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Documenti, 5/2008

Oremus et pro iudaeis. Nota della Segreteria di stato e commento di mons. Ravasi

Benedetto XVI
Lo scorso 4 febbraio la Segreteria di stato ha diffuso una nota contenente le nuove disposizioni per la liturgia del Venerdì santo, a seguito del motu proprio Summorum pontificum di Benedetto XVI del 7 luglio 2007 (Regno-doc. 15,2007,457ss). La nota presenta una diversa formulazione della preghiera Oremus et pro iudaeis, che dovrà essere utilizzata «a partire dal corrente anno in tutte le celebrazioni» del Venerdì santo con il Messale del 1962 (cf. Regnoatt. 4,2008,89ss). Di seguito presentiamo un commento di mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della cultura, comparso su L’Osservatore romano il 15 febbraio. L’analisi della preghiera che egli propone ruota intorno a due tipi di riflessione. La prima riguarda il testo: «La trentina di parole latine sostanziali dell’Oremus è totalmente frutto di una “tessitura” di espressioni neotestamentarie. Si tratta, quindi, di un linguaggio che appartiene alla s. Scrittura, stella di riferimento della fede e dell’orazione cristiana». La seconda è sui contenuti: «La Chiesa prega per avere accanto a sé nell’unica comunità dei credenti in Cristo anche l’Israele fedele. È ciò che attendeva come grande speranza escatologica… s. Paolo».

Venerdì santo e Messale del 1962. Nota della Segreteria di stato

Segreteria di stato vaticana
Lo scorso 4 febbraio la Segreteria di stato ha diffuso una nota contenente le nuove disposizioni per la liturgia del Venerdì santo, a seguito del motu proprio Summorum pontificum di Benedetto XVI del 7 luglio 2007 (Regno-doc. 15,2007,457ss). La nota presenta una diversa formulazione della preghiera Oremus et pro iudaeis, che dovrà essere utilizzata «a partire dal corrente anno in tutte le celebrazioni» del Venerdì santo con il Messale del 1962 (cf. Regnoatt. 4,2008,89ss). Di seguito presentiamo un commento di mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della cultura, comparso su L’Osservatore romano il 15 febbraio. L’analisi della preghiera che egli propone ruota intorno a due tipi di riflessione. La prima riguarda il testo: «La trentina di parole latine sostanziali dell’Oremus è totalmente frutto di una “tessitura” di espressioni neotestamentarie. Si tratta, quindi, di un linguaggio che appartiene alla s. Scrittura, stella di riferimento della fede e dell’orazione cristiana». La seconda è sui contenuti: «La Chiesa prega per avere accanto a sé nell’unica comunità dei credenti in Cristo anche l’Israele fedele. È ciò che attendeva come grande speranza escatologica… s. Paolo».

Preghiamo per il fratello maggiore. Commento di mons. Ravasi

G. Ravasi
Lo scorso 4 febbraio la Segreteria di stato ha diffuso una nota contenente le nuove disposizioni per la liturgia del Venerdì santo, a seguito del motu proprio Summorum pontificum di Benedetto XVI del 7 luglio 2007 (Regno-doc. 15,2007,457ss). La nota presenta una diversa formulazione della preghiera Oremus et pro iudaeis, che dovrà essere utilizzata «a partire dal corrente anno in tutte le celebrazioni» del Venerdì santo con il Messale del 1962 (cf. Regnoatt. 4,2008,89ss). Di seguito presentiamo un commento di mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della cultura, comparso su L’Osservatore romano il 15 febbraio. L’analisi della preghiera che egli propone ruota intorno a due tipi di riflessione. La prima riguarda il testo: «La trentina di parole latine sostanziali dell’Oremus è totalmente frutto di una “tessitura” di espressioni neotestamentarie. Si tratta, quindi, di un linguaggio che appartiene alla s. Scrittura, stella di riferimento della fede e dell’orazione cristiana». La seconda è sui contenuti: «La Chiesa prega per avere accanto a sé nell’unica comunità dei credenti in Cristo anche l’Israele fedele. È ciò che attendeva come grande speranza escatologica… s. Paolo».

Le due preghiere a confronto

Per agevolare il lettore presentiamo qui in sinossi la preghiera «pro iudaeis» secondo il Messale del 1962 a confronto con la nuova formulazione introdotta a seguito del motu proprio Summorum pontificum.

