il patriarca, segno di una visione per la quale essa non è «una nozione vaga, ma un elemento decisivo dell’intero sistema dei diritti dell’uomo». Dall’altro verso il continente e le sue istituzioni, che, a fronte alle sfide poste alla propria coesione interna dai divari economici, dalla multiculturalità, dai terrorismi e dagli interrogativi bioetici, possono conferire un ruolo di primo piano alle Chiese e alle confessioni religiose per un dialogo costruttivo col mondo laico.

Ristabilita la comunione canonica. Chiesa ortodossa russa

Metropolita Laur, Alessio II
Il 17 maggio scorso, nella cattedrale moscovita di Cristo Salvatore, Alessio II, patriarca di Mosca e di tutte le Russie, e Laur, primate della Chiesa ortodossa russa d’oltrefrontiera, hanno firmato l’Atto di comunione canonica (cf. Regno-att. 12,2007,377). Esso chiude così lo scisma che nel 1927 separò la Chiesa ortodossa russa rimasta in madrepatria da quella in diaspora.

Il ministero episcopale nell'apostolicità della Chiesa. La dichiarazione di Lund della FLM

Federazione luterana mondiale
Dopo un processo di consultazione di tutte le Chiese luterane durato otto anni, il Consiglio della Federazione luterana mondiale (FLM) riunitosi a Lund, in Svezia, il 26 marzo 2006 ha adottato all’unanimità una dichiarazione su ciò che i cristiani di questa confessione credono a proposito del ministero del vescovo: «Ministero episcopale nell’apostolicità della Chiesa. La dichiarazione di Lund della Federazione luterana mondiale, una comunione di Chiese». Si tratta di un tema centrale sia in generale all’interno del dialogo tra cattolici ed evangelici (cf. in questo numero a p. 6), sia più specificamente nell’ambito del processo che ha portato alla pubblicazione del documento di studio su L’apostolicità della Chiesa da parte della Commissione luterana-cattolica romana sull’unità (2007). Approvato all’unanimità, è considerato dalla FLM non un documento magisteriale, ma un contributo significativo a una questione importante, sia in riferimento alle relazioni ecumeniche sia all’interno della FLM, la quale come comunione di Chiese ospita al proprio interno una grande varietà di tradizioni in materia di ministero episcopale.