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Documenti, 17/2017, 01/10/2017, pag. 531

La riforma liturgica è irreversibile

Ai partecipanti alla 68° Settimana liturgica nazionale

Francesco

«Non si tratta di ripensare la riforma rivedendone le scelte, quanto di conoscerne meglio le ragioni sottese, anche tramite la documentazione storica, come di interiorizzarne i principi ispiratori e di osservare la disciplina che la regola. Dopo questo magistero, dopo questo lungo cammino possiamo affermare con sicurezza e con autorità magisteriale che la riforma liturgica è irreversibile». Il 24 agosto papa Francesco, ricevendo i partecipanti alla 68a Settimana liturgica nazionale – sul tema «Una liturgia viva per una Chiesa viva», nei 70 anni di fondazione del Centro di azione liturgica – ha definitivamente riaffermato la validità della riforma liturgica avviata dal concilio Vaticano II, rigettando implicitamente l’ipotesi di una «riforma della riforma». Anzi, «oggi c’è ancora da lavorare in questa direzione, in particolare riscoprendo i motivi delle decisioni compiute con la riforma liturgica, superando letture infondate e superficiali, ricezioni parziali e prassi che la sfigurano». Ha poi richiamato la necessità di rendere le nostre liturgie sempre più «popolari», e di non rinchiudersi solamente all’interno del rito romano, ma di mantenere viva l’attenzione per le altre tradizioni liturgiche della cristianità.

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Ebrei e cristiani dopo il 7 ottobre

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«Chiediamo alla Chiesa di agire come faro di chiarezza morale e concettuale in mezzo a un oceano di disinformazione, distorsione e inganno; di distinguere tra la legittima critica alla politica di Israele nel passato e nel presente e l’odiosa negazione di Israele e degli ebrei… Soprattutto, chiamiamo i nostri fratelli cattolici a tendere la mano in segno di solidarietà alla comunità ebraica in tutto il mondo». Il 12 novembre un gruppo di studiosi e leader religiosi ebrei ha scritto una Lettera aperta a sua santità, papa Francesco, e ai fedeli della Chiesa cattolica, che è stata pubblicata il 1° dicembre sul sito Jewish-Christian Relations e ha raccolto diverse centinaia di firme. Gli autori della lettera chiedevano una posizione più chiara da parte della Chiesa dopo l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre. In risposta, la Lettera di Francesco ai fratelli e alle sorelle ebrei in Israele, firmata il 2 febbraio e pubblicata il 3, ha ribadito la condanna per ogni tipo di antigiudaismo e antisemitismo e ha riaffermato: «il mio cuore è vicino a voi, alla Terra santa, a tutti i popoli che la abitano, israeliani e palestinesi, e prego perché prevalga su tutti il desiderio della pace».

La risposta di papa Francesco è stata apprezzata dagli estensori della lettera (cf. L’Osservatore romano 3.2.2024, 1), prima che una nuova crisi tra la Santa Sede e il Governo israeliano si producesse l’8 febbraio (cf. Regno-att. 4,2024,76).

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Solo l’amore ci unirà

Omelia a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

Francesco

«Solo questo amore che diventa servizio gratuito, solo questo amore che Gesù ha proclamato e vissuto avvicinerà i cristiani separati gli uni agli altri. Sì, solo questo amore, che non torna sul passato per prendere le distanze o puntare il dito, solo questo amore che in nome di Dio antepone il fratello alla ferrea difesa del proprio sistema religioso, solo questo amore ci unirà. Prima il fratello, dopo il sistema». Il 25 gennaio, nella basilica di San Paolo fuori le Mura, papa Francesco ha presieduto la celebrazione dei secondi vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della 57a Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani sul tema: «Ama il Signore Dio tuo... e ama il prossimo tuo come te stesso» (cf. Lc 10,27).

Erano presenti anche alcuni vescovi delle tradizioni anglicana e cattolica, presenti a Roma per «Growing together» (Crescere insieme), un vertice d’incontro e pellegrinaggio ecumenico organizzato dalla Commissione internazionale anglicana - cattolica romana per l’unità e la missione (IARCCUM) a Roma e a Canterbury tra il 22 e il 29 gennaio. Come nel 2016, i vescovi erano presenti a coppie, anglicani e cattolici, in rappresentanza di 27 paesi, e nel corso dei secondi vespri sono stati inviati per essere testimoni di unità congiuntamente da papa Francesco e dall’arcivescovo Justin Welby (cf. riquadro a p. 67).