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Documenti, 7/2011, 01/04/2011, pag. 249

Speranza per il Medio Oriente. Drew Christiansen sulla «primavera araba» in Tunisia e in Egitto

D. Christiansen
La «primavera araba» che repentinamente ha modificato gli equilibri del Medio Oriente negli ultimi tre mesi «ha accelerato in tutto il mondo arabo-musulmano sviluppi positivi che potrebbero essere alimentati e giungere a maturità». Drew Christiansen – gesuita, direttore della rivista America e consulente dei vescovi USA –, nel rileggere gli avvenimenti nordafricani nel discorso di apertura al Simposio annuale per la pace della diocesi di Arlington (Virginia, USA, 12.2) ha rivolto l’attenzione in particolare su tre prismi: la politica mediorientale degli Stati Uniti, che «è stata decisamente deleteria per i cristiani della regione»; il posto dei cristiani arabi nel mondo islamico, minacciati «dall’emergenza dell’islam militante e dal sacrificio dei loro interessi ad altri interessi geopolitici»; e la situazione dei cristiani in Terra santa, che fatica a essere compresa dai cristiani occidentali e in particolare statunitensi, e che purtroppo non mostra «germogli verdi, ma unicamente la vegetazione perenne del deserto che continua a offrire speranza in un paesaggio arido».

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Rileggere la Pacem in terris 50 anni dopo: Utopia in cammino

D. Christiansen
Forse solo a 50 anni di distanza si può apprezzare pienamente la visione profetica dell’enciclica Pacem in terris, pubblicata l’11 aprile 1963 e indirizzata da Giovanni XXIII ai fedeli di tutto il mondo, «nonché a tutti gli uomini di buona volontà, sulla pace fra tutte le genti nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà». Mentre all’epoca non fu pienamente capita – come osservava anche questa rivista nel supplemento dedicatole nel maggio 1963, fu accusata di astrattezza o abbassata al rango di una «paterna esortazione del papa buono» –, la Pacem in terris ha nel tempo offerto la struttura portante che ha consentito un impegno diretto della Chiesa nelle questioni globali per gli anni a venire. Questa partecipazione è stata fondamentale per il dispiegarsi di sviluppi quali il movimento per i diritti umani, il concetto di comunità internazionale, il principio della responsabilità di proteggere e l’idea di una governance globale per affrontare problemi globali. L’«utopia» della Pacem in terris è ancora in cammino, con la sua aspirazione alta che dev’essere ulteriormente realizzata.
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Vaticano II, 50° - Giustizia e pace: la Chiesa che serve. Gli impulsi dello Spirito

D. Christiansen

La prima parte della Gaudium et spes, la costituzione pastorale del concilio Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, ha come sottotitolo «Rispondere agli impulsi dello Spirito». L’introduzione si apre con queste parole: «Il popolo di Dio [è] mosso dalla fede, per cui crede di essere condotto dallo Spirito del Signore che riempie l’universo». Accingendoci a esaminare il servizio che la Chiesa ha reso al mondo in questi ultimi 50 anni faremmo bene, credo, a ricordare a noi stessi la gioiosa fiducia nello Spirito che la Chiesa sperimentò in quei giorni e per molti anni a seguire. Senza la diretta testimonianza di chi partecipò all’universale esperienza dello Spirito di quei giorni sarebbe troppo facile, come fanno certi critici, liquidare il lavoro post-conciliare sulla giustizia e sulla pace come il risultato dello Zeitgeist, il frutto di un vuoto ottimismo mondano. Ma un decennio dopo il Concilio papa Paolo VI diede testimonianza nella Evangelii nuntiandi dell’esperienza pneumatica di quel tempo per la Chiesa intera.

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Medio Oriente - Sinodo: Ricorda gli esuli. Il problema dei rifugiati interpella le Chiese

J.C. Donnelly; D. Christiansen
La condizione di rifugiato dovrebbe essere temporanea. In base al diritto internazionale, le persone che hanno dovuto lasciare le loro case e la loro patria per timore della persecuzione dovrebbero essere in grado di ritornarvi quando migliora la situazione o di trovare una nuova casa e una nuova patria altrove quando si impedisce loro di ritornarvi. Lo sradicamento dalla propria casa e dalla propria terra è particolarmente traumatico in Medio Oriente, dove famiglia, casa e legami ancestrali con la terra sono essenziali per l’identità della persona. Le persone conservano le chiavi della loro casa per anni dopo esserne stati espulsi o essere fuggiti.