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Documenti, 13/2019, pag. 398

«Maschio e femmina li creò»

Congregazione per l’educazione cattolica

Un «approccio ideologizzato alle delicate questioni del genere, pur dichiarando il rispetto delle diversità, rischia di considerare le differenze stesse in modo statico, lasciandole isolate e impermeabili l’una dall’altra». È invece «la via del dialogo… il percorso più efficace per una trasformazione positiva delle inquietudini e delle incomprensioni in una risorsa per lo sviluppo di un ambiente relazionale più aperto e umano» (n. 52). Guidata da questo criterio, la Congregazione per l’educazione cattolica ha composto nel documento «Maschio e femmina li creò». Per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione (datato 2 febbraio 2019 ma diffuso a partire dal 10 giugno scorso) il magistero recente, soprattutto quello degli ultimi tre papi, in tema di educazione affettivo-sessuale. L’educatore cattolico, al quale il testo è principalmente destinato, troverà dunque in queste pagine, organizzate secondo la metodologia dell’«ascoltare», «ragionare» e «proporre», gli strumenti per «trasformare positivamente le sfide attuali» poste a tutti i soggetti coinvolti nell’educazione, avendo cura di distinguere le «diverse ricerche sul gender portate avanti dalle scienze umane» da una «ideologia del gender» che cerca «di imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini» (n. 6, che cita Amoris laetitia, n. 56).

Stampa (10.6.2019) da sito web www.educatio.va della Congregazione per l’educazione cattolica.

Introduzione

     1. È sempre più diffusa la consapevolezza che ci troviamo di fronte a una vera e propria emergenza educativa, in particolare per quanto riguarda i temi dell’affettività e della sessualità. In molti casi vengono strutturati e proposti percorsi educativi che «trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione».[1] Il disorientamento antropologico che caratterizza diffusamente il clima culturale del nostro tempo ha certamente contribuito a destrutturare la famiglia, con la tendenza a cancellare le differenze tra uomo e donna, considerate come semplici effetti di un condizionamento storico-culturale.

     2. In questo contesto la missione educativa si trova di fronte alla sfida che «emerge da varie forme di un’ideologia, genericamente chiamata gender, che “nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia. Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina. L’identità umana viene consegnata a un’opzione individualistica, anche mutevole nel tempo”».[2]

     3. Appare evidente che la questione non può essere isolata dal più ampio orizzonte dell’educazione all’amore,[3] la quale deve offrire – come ha segnalato il concilio Vaticano II – «una positiva e prudente educazione sessuale» nell’ambito del diritto inalienabile di tutti a ricevere «un’educazione che risponda al proprio fine, convenga alla propria indole, alla differenza di sesso, alla cultura e alle tradizioni del loro paese, e insieme aperta a una fraterna convivenza con gli altri popoli al fine di garantire la vera unità e la vera pace sulla terra».[4] Al riguardo, la Congregazione per l’educazione cattolica ha già offerto alcuni approfondimenti nel documento: Orientamenti educativi sull’amore umano. Lineamenti di educazione sessuale.[5]

     4. La visione antropologica cristiana vede nella sessualità una componente fondamentale della personalità, un suo modo di essere, di manifestarsi, di comunicare con gli altri, di sentire, di esprimere e di vivere l’amore umano. Pertanto, essa è parte integrante dello sviluppo della personalità e del suo processo educativo. «Dal sesso, infatti, la persona umana deriva le caratteristiche che, sul piano biologico, psicologico e spirituale, la fanno uomo o donna, condizionando così grandemente l’iter del suo sviluppo verso la maturità e il suo inserimento nella società».[6] Nel processo di crescita «tale diversità, connessa alla complementarità dei due sessi, risponde compiutamente al disegno di Dio secondo la vocazione a cui ciascuno è chiamato».[7] Perciò «l’educazione affettivo-sessuale deve considerare la totalità della persona ed esigere quindi l’integrazione degli elementi biologici, psico-affettivi, sociali e spirituali».[8]

     5. La Congregazione per l’educazione cattolica, nell’ambito delle sue competenze, intende ora offrire alcune riflessioni che possano orientare e sostenere quanti sono impegnati nell’educazione delle nuove generazioni ad affrontare con metodo le questioni oggi più dibattute circa la sessualità umana, alla luce della vocazione all’amore a cui ogni persona è chiamata.[9] In tale modo si vuole promuovere una metodologia articolata nei tre atteggiamenti dell’ascoltare, del ragionare e del proporre, che favoriscono l’incontro con le esigenze delle persone e delle comunità. Infatti, l’ascolto delle esigenze dell’altro nonché la comprensione delle diverse condizioni portano alla condivisione di elementi razionali e preparano a un’educazione cristiana radicata nella fede che «tutto rischiara di una luce nuova e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell’uomo».[10]

     6. Nell’intraprendere la via del dialogo sulla questione del gender nell’educazione è necessario tener presente la differenza tra l’ideologia del gender e le diverse ricerche sul gender portate avanti dalle scienze umane. Mentre l’ideologia pretende, come riscontra papa Francesco, «di rispondere a certe aspirazioni a volte comprensibili», ma cerca «di imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini»[11] e quindi preclude l’incontro, non mancano delle ricerche sul gender che cercano di approfondire adeguatamente il modo in cui si vive nelle diverse culture la differenza sessuale tra uomo e donna. È in relazione con queste ricerche che è possibile aprirsi all’ascolto, al ragionamento e alla proposta.

     7. Pertanto, la Congregazione per l’educazione cattolica affida questo testo – in special modo nei contesti interessati da questo fenomeno – a quanti hanno a cuore l’educazione, in particolare alle comunità educative delle scuole cattoliche e a quanti, animati dalla visione cristiana della vita, operano nelle altre scuole, ai genitori, agli alunni, ai dirigenti e al personale, nonché ai vescovi, ai sacerdoti, alle religiose e ai religiosi, ai movimenti ecclesiali, alle associazioni di fedeli e ad altri organismi del settore.

Ascoltare
Breve storia

 

     8. Il primo atteggiamento di chi vuol porsi in dialogo è l’ascolto. Si tratta, anzitutto, di ascoltare e comprendere cosa è avvenuto negli ultimi decenni. L’avvento del XX secolo – con le sue visioni antropologiche – porta con sé le prime concezioni del gender, da un lato basate su una lettura prettamente sociologica delle differenziazioni sessuali e dall’altro su un’enfasi delle libertà individuali. Nasce, infatti, alla metà del secolo, un filone di studi che ha insistito nell’accentuare il condizionamento esterno, nonché le sue influenze sulle determinazioni personali. Applicati alla sessualità, tali studi vollero dimostrare come l’identità sessuale avesse più a che fare con una costruzione sociale che con un dato naturale o biologico.