Segnali di risveglio. Al Consiglio per i rapporti tra la CIVCSVA e le USG e UISG

Benedetto XVI
Accanto a situazioni difficili «che è bene guardare con coraggio e verità, vanno tuttavia registrati segni di positiva ripresa [della vita consacrata], specialmente quando le comunità hanno scelto di tornare alle origini per vivere in maniera più consona lo spirito del fondatore». Con queste parole Benedetto XVI ha incoraggiato i membri del Consiglio per i rapporti tra la Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica e le Unioni internazionali dei superiori e delle superiore generali (USG e UISG), in rappresentanza di oltre 190.000 religiosi e 750.000 religiose, nell’incontro loro dedicato il 18 febbraio scorso. Porta la data del 1° marzo la lettera del papa al rettore maggiore dei salesiani, Pascual Chávez Villanueva, in occasione del XXVI capitolo generale (3 marzo – 12 aprile). Dopo la Congregazione generale dei gesuiti (cf. Regno-doc. 3,2008,83) l’organismo di maggiore autorità dei salesiani (15.750) è chiamato a fornire gli indirizzi di azione per i prossimi anni. Il papa nella lettera riprende e rafforza i temi che già erano presenti nell’Instrumentum laboris dell’assemblea: il carisma di fondazione, la passione apostolica, il compito educativo coi giovani, la figura del «fratello», la vita spirituale.

Una coerente testimonianza. Discorso ai rappresentanti dei religiosi

Benedetto XVI
Accanto a situazioni difficili «che è bene guardare con coraggio e verità, vanno tuttavia registrati segni di positiva ripresa [della vita consacrata], specialmente quando le comunità hanno scelto di tornare alle origini per vivere in maniera più consona lo spirito del fondatore». Con queste parole Benedetto XVI ha incoraggiato i membri del Consiglio per i rapporti tra la Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica e le Unioni internazionali dei superiori e delle superiore generali (USG e UISG), in rappresentanza di oltre 190.000 religiosi e 750.000 religiose, nell’incontro loro dedicato il 18 febbraio scorso. Porta la data del 1° marzo la lettera del papa al rettore maggiore dei salesiani, Pascual Chávez Villanueva, in occasione del XXVI capitolo generale (3 marzo – 12 aprile). Dopo la Congregazione generale dei gesuiti (cf. Regno-doc. 3,2008,83) l’organismo di maggiore autorità dei salesiani (15.750) è chiamato a fornire gli indirizzi di azione per i prossimi anni. Il papa nella lettera riprende e rafforza i temi che già erano presenti nell’Instrumentum laboris dell’assemblea: il carisma di fondazione, la passione apostolica, il compito educativo coi giovani, la figura del «fratello», la vita spirituale.

Passione apostolica, vita sobria, ascesi profonda. Lettera al XXVI Capitolo generale dei salesiani

Benedetto XVI
Accanto a situazioni difficili «che è bene guardare con coraggio e verità, vanno tuttavia registrati segni di positiva ripresa [della vita consacrata], specialmente quando le comunità hanno scelto di tornare alle origini per vivere in maniera più consona lo spirito del fondatore». Con queste parole Benedetto XVI ha incoraggiato i membri del Consiglio per i rapporti tra la Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica e le Unioni internazionali dei superiori e delle superiore generali (USG e UISG), in rappresentanza di oltre 190.000 religiosi e 750.000 religiose, nell’incontro loro dedicato il 18 febbraio scorso. Porta la data del 1° marzo la lettera del papa al rettore maggiore dei salesiani, Pascual Chávez Villanueva, in occasione del XXVI capitolo generale (3 marzo – 12 aprile). Dopo la Congregazione generale dei gesuiti (cf. Regno-doc. 3,2008,83) l’organismo di maggiore autorità dei salesiani (15.750) è chiamato a fornire gli indirizzi di azione per i prossimi anni. Il papa nella lettera riprende e rafforza i temi che già erano presenti nell’Instrumentum laboris dell’assemblea: il carisma di fondazione, la passione apostolica, il compito educativo coi giovani, la figura del «fratello», la vita spirituale.

Sanctorum Mater. Congregazione delle cause dei santi

J. card. Saraiva Martins, M.
A 25 anni dalla promulgazione delle leggi attualmente in vigore per le cause dei santi da parte di Giovanni Paolo II (Divinus perfectionis magister, 25.1.1983) e della Congregazione delle cause dei santi (Normae servandae, 7.2.1983), il 18 febbraio 2008 viene presentato in conferenza stampa (ma era già pubblico da un paio di mesi) un nuovo testo di riferimento per lo svolgimento delle inchieste diocesane o eparchiali nelle cause dei santi: l’istruzione Sanctorum Mater. Il testo, diviso in sei parti, «intende chiarire le disposizioni delle leggi vigenti nelle cause dei santi, facilitare la loro applicazione e indicare i modi della loro esecuzione sia nelle cause recenti che in quelle antiche», come si legge nell’introduzione. Tra le novità di tale istruzione emergono: l’importanza attribuita alla comunità dei fedeli, chiamata a fare il primo passo del processo di beatificazione («il vescovo si limita a verificare il fondamento di quella fama di santità che il popolo già attribuisce a un determinato servo di Dio»); l’invito a «distinguere bene tra santità e miracolo» e il divieto al vescovo di «affidare incarichi agli appartenenti del medesimo istituto, società o associazione» del servo di Dio indagato.

Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito. Lettera del card. Tettamanzi

D. card. Tettamanzi
Come smentire l’idea che «la Chiesa mette alla porta» i cristiani i cui matrimoni sono in crisi? «Questo giudizio è tanto radicato che spesso gli stessi sposi in crisi si allontanano dalla vita della comunità cristiana» – constata l’accorata lettera dell’arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, pubblicata nel gennaio scorso, all’interno del piano pastorale dedicato alla famiglia (cf. Regno-doc. 15,2007,482). Le «durezze» o le eventuali condanne «senza appello» non fanno parte dell’insegnamento della Chiesa, che viceversa «ha riguardo del travaglio umano» che sta dietro a un matrimonio che fallisce; è preoccupata del clima di tensione che rende la «casa una pesante gabbia che sembra togliere la pace del cuore». E per quanto la Chiesa continui ad annunciare l’indissolubilità del matrimonio sacramentale e «l’impossibilità di accedere alla comunione eucaristica per gli sposi che vivono stabilmente un secondo legame sponsale», il cardinale chiede a tutti di «partecipare alla celebrazione eucaristica… Anche a voi è rivolta la chiamata alla novità di vita che ci è donata attraverso lo Spirito… Anche da voi la Chiesa attende una presenza attiva e una disponibilità a servire quanti hanno bisogno del vostro aiuto».

Famiglia e vita in Europa. Mons. Giovanni Giudici, vescovo di Pavia

G. Giudici
Quali sfide deve affrontare oggi la famiglia europea e con essa la pastorale? Il vescovo Giovanni Giudici presenta una sua risposta nella relazione «Per una cultura della vita e della famiglia. Prospettive pastorali e teologiche» tenuta al seminario del Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa e del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (13-18.11.2007, Cape Coast, Ghana) «“Conosco le sofferenze del mio popolo” (Es 3,7). La schiavitù e le nuove schiavitù». Le sfide sono tre: «l’accentuazione del valore dell’individuo» e della «realizzazione di sé»; «l’aspetto emozionale della persona»; il faticoso inserimento «nel mondo del lavoro ». Al di là del fatto che «non siamo più in una società cristiana e non si potrà probabilmente ricrearla», occorre sapere cogliere alcuni segni positivi: la volontà di molte famiglie di stringere «rapporti più stretti con altre famiglie» in base a principi di solidarietà; la «domanda molto diffusa dei riti», specialmente nei momenti cruciali della vita; la consapevolezza crescente nelle comunità cristiane «della necessità di una nuova evangelizzazione per i “praticanti” e di testimonianza per i non credenti».

Una parola pacata e serena. CEI - Consiglio permanente, prolusione del card. Angelo Bagnasco

A. card. Bagnasco
«La vera Chiesa, la Chiesa del profondo, diremo con Romano Guardini, è quella delle anime». La prolusione del card. Angelo Bagnasco, presidente della CEI, al Consiglio permanente di primavera (10 – 13 marzo), è tutta improntata al dinamismo pastorale da infondere alle Chiese locali. Ha meno politica. È meno dura e meno pessimista sul paese, rispetto alla precedente (cf. Regno-doc. 3,2008,117) Lo stile riprende la sua prima prolusione da presidente (cf. Regno doc. 7,2007, 248). I passaggi sulle elezioni politiche del prossimo aprile mirano a confermare la «linea di non coinvolgimento, come Chiesa, e dunque come clero e come organismi ecclesiali, in alcuna scelta di schieramento politico o di partito». «A noi vescovi può essere chiesto di dire una parola sull’atteggiamento interiore con cui il paese si accinge ad affrontare questo appuntamento». Citando Benedetto XVI e Giovanni Paolo II, Bagnasco conferma che «la Chiesa non intende prendere nelle sue mani la battaglia politica», anche se questo non coinvolgimento non equivale a un disimpegno o a un disinteresse e vuole anche evitare che si produca «una diaspora culturale dei cattolici». Nel riquadro riportiamo l’articolo, non firmato, de L’Osservatore romano per l’anniversario dei Patti lateranensi nel quale la Santa Sede riprende il tema della collaborazione nella distinzione tra Chiesa e stato in Italia.