     9. Questi approcci convergono nel negare l’esistenza di un dono originario che ci precede ed è costitutivo della nostra identità personale, formando la base necessaria di ogni nostro agire. Nelle relazioni interpersonali, ciò che conta sarebbe soltanto l’affetto tra individui, a prescindere dalla differenza sessuale e dalla procreazione, ritenute irrilevanti nella costruzione della famiglia. Si passa da un modello istituzionale di famiglia – avente struttura e finalità non dipendenti dalle preferenze soggettive individuali dei coniugi – a una visione puramente contrattualistica e volontaristica.

     10. Nel tempo, le teorie del gender hanno esteso il campo della loro applicazione. Agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso si sono concentrate sulle possibilità degli individui di autodeterminare le proprie inclinazioni sessuali senza tenere conto della reciprocità e complementarità del rapporto uomo-donna nonché della finalità procreativa della sessualità. Inoltre, si arriva perfino a teorizzare una radicale separazione fra genere (gender) e sesso (sex), con la priorità del primo sul secondo. Tale traguardo viene visto come una tappa importante dell’evoluzione dell’umanità, nella quale «si prospetta una società senza differenze di sesso».[12]

     11. In questo contesto culturale si comprende bene che sesso e genere non sono più sinonimi e, quindi, concetti interscambiabili, in quanto descrivono due entità diverse. Il sesso definisce l’appartenenza a una delle due categorie biologiche che derivano dalla diade originaria, femmina e maschio. Il genere, invece, è il modo in cui si vive, in ogni cultura, la differenza tra i due sessi. Il problema non sta nella distinzione in sé, la quale può essere interpretata rettamente, ma in una separazione tra sesso e gender. Da questa separazione consegue la distinzione di diversi «orientamenti sessuali», che non vengono più definiti dalla differenza sessuale tra maschio e femmina, ma possono assumere altre forme, determinate solo dall’individuo radicalmente autonomo. Inoltre, lo stesso concetto di gender va a dipendere dall’atteggiamento soggettivo della persona, che può scegliere un genere che non corrisponde con la sua sessualità biologica e, quindi, con il modo in cui lo considerano gli altri (transgender).

 queer, cioè in una dimensione fluida, flessibile, nomade, al punto da sostenere la completa emancipazione dell’individuo da ogni definizione sessuale data a priori, con la conseguente scomparsa di classificazioni considerate rigide. Si lascia così lo spazio a sfumature variabili per grado e intensità nel contesto sia dell’orientamento sessuale, sia dell’identificazione del proprio gender.

     13. La dualità della coppia, inoltre, confligge con i «poliamori», che includono più di due individui. Pertanto, si constata che la durata del legame – e la sua natura vincolante – si struttura come variabile a seconda del desiderio contingente degli individui con conseguenze sul piano della condivisione delle responsabilità e degli obblighi inerenti la maternità e la paternità. Tutta questa gamma di relazioni divengono «parentele» (kinships) fondate sul desiderio o affetto, contraddistinte molto spesso da un tempo determinato, eticamente flessibili o addirittura consensualmente prive di qualsiasi progettualità. Ciò che vale è l’assoluta libertà di autodeterminazione e la scelta circostanziata di ciascun individuo nel contesto di una qualsiasi relazione affettiva.

     14. In questo modo ci si appella al riconoscimento pubblico della libertà di scelta del genere nonché della pluralità di unioni in contrapposizione al matrimonio tra uomo e donna, considerato retaggio della società patriarcale. Si vorrebbe, pertanto, che ogni individuo possa scegliere la propria condizione e che la società debba limitarsi a garantire tale diritto, anche mediante un sostegno materiale, altrimenti si realizzerebbero forme di discriminazione sociale nei confronti delle minoranze. La rivendicazione di tali diritti è entrata nel dibattito politico odierno, ottenendo accoglienza in alcuni documenti internazionali e inserendosi in alcune legislazioni nazionali.

Punti d’incontro

     15. Nel quadro delle ricerche sul gender emergono, tuttavia, alcuni possibili punti di incontro per crescere nella comprensione reciproca. Non di rado, infatti, i progetti educativi hanno la condivisibile e apprezzabile esigenza di lottare contro ogni espressione di ingiusta discriminazione. Essi perseguono un’azione pedagogica, anzitutto con il riconoscimento dei ritardi e delle mancanze.[13] Non si può negare, infatti, che nel corso dei secoli si siano affacciate forme di ingiusta subordinazione che hanno tristemente segnato la storia, e che hanno avuto influsso anche all’interno della Chiesa. Ciò ha comportato rigidità e fissità che hanno ritardato la necessaria e progressiva inculturazione del genuino messaggio con cui Gesù proclamava la pari dignità tra uomo e donna, dando luogo ad accuse di un certo maschilismo più o meno mascherato da motivazioni religiose.

     16. Un punto di incontro è l’educazione dei bambini e dei giovani a rispettare ogni persona nella sua peculiare e differente condizione, affinché nessuno, a causa delle proprie condizioni personali (disabilità, razza, religione, tendenze affettive, ecc.), possa diventare oggetto di bullismo, violenze, insulti e discriminazioni ingiuste. Si tratta di un’educazione alla cittadinanza attiva e responsabile, in cui tutte le espressioni legittime della persona siano accolte con rispetto.

     17. Un altro punto di crescita nella comprensione antropologica sono i valori della femminilità che sono stati evidenziati nella riflessione sul gender. Nella donna, ad esempio, la «capacità dell’altro» favorisce una lettura più realistica e matura delle situazioni contingenti, sviluppando «il senso e il rispetto del concreto, che si oppone ad astrazioni spesso letali per l’esistenza degli individui e della società».[14] Si tratta di un apporto che arricchisce le relazioni umane e i valori dello spirito «a partire dai rapporti quotidiani tra le persone». Per questo, la società è in larga parte debitrice alle donne che sono «impegnate nei più diversi settori dell’attività educativa, ben oltre la famiglia: asili, scuole, università, istituti di assistenza, parrocchie, associazioni e movimenti».[15]

     18. La donna è in grado di comprendere la realtà in modo unico: sapendo resistere alle avversità, rendendo «la vita ancora possibile pur in situazioni estreme» e conservando «un senso tenace del futuro».[16] Non è un caso, infatti, che «dovunque c’è l’esigenza di un lavoro formativo, si può constatare l’immensa disponibilità delle donne a spendersi nei rapporti umani, specialmente a vantaggio dei più deboli e indifesi. In tale opera esse realizzano una forma di maternità affettiva, culturale e spirituale, dal valore veramente inestimabile, per l’incidenza che ha sullo sviluppo della persona e il futuro della società. E come non ricordare qui la testimonianza di tante donne cattoliche e di tante congregazioni religiose femminili che, nei vari continenti, hanno fatto dell’educazione, specialmente dei bambini e delle bambine, il loro principale servizio?».[17]

Criticità

     19. Peraltro ci sono alcuni punti critici che si presentano nella vita reale. Le teorie gender indicano – specialmente le più radicali – un processo progressivo di de-naturalizzazione o allontanamento dalla natura verso una opzione totale per la decisione del soggetto emotivo. Con questo atteggiamento, identità sessuale e famiglia divengono dimensioni della «liquidità» e «fluidità» postmoderna: fondate solo su una malintesa libertà del sentire e del volere piuttosto che sulla verità dell’essere; sul desiderio momentaneo della pulsione emotiva e sulla volontà individuale.

     20. I presupposti delle suddette teorie sono riconducibili a un dualismo antropologico: alla separazione tra corpo ridotto a materia inerte e volontà che diviene assoluta, manipolando il corpo a suo piacimento. Questo fisicismo e volontarismo danno luogo al relativismo, ove tutto è equivalente e indifferenziato, senza ordine e senza finalità. Tutte queste teorizzazioni, dalle moderate alle più radicali, ritengono che il gender (genere) finisce con l’essere più importante del sex (sesso). Ciò determina, in primo luogo, una rivoluzione culturale e ideologica nell’orizzonte relativista, e in secondo luogo una rivoluzione giuridica, perché queste istanze promuovono specifici diritti individuali e sociali.

     21. In realtà, accade che la difesa delle differenti identità venga spesso perseguita rivendicandole come perfettamente indifferenti tra loro e, dunque, di fatto negandole nella loro rilevanza. Ciò assume particolare importanza in ordine alla differenza sessuale: spesso, infatti, il concetto generico di «non discriminazione» nasconde un’ideologia che nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. «Invece di contrastare le interpretazioni negative della differenza sessuale, che mortificano la sua irriducibile valenza per la dignità umana, si vuole cancellare di fatto tale differenza, proponendo tecniche e pratiche che la rendano irrilevante per lo sviluppo della persona e per le relazioni umane. Ma l’utopia del “neutro” rimuove a un tempo sia la dignità umana della costituzione sessualmente differente, sia la qualità personale della trasmissione generativa della vita».[18] Si svuota – in questo modo – la base antropologica della famiglia.

     22. Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla differenza biologica fra maschio e femmina. L’identità umana viene consegnata a un’opzione individualistica, anche mutabile nel tempo, espressione del modo di pensare e agire, assai diffuso oggi, che confonde «la genuina libertà con l’idea che ognuno giudica come gli pare, come se al di là degli individui non ci fossero verità, valori, principi che ci orientino, come se tutto fosse uguale e si dovesse permettere qualsiasi cosa».[19]

     23. Il concilio Vaticano II, interrogandosi su cosa pensa la Chiesa della persona umana, afferma che, «unità di anima e di corpo, l’uomo sintetizza in sé, per la stessa sua condizione corporale, gli elementi del mondo materiale, così che questi attraverso di lui toccano il loro vertice e prendono voce per lodare in libertà il Creatore».[20] Per questa dignità, «l’uomo (…) non sbaglia a riconoscersi superiore alle cose corporali e a considerarsi più di una semplice particella della natura o un elemento anonimo della città umana».[21] Pertanto, «non bisogna confondere le espressioni ordine della natura e ordine biologico, né identificare ciò che esse esprimono. L’ordine biologico è ordine della natura nella misura in cui è accessibile ai metodi empirici e descrittivi delle scienze naturali; ma in quanto ordine specifico dell’esistenza, che resta in evidente rapporto con la Causa prima, con Dio creatore, l’ordine della natura non è più un ordine biologico».[22]

Ragionare
Argomenti razionali

     24. L’ascolto del profilo storico, dei punti di incontro e delle criticità nella questione del gender spinge verso considerazioni alla luce della ragione. Ci sono, infatti, argomenti razionali che chiariscono la centralità del corpo come elemento integrante dell’identità personale e dei rapporti familiari. Il corpo è soggettività che comunica l’identità dell’essere.[23] In questa luce si comprende il dato delle scienze biologiche e mediche, secondo cui il «dimorfismo sessuale» (ovvero la differenza sessuale tra uomini e donne) è comprovato da scienze quali, ad esempio, la genetica, l’endocrinologia e la neurologia. Da un punto di vista genetico, le cellule dell’uomo (che contengono i cromosomi XY) sono differenti da quelle della donna (il cui equivalente è XX) sin dal concepimento. Del resto nel caso dell’indeterminatezza sessuale è la medicina che interviene per una terapia. In queste situazioni specifiche, non sono i genitori né tantomeno la società che possono fare una scelta arbitraria, ma è la scienza medica che interviene con finalità terapeutica, ossia operando nel modo meno invasivo sulla base di parametri obiettivi al fine di esplicitarne la costitutiva identità.

     25. Il processo di identificazione è ostacolato dalla costruzione fittizia di un «genere neutro» o «terzo genere». In questo modo viene oscurata la sessualità come qualificazione strutturante dell’identità maschile e femminile. Il tentativo di superare la differenza costitutiva di maschio e femmina, come avviene nell’intersessualità o nel transgender, porta a un’ambiguità maschile e femminile, che presuppone in maniera contraddittoria quella differenza sessuale che si intende negare o superare. Questa oscillazione tra maschio e femmina diventa, alla fine, un’esposizione solo «provocatoria» contro i cosiddetti «schemi tradizionali», che non tiene conto delle sofferenze di coloro che vivono in una condizione indeterminata. Una simile concezione cerca di annientare la natura (tutto ciò che abbiamo ricevuto come fondamento previo del nostro essere e di ogni nostro agire nel mondo), mentre la si riafferma implicitamente.