La Santa Sede e la politica in Italia

Riportiamo qui di seguito l’editoriale intitolato 11 febbraio che, come da tradizione, L’Osservatore romano ha pubblicato (11.2.2008) in occasione dell’anniversario dei Patti lateranensi (1929), che quest’anno coincide con un’altra ricorrenza: i sessant’anni della Costituzione italiana (cf. ampiamente Regno-att. 4,2008,73ss).

Religioni e laicità, due radici per la Francia. Discorso del presidente francese Sarkozy

N. Sarkozy
«Le radici della Francia sono essenzialmente cristiane»: il cuore del discorso del presidente della Repubblica francese alla cerimonia per il conferimento il 20 dicembre scorso del titolo di «protocanonico d’onore» del capitolo della basilica di San Giovanni in Laterano, da sempre riservato ai capi di stato francesi, ha toccato temi cari al recente magistero pontificio sull’Europa, suscitando contemporaneamente in patria un vivace dibattito. È sbagliato «privare la Francia delle sue radici cristiane», ma occorre ammettere che si è «cercato di farlo», anche se non si sarebbe dovuto – ha detto Sarkozy, rivolgendosi al card. Ruini – arciprete della basilica –, ai cardd. Etchegaray, Tauran e Poupard, a mons. Mamberti e ai seminaristi francesi presenti a Roma. Il secondo perno del discorso è stato naturalmente quello della laicità: essa «è un fatto imprescindibile nel nostro paese», anche se «la sua applicazione ha provocato nei cattolici francesi sofferenze... E tuttavia nessuno più contesta che il regime francese di laicità sia oggi una libertà: libertà di credere o non credere, di praticare una religione e di cambiarla, di non essere offesi nella propria sensibilità da pratiche ostentatrici», facendo riferimento alla recente normativa nazionale in materia.

Orientare il discernimento morale. L'episcopato spagnolo in vista delle elezioni

I vescovi spagnoli
«Se è vero che i cattolici possono sostenere partiti diversi e in essi militare, è pure vero che non tutti i programmi dei vari partiti sono compatibili con la fede e con le esigenze della vita cristiana; e nemmeno sono ugualmente vicini e orientati agli obiettivi e ai valori che i cristiani devono promuovere nella vita pubblica». Sono conformi alle tradizionali posizioni del magistero i toni della nota che la Conferenza episcopale spagnola ha approvato durante l’ultima Commissione permanente (30.1.2008), in vista delle elezioni politiche del 9 marzo. I vescovi spagnoli intendono «orientare il discernimento morale» degli elettori riportando alcune idee fondamentali della recente istruzione pastorale Orientamenti morali sulla situazione attuale della Spagna (23.11.2006; Regno-doc. 3,2007,81ss). Al centro dell’attenzione troviamo la difesa della vita umana, la promozione della famiglia fondata sul matrimonio e l’ora di religione nelle scuole, ma compare anche una dura condanna al terrorismo. Il documento si chiude con l’accenno ad altri temi su cui i cittadini dovranno fare discernimento: immigrazione, donne, bambini, ingiuste discriminazioni, ambiente.

Una cittadinanza fedele. Conferenza dei vescovi cattolici USA - Elezioni presidenziali 2008

I vescovi cattolici degli Stati Uniti
«Non si tratta di una guida al voto. Invita noi come vescovi a dare un aiuto a formare le coscienze alla vita politica, non a dire alla gente come deve votare». Con queste parole il vescovo di Brooklyn Nicholas DiMarzio, presidente della Commissione per la politica interna della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, ha presentato il documento Formare le coscienze a una cittadinanza fedele. Un invito alla responsabilità politica dai vescovi cattolici degli Stati Uniti, dopo che era stato approvato a larga maggioranza dai vescovi (14.11.2007; cf. Regno-att. 22,2007,747). La bozza, che aveva già subito molte revisioni, è stata profondamente modificata anche in assemblea, ma alla fine ha riscosso il plauso quasi unanime dei pastori. È la prima volta in trent’anni che questo genere di documento viene redatto, dopo un ampio processo di consultazione, dai presidenti di sette commissioni – per la politica interna, per quella internazionale, per le attività pro-life, per le comunicazioni, per la dottrina, per l’educazione e per le migrazioni –, e che viene sottoposto all’approvazione dell’Assemblea generale e non solo del Comitato amministrativo.

Aborto: il momento della scelta

K. card. O'Brein, C. card. Murphy O'Connor
In occasione del 40° anniversario della legge sull’aborto approvata nel 1967 nel Regno Unito, i presidenti delle Conferenze dei vescovi cattolici di Scozia e di Inghilterra e Galles, card. K. O’Brien e C. Murphy O’Connor, hanno reso nota il 22.10.2007 una lettera aperta che qui pubblichiamo in una nostra traduzione dall’inglese (www.rcolow.org.uk).