     26. Anche l’analisi filosofica mostra come la differenza sessuale maschile/femminile sia costitutiva dell’identità umana. Nelle filosofie greco-latine l’essenza si pone come elemento trascendente che ricompone e armonizza la differenza tra femminile e maschile nell’unicità della persona umana. Nella tradizione ermeneutico-fenomenologica sia la distinzione che la complementarità sessuale vengono interpretate in chiave simbolica e metaforica. La differenza sessuale costituisce, nella relazione, l’identità personale sia in senso orizzontale (diadico: uomo-donna) che in senso verticale (triadico: uomo-donna-Dio), sia nell’ambito della relazione interpersonale uomo-donna (io/tu) che nell’ambito della relazione familiare (tu/io/noi).

     27. La formazione dell’identità si basa proprio sull’alterità: nel confronto immediato con il «tu» diverso da me riconosco l’essenza del mio «io». La differenza è la condizione della cognizione in generale, e della conoscenza dell’identità. Nella famiglia il confronto con la madre e il padre facilita il bambino nell’elaborazione della propria identità/differenza sessuale. Le teorie psicoanalitiche mostrano il valore tripolare del rapporto genitori/ figlio, asserendo che l’identità sessuale emerge pienamente soltanto nel confronto sinergico della differenziazione sessuale.

     28. La complementarità fisiologica, basata sulla differenza sessuale, assicura le condizioni necessarie per la procreazione. Il ricorso, invece, alle tecnologie riproduttive può consentire la generazione a uno dei partner di una coppia di persone dello stesso sesso, con «fecondazione in vitro» e maternità surrogata: ma l’uso di tecnologie non è equivalente al concepimento naturale, perché comporta manipolazioni di embrioni umani, frantumazioni della genitorialità, strumentalizzazione e/o mercificazione del corpo umano, nonché riduzione del bambino a oggetto di una tecnologia scientifica.[24]

     29. Per quanto concerne in particolar modo il settore scolastico, è proprio nella natura dell’educazione la capacità di costruire le basi per un dialogo pacifico e permettere l’incontro proficuo tra le persone e le idee. Appare, inoltre, non secondaria la prospettiva di un allargamento della ragione alla dimensione trascendente. Il dialogo tra fede e ragione, «se non vuole ridursi a sterile esercizio intellettuale, deve partire dall’attuale situazione concreta dell’uomo, e su di essa sviluppare una riflessione che ne raccolga la verità ontologico-metafisica».[25] In questa dimensione si colloca la missione evangelizzatrice della Chiesa sull’uomo e sulla donna.

Proporre
Antropologia cristiana

     30. La Chiesa – madre e maestra – non solo ascolta ma, forte della sua originaria missione, si apre alla ragione e si pone al servizio della comunità umana, offrendo le sue proposte. È infatti evidente che senza una chiarificazione soddisfacente dell’antropologia su cui si fonda il significato della sessualità e dell’affettività non è possibile strutturare in modo corretto un percorso educativo coerente con la natura dell’uomo come persona, al fine di orientarlo alla piena attuazione della sua identità sessuale nel contesto della vocazione al dono di sé. E il primo passo di questo chiarimento antropologico consiste nel riconoscere che «anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere».[26] È questo il fulcro di quella ecologia dell’uomo che muove dal «riconoscimento della peculiare dignità dell’essere umano» e dalla necessaria relazione della sua vita «con la legge morale inscritta nella sua propria natura».[27]

     31. L’antropologia cristiana affonda le sue radici nella narrazione delle origini come appare nel libro della Genesi, dove è scritto che «Dio creò l’uomo a sua immagine (…) maschio e femmina li creò» (Gen 1,27). In queste parole vi è il nucleo non solo della creazione ma anche della relazione vivificante tra uomo e donna, che li mette in intima unione con Dio. Il e l’altro da sé si completano secondo le loro specifiche identità e si incontrano in quello che costituisce una dinamica di reciprocità, sostenuta e derivata dal Creatore.

     32. Le parole bibliche rivelano il sapiente disegno del Creatore che «ha assegnato come compito all’uomo il corpo, la sua mascolinità e femminilità; e che nella mascolinità e femminilità gli ha assegnato in certo senso come compito la sua umanità, la dignità della persona, e anche il segno trasparente della “comunione” interpersonale, in cui l’uomo realizza se stesso attraverso l’autentico dono di sé».[28] Pertanto, la natura umana – a superamento di ogni fisicismo o naturalismo – è da comprendere alla luce dell’unità di anima e di corpo, l’«unità delle sue inclinazioni di ordine sia spirituale che biologico e di tutte le altre caratteristiche specifiche necessarie al perseguimento del suo fine».[29]

     33. In questa «totalità unificata»[30] si integrano la dimensione verticale della comunione con Dio e la dimensione orizzontale della comunione interpersonale, a cui l’uomo e la donna sono chiamati.[31] L’identità personale matura in modo autentico nel momento in cui si apre agli altri, proprio perché «nella configurazione del proprio modo di essere, femminile o maschile, non confluiscono solamente fattori biologici o genetici, ma anche molteplici elementi relativi al temperamento, alla storia familiare, alla cultura, alle esperienze vissute, alla formazione ricevuta, alle influenze di amici, familiari e persone ammirate, e ad altre circostanze concrete che esigono uno sforzo di adattamento».[32] Infatti, «è essenziale per la persona umana il fatto che diventa se stessa solo dall’altro, l’“io” diventa se stesso solo dal “tu” e dal “voi”, è creato per il dialogo, per la comunione sincronica e diacronica. E solo l’incontro con il “tu” e con il “noi” apre l’“io” a se stesso».[33]

     34. È necessario ribadire la radice metafisica della differenza sessuale: uomo e donna, infatti, sono le due modalità in cui si esprime e realizza la realtà ontologica della persona umana. Questa è la risposta antropologica alla negazione della dualità maschio e femmina da cui si genera la famiglia. Il rifiuto di tale dualità non solo cancella la visione creaturale, ma disegna una persona astratta «che poi sceglie per sé autonomamente qualcosa come sua natura. Maschio e femmina vengono contestati nella loro esigenza creazionale di forme della persona umana che si integrano a vicenda. Se, però, non esiste la dualità maschio e femmina come dato della creazione, allora non esiste neppure più la famiglia come realtà prestabilita dalla creazione. Ma in tal caso anche la prole ha perso il luogo che finora le spettava e la particolare dignità che le è propria».[34]

     35. In questa prospettiva, educare alla sessualità e all’affettività significa imparare «con perseveranza e coerenza (...) che cosa è il significato del corpo»[35] in tutta la verità originaria della mascolinità e della femminilità; significa cioè «imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura e a rispettare i suoi significati (...). Anche apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario per poter riconoscere sé stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé (...), e arricchirsi reciprocamente».[36] Alla luce di un’ecologia pienamente umana e integrale dunque, la donna e l’uomo riconoscono il significato della sessualità e della genitalità in quell’intrinseca intenzionalità relazionale e comunicativa che attraversa la loro corporeità e li rimanda l’uno verso l’altro mutuamente.

La famiglia

     36. La famiglia è il luogo naturale nel quale questa relazione di reciprocità e comunione tra l’uomo e la donna trova piena attuazione. In essa, l’uomo e la donna, uniti nella scelta libera e cosciente del patto di amore coniugale, realizzano «una totalità in cui entrano tutte le componenti della persona, richiamo del corpo e dell’istinto, forza del sentimento e dell’affettività, aspirazione dello spirito e della volontà».[37] La famiglia è «un fatto antropologico, e conseguentemente un fatto sociale, di cultura», altrimenti «qualificarla con concetti di natura ideologica che hanno forza soltanto in un momento della storia, e poi decadono»[38] significa tradirne il valore. La famiglia, in quanto società naturale in cui reciprocità e complementarità tra uomo e donna si realizzano pienamente, precede lo stesso ordinamento socio-politico dello stato, la cui libera attività legiferante deve tenerne conto e darne il giusto riconoscimento.

     37. È razionalmente comprensibile che nella natura stessa della famiglia si fondano due diritti fondamentali che devono sempre essere sostenuti e garantiti. Il primo è il diritto della famiglia a essere riconosciuta come lo spazio pedagogico primario per la formazione del bambino. Tale «diritto primario» si traduce poi concretamente nel «dovere gravissimo»[39] dei genitori di farsi responsabilmente carico dell’«educazione completa dei figli in senso personale e sociale»,[40] anche per ciò che riguarda la loro educazione all’identità sessuale e all’affettività, «nel quadro di un’educazione all’amore, alla reciproca donazione».[41] Si tratta di un diritto-dovere educativo che «si qualifica come essenziale, connesso com’è con la trasmissione della vita umana; come originale e primario, rispetto al compito educativo di altri, per l’unicità del rapporto d’amore che sussiste tra genitori e figli; come insostituibile e inalienabile, e che pertanto non può essere totalmente delegato ad altri, né da altri usurpato».[42]

     38. Un ulteriore diritto non affatto secondario è quello del bambino «a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva. Continuando a maturare nella relazione, nel confronto con ciò che è la mascolinità e la femminilità di un padre e di una madre, e così preparando la maturità affettiva».[43] Ed è proprio all’interno del nucleo familiare stesso che il bambino può essere educato a riconoscere il valore e la bellezza della differenza sessuale, della parità, della reciprocità biologica, funzionale, psicologica e sociale. «Di fronte a una cultura che “banalizza” in larga parte la sessualità umana, (…) il servizio educativo dei genitori deve puntare fermamente su di una cultura sessuale che sia veramente e pienamente personale: la sessualità, infatti, è una ricchezza di tutta la persona, corpo, sentimento e anima – e manifesta il suo intimo significato nel portare la persona al dono di sé nell’amore».[44] Questi diritti si accompagnano naturalmente a tutti gli altri diritti fondamentali della persona, in particolare a quello della libertà di pensiero, di coscienza e di religione. In tali spazi si possono far nascere proficue esperienze di collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti nell’educazione.

La scuola

     39. All’azione educativa della famiglia si unisce quella della scuola, la quale interagisce in modo sussidiario. Forte della sua fondazione evangelica, «la scuola cattolica si configura come scuola per la persona e delle persone. “La persona di ciascuno è al centro del magistero di Gesù: per questo la promozione della persona umana è il fine della scuola cattolica”. Tale affermazione, mettendo in luce il rapporto vitale dell’uomo con Cristo, ricorda che nella sua persona si trova la pienezza della verità sull’uomo. Perciò la scuola cattolica, impegnandosi a promuovere l’uomo nella sua integralità, lo fa, obbedendo alla sollecitudine della Chiesa, nella consapevolezza che tutti i valori umani trovano la loro realizzazione piena e quindi la loro unità nel Cristo. Questa consapevolezza esprime la centralità della persona nel progetto educativo della scuola cattolica».[45]

     40. La scuola cattolica deve farsi comunità educante nella quale la persona esprime se stessa e cresce umanamente in un processo di relazione dialogica, interagendo in modo costruttivo, esercitando la tolleranza, comprendendo i diversi punti di vista, creando fiducia in un ambiente di autentica concordia. Si instaura, così, la vera «comunità educativa, spazio di convivialità delle differenze. La scuola-comunità è luogo di incontro, promuove la partecipazione, dialoga con la famiglia, prima comunità di appartenenza degli alunni che la frequentano, rispettandone la cultura e ponendosi in profondo ascolto dei bisogni che incontra e delle attese di cui è destinataria».[46] In tal modo le ragazze e i ragazzi sono accompagnati da una comunità che «li stimola a superare l’individualismo e a scoprire, alla luce della fede, che sono chiamati a vivere, in maniera responsabile, una specifica vocazione in solidarietà con gli altri uomini».[47]

     41. Anche gli educatori cristiani che vivono la loro vocazione nella scuola non cattolica testimoniano la verità sulla persona umana e sono al servizio della sua promozione. Infatti «la formazione integrale dell’uomo come finalità dell’educazione comprende lo sviluppo di tutte le facoltà dell’educando, la sua partecipazione alla vita professionale, la formazione del suo senso etico e sociale, la sua apertura al trascendente e la sua educazione religiosa».[48] La testimonianza personale, unita alla professionalità, contribuisce al raggiungimento di questi obiettivi.

     42. L’educazione all’affettività ha bisogno di un linguaggio adeguato e misurato. In primo luogo, essa deve tenere conto che i bambini e i giovani non hanno ancora raggiunto la piena maturità e si accingono a scoprire la vita con interesse. Pertanto, è necessario aiutare gli alunni a sviluppare «un senso critico davanti a una invasione di proposte, davanti alla pornografia senza controllo e al sovraccarico di stimoli che possono mutilare la sessualità».[49] Di fronte a un bombardamento di messaggi ambigui e vaghi – il cui fine è un disorientamento emotivo e l’impedimento della maturità psico-relazionale – «occorre aiutarli a riconoscere e a cercare le influenze positive, nel tempo stesso in cui prendono le distanze da tutto ciò che deforma la loro capacità di amare».[50]

La società

     43. Nel processo educativo non può mancare uno sguardo d’insieme sulla società attuale. La trasformazione delle relazioni interpersonali e sociali «ha spesso sventolato la “bandiera della libertà”, ma in realtà ha portato devastazione spirituale e materiale a innumerevoli esseri umani, specialmente ai più vulnerabili. È sempre più evidente che il declino della cultura del matrimonio è associato a un aumento di povertà e a una serie di numerosi altri problemi sociali che colpiscono in misura sproporzionata le donne, i bambini e gli anziani. E sono sempre loro a soffrire di più, in questa crisi».[51]

     44. Per questi motivi, la famiglia non può essere lasciata sola di fronte alla sfida educativa. Da parte sua, la Chiesa continua a offrire sostegno alle famiglie e ai giovani in comunità aperte e accoglienti. La scuola e le comunità locali, in particolare, sono chiamate a svolgere una grande missione, anche se esse non sostituiscono i genitori, bensì sono a essi complementari.[52] La rilevante urgenza della sfida formativa può costituire oggi un forte stimolo a ricostruire l’alleanza educativa tra famiglia, scuola e società.

     45. Come è diffusamente riconosciuto, questo patto educativo è entrato in crisi. È urgente promuovere un’alleanza sostanziale e non burocratica, che armonizzi, nel progetto condiviso di «una positiva e prudente educazione sessuale»,[53] la primaria responsabilità dei genitori con il compito degli insegnanti. Si devono creare le condizioni per un incontro costruttivo tra i vari soggetti al fine di istaurare un clima di trasparenza, interagendo e tenendosi costantemente informati sulle attività per facilitare il coinvolgimento ed evitare inutili tensioni che potrebbero sorgere a causa di incomprensioni per mancanza di chiarezza, informazione e competenza.

     46. Nell’orizzonte di questa alleanza, l’azione educativa deve essere informata al principio di sussidiarietà. «Ogni altro partecipante al processo educativo non può che operare a nome dei genitori, con il loro consenso e, in una certa misura, persino su loro incarico».[54] Procedendo insieme famiglia, scuola e società possono articolare percorsi di educazione all’affettività e alla sessualità finalizzati al rispetto del corpo altrui e al rispetto dei tempi della propria maturazione sessuale e affettiva, tenendo conto delle specificità fisiologiche e psicologiche, nonché delle fasi di crescita e maturazione neurocognitiva delle ragazze e dei ragazzi in modo da accompagnarli nella loro crescita in maniera sana e responsabile.

La formazione dei formatori

     47. All’effettiva realizzazione del progetto pedagogico sono chiamati con grande responsabilità tutti i formatori. La loro personalità matura, la loro preparazione e il loro equilibrio influiscono fortemente sugli educandi.[55] Pertanto, è importante tenere in considerazione nella loro formazione, oltre agli aspetti professionali, anche quelli culturali e spirituali. L’educazione della persona, specialmente nell’età evolutiva, necessita di una cura particolare e di un costante aggiornamento. Non si tratta soltanto di una semplice ripetizione degli argomenti disciplinari. Dagli educatori ci si attende che sappiano «accompagnare gli alunni verso obiettivi elevati e sfidanti, dimostrare elevate aspettative nei loro confronti, coinvolgere e connettere gli studenti tra di loro e con il mondo».[56]

     48. La responsabilità dei dirigenti, del corpo docente e del personale scolastico è quella di garantire un servizio qualificato coerente con i principi cristiani che costituiscono l’identità del progetto educativo, nonché di interpretare le sfide contemporanee attraverso una testimonianza quotidiana fatta di comprensione, obiettività e prudenza.[57] È, infatti, comunemente condiviso che «l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri  i testimoni che i maestri, o, se ascolta i maestri, lo fa perché sono dei testimoni».[58] L’autorevolezza dell’educatore si configura, quindi, come la confluenza concreta «di una formazione generale, fondata su una concezione positiva e costruttiva della vita e sullo sforzo costante per realizzarla. Una tale formazione oltrepassa la pur necessaria formazione professionale e investe gli aspetti più intimi della personalità, incluso quello spirituale e religioso».[59]

     49. La formazione dei formatori – cristianamente ispirata – ha come obiettivo sia la persona del singolo docente sia la costruzione e il consolidamento di una comunità educante attraverso il proficuo scambio didattico, emozionale e personale. In questo modo si genera una relazione attiva tra gli educatori, dove la crescita personale integrale arricchisce quella professionale, vivendo l’insegnamento come un servizio di umanizzazione. Pertanto, è necessario che i docenti cattolici ricevano una preparazione adeguata sul contenuto dei diversi aspetti della questione del gender e siano informati sulle leggi in vigore e le proposte in via di discussione nei propri paesi con l’ausilio di persone qualificate in una maniera equilibrata e all’insegna del dialogo. Le istituzioni universitarie e i centri di ricerca sono chiamati a offrire il loro specifico contributo al fine di garantire una formazione adeguata e aggiornata durante tutto l’arco della vita.

     50. In riferimento allo specifico compito dell’educazione all’amore umano – «tenuto conto del progresso della psicologia, della pedagogia e della didattica» –[60] per i formatori è richiesta «una preparazione psico-pedagogica adatta e seria, che consenta loro di cogliere situazioni particolari che richiedono una sollecitudine speciale».[61] Di conseguenza, «occorre una visione chiara della situazione, perché il metodo adoperato non solamente condiziona grandemente il successo di questa delicata educazione, ma anche la collaborazione tra i diversi responsabili».[62]

     51. Oggi tante legislazioni riconoscono l’autonomia e la libertà di insegnamento. In questo ambito, le scuole hanno l’opportunità di collaborare con le istituzioni cattoliche di istruzione superiore nell’approfondimento dei diversi aspetti dell’educazione sessuale al fine anche di realizzare sussidi, guide pedagogiche e manuali didattici impostati sulla «visione cristiana dell’uomo».[63] A tal proposito, i pedagogisti e i docenti di didattica nonché gli esperti di letteratura dell’infanzia e dell’adolescenza possono contribuire a offrire strumenti innovativi e creativi per consolidare l’educazione integrale della persona fin dalla prima infanzia di fronte a visioni parziali e distorte. Alla luce di un rinnovato patto educativo, la cooperazione tra tutti i responsabili – a livello locale, nazionale e internazionale – non si può esaurire soltanto nella condivisione di idee e nel proficuo scambio di buone pratiche, ma si offre come un importante mezzo di formazione permanente degli educatori stessi. 

Conclusione

     52. In conclusione, la via del dialogo – che ascolta, ragiona e propone – appare come il percorso più efficace per una trasformazione positiva delle inquietudini e delle incomprensioni in una risorsa per lo sviluppo di un ambiente relazionale più aperto e umano. Al contrario, l’approccio ideologizzato alle delicate questioni del genere, pur dichiarando il rispetto delle diversità, rischia di considerare le differenze stesse in modo statico, lasciandole isolate e impermeabili l’una dall’altra.

     53. La proposta educativa cristiana arricchisce il dialogo in ragione della finalità di «favorire la realizzazione dell’uomo attraverso lo sviluppo di tutto il suo essere, spirito incarnato, e dei doni di natura e di grazia di cui è arricchito da Dio».[64] Ciò esige un sentito e accogliente avvicinamento all’altro da intendersi come antidoto naturale alla «cultura dello scarto» e dell’isolamento. Si promuove, in questo modo, la «dignità originaria di ogni uomo e donna, insopprimibile, indisponibile a qualsiasi potere o ideologia».[65]

     54. Al di là di ogni riduzionismo ideologico o relativismo omologante, le educatrici e gli educatori cattolici – nella corrispondenza all’identità ricevuta dall’ispirazione evangelica – sono chiamati a trasformare positivamente le sfide attuali in opportunità, percorrendo i sentieri dell’ascolto, della ragione e della proposta cristiana, nonché testimoniando con le modalità della propria presenza la coerenza tra le parole e la vita.[66] I formatori hanno l’affascinante missione educativa di «insegnare un percorso sulle diverse espressioni dell’amore, sulla cura reciproca, sulla tenerezza rispettosa, sulla comunicazione ricca di senso. Tutto questo, infatti, prepara a un dono di sé integro e generoso che si esprimerà, dopo un impegno pubblico, nell’offerta dei corpi. L’unione sessuale nel matrimonio apparirà così come segno di un impegno totalizzante, arricchito da tutto il cammino precedente».[67]

     55. Non contraddice questa cultura del dialogo anche la legittima aspirazione delle scuole cattoliche a mantenere la propria visione della sessualità umana in funzione della libertà delle famiglie di poter basare l’educazione dei propri figli su un’antropologia integrale, capace di armonizzare tutte le dimensioni che ne costituiscono l’identità fisica, psichica e spirituale. Uno stato democratico non può infatti ridurre la proposta educativa a un pensiero unico specialmente in una materia così delicata che tocca la visione fondamentale della natura umana e il diritto naturale da parte dei genitori a una libera scelta educativa, sempre secondo la dignità della persona umana. Ogni istituzione scolastica deve, quindi, dotarsi di strumenti organizzativi e programmi didattici che rendano reale e concreto questo diritto dei genitori. In tal modo, la proposta pedagogica cristiana si concretizza come una solida risposta alle antropologie della frammentazione e del provvisorio.

     56. I centri educativi cattolici, nell’offrire programmi di formazione affettiva e sessuale, devono tenere in considerazione le differenti età degli alunni, nonché dare aiuto nel pieno rispetto per ogni persona. Ciò si può realizzare attraverso un percorso di accompagnamento discreto e riservato, con cui si va incontro anche a chi si trova a vivere una situazione complessa e dolorosa. La scuola deve, quindi, proporsi come un ambiente di fiducia, aperto e sereno specialmente in quei casi che necessitano tempo e discernimento. È importante creare le condizioni per un ascolto paziente e comprensivo, lungi da ingiuste discriminazioni.

     57. Ben consapevole della sollecitudine educativa nonché della fatica quotidiana profuse dalle persone impegnate nella scuola e nei variegati contesti dell’attività pedagogica formale e informale, la Congre1

gazione per l’educazione cattolica incoraggia a proseguire nella missione formativa delle nuove generazioni, specialmente di chi soffre la povertà nelle sue varie espressioni e ha bisogno dell’amore di educatori ed educatrici, in modo che «i giovani non siano solo amati, ma conoscano anche d’essere amati» (san Giovanni Bosco). Questo dicastero esprime, altresì, viva gratitudine e – con le parole di papa Francesco – incoraggia «gli insegnanti cristiani, sia che operino in scuole cattoliche sia in scuole statali, (…) a stimolare negli alunni l’apertura all’altro come volto, come persona, come fratello e sorella da conoscere e rispettare, con la sua storia, i suoi pregi e difetti, ricchezze e limiti. La scommessa è quella di cooperare a formare ragazzi aperti e interessati alla realtà che li circonda, capaci di cura e di tenerezza».[68]

     Città del Vaticano, 2 febbraio 2019, Festa della presentazione del Signore.

Giuseppe card. Versaldi,

prefetto

@ Angelo Vincenzo Zani,

segretario

 

[1]Benedetto XVI, Discorso ai membri del corpo diplomatico accreditati presso la Santa Sede, 10.1.2011; Regno-doc. 3,2011,68.

[2] Francesco, esort. ap. postsinodale Amoris laetitia sull’amore nella famiglia, 19.3.2016, n. 56; Regno-doc. 5,2016,141.

[3] Cf. Giovanni Paolo II, esort. ap. Familiaris consortio circa i compiti della famiglia cristiana nel mondo di oggi, 22.11.1981, n. 6; EV 7/1545; cf. Id., lettera alle famiglie Gratissimam sane, 2.2.1994, n. 16; EV 14/259; Discorso all’udienza generale «Pedagogia del corpo, ordine morale, manifestazioni affettive», 8.4.1981, in Insegnamenti IV/1(1981), 903-908.

[4] Concilio Vaticano II, dich. Gravissimum educationis sull’educazione cristiana, 28.10.1965, n. 1; EV 1/822.

[5] Congregazione per l’educazione cattolica, Orientamenti educativi sull’amore umano. Lineamenti di educazione sessuale, 1.11.1983; EV 9/417ss.

[6] Congregazione per la dottrina della fede, dich. Persona humana circa alcune questioni di etica sessuale, 29.12.1975, n. 1; EV 5/1717.

[7] Congregazione per l’educazione cattolica, Orientamenti educativi sull’amore umano, n. 4; EV 9/422.

[8]Ivi, n. 35; EV 9/453.

[9] Cf. ivi, nn. 21-47, dov’è esposta la concezione cristiana della sessualità; EV 9/439-465.

[10] Vaticano II, cost. past. Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, 7.12.1965, n. 11; EV 1/1352.

[11] Francesco, Amoris laetitia, n. 56; Regno-doc. 5,2016,141.

[12]Ivi.

[13] Cf. Francesco, Discorso ai partecipanti all’Assemblea generale dei membri della Pontificia accademia per la vita, 5.10.2017.

[14] Congregazione per la dottrina della fede, lettera Esperta in umanità ai vescovi della Chiesa cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, 31.5.2004, n. 13; EV 22/2817s.

[15] Giovanni Paolo II, Lettera alle donne, 29.6.1995, n. 9; EV 14/2919.

[16] Congregazione per la dottrina della fede, Lettera sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, n. 13; EV 22/2818.

[17] Giovanni Paolo II, Lettera alle donne, n. 9; EV 14/2919.

[18] Francesco, Discorso alla Pontificia accademia per la vita, n. 3.

[19] Francesco, Amoris laetitia, n. 34; Regno-doc. 5,2016,135.

[20]GS 14; EV 1/1363.

[21]Ivi.

[22] K. Wojtyła, Amore e responsabilità. Morale sessuale e vita interpersonale, Marietti, Genova 42008, 41.

[23] Cf. Giovanni Paolo II, lett. enc. Veritatis splendor circa alcune questioni fondamentali dell’insegnamento morale della Chiesa, 6.8.1993, n. 48; EV 13/2658s.

[24] Cf. Congregazione per la dottrina della fede, istr. Donum vitae sul rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione, 22.2.1987, n. 4; EV 10/1185ss.

[25] Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al VI Simposio europeo dei docenti universitari, 7.6.2008.

[26] Benedetto XVI, Discorso al Reichstag di Berlino, 22.9.2011; Regno-doc. 17,2011,516.

[27] Francesco, lett. enc. Laudato si’ sulla cura della casa comune, 24.5.2015, nn. 154-155; EV 31/734s.

[28] Giovanni Paolo II, Discorso all’udienza generale «Peda-gogia del corpo, ordine morale, manifestazioni affettive», 8.4.1981, in Insegnamenti IV/1(1981), 904.

[29] Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, n. 50; EV 13/2661.

[30] Cf. ivi.

[31] «L’uomo e la donna costituiscono due modi di realizzare, da parte della creatura umana, una determinata partecipazione dell’Essere divino: sono creati a “immagine e somiglianza di Dio” e attuano compiutamente tale vocazione non solo come persone singole, ma anche come coppia, quale comunità di amore. Orientati all’unione e alla fecondità, l’uomo e la donna sposati partecipano dell’amore creatore di Dio, vivendo la comunione con lui attraverso l’altro» (Congregazione per l’educazione cattolica, Orientamenti educativi sull’amore umano, n. 26; EV 9/444). Cf. anche Id., Educare al dialogo interculturale nella scuola cattolica. Vivere insieme per una civiltà dell’amore, 28.10.2013, nn. 35-36.

[32] Francesco, Amoris laetitia, n. 286; Regno-doc. 5,2016,189.

[33] Benedetto XVI, Discorso all’Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana, 27.5.2010.

[34] Benedetto XVI, Discorso alla curia romana, 21.12.2012; Regno-doc. 1,2013,8.

[35] Francesco, Amoris laetitia, n. 151; Regno-doc. 5,2016,159s.

[36] Francesco, Laudato si’, n. 155; EV 31/735.

[37]Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1643.

[38] Francesco, Discorso ai partecipanti al Colloquio internazionale sulla complementarietà tra uomo e donna, promosso dalla Congregazione per la dottrina della fede, 17.11.2014, n. 3.

[39]Codice di diritto canonico, can. 1136; cf. Codice dei canoni delle Chiese orientali, can. 627.

[40] Vaticano II, Gravissimum educationis, n. 3; EV 1/826.

[41] Francesco, Amoris laetitia, n. 280; Regno-doc. 5,2016,188.

[42] Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, n. 36; EV 7/1639.

[43] Francesco, Discorso alla delegazione dell’Ufficio internazionale cattolico dell’infanzia (BICE), 11.4.2014.

[44] Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, n. 37; EV 7/1643.

[45] Congregazione per l’educazione cattolica, La scuola cattolica alle soglie del terzo millennio, 28.12.1997, n. 9; EV 16/1850.

[46] Congregazione per l’educazione cattolica, Educare al dialogo interculturale nella scuola cattolica, n. 58.

[47] Congregazione per l’educazione cattolica, La scuola cattolica, 19.3.1977, n. 45; EV 6/103.

[48] Congregazione per l’educazione cattolica, Il laico cattolico testimone della fede nella scuola, 15.10.1982, n. 17; EV 8/315.

[49] Francesco, Amoris laetitia, n. 281; Regno-doc. 5,2016,188.

[50]Ivi.

[51] Francesco, Discorso ai partecipanti al Colloquio internazionale sulla complementarietà tra uomo e donna, n. 2.

[52] Cf. Francesco, Amoris laetitia, n. 84; Regno-doc. 5,2016,147.

[53] Vaticano II, Gravissimum educationis, n. 1; EV 1/823.

[54] Giovanni Paolo II, Gratissimam sane, n. 16; EV 14/266; cf. Pontificio consiglio per la famiglia, Sessualità umana: verità e significato. Orientamenti educativi in famiglia, 8.12.1995, n. 23; EV 14/3379.

[55] Cf. Congregazione per l’educazione cattolica, Orientamenti educativi sull’amore umano, n. 79; EV 9/497.

[56] Cf. Congregazione per l’educazione cattolica, Educare insieme nella scuola cattolica. Missione condivisa di persone consacrate e fedeli laici, 8.9.2007, nn. 34-37; EV 24/1265-1268.

[57] Congregazione per l’educazione cattolica, Educare oggi e domani. Una passione che si rinnova, Città del Vaticano 2014, c. II, n. 7.

[58] Paolo VI, esort. ap. Evangelii nuntiandi sull’evangelizzazione nel mondo contemporaneo, 8.12.1975, n. 41; EV 5/1634.

[59] Congregazione per l’educazione cattolica, Orienta-menti educativi sull’amore umano, n. 80; EV 9/498.

[60] Vaticano II, Gravissimum educationis, n. 1; EV 1/823.

[61] Congregazione per l’educazione cattolica, Orienta-menti educativi sull’amore umano, n. 81; EV 9/499.

[62]Ivi, n. 83; EV 9/501.

[63]Ivi, n. 22; EV 9/440.

[64] Congregazione per l’educazione cattolica, Orienta-menti educativi sull’amore umano, n. 21; EV 9/439.

[65] Francesco, Discorso alla delegazione dell’Istituto «Digni-tatis humanae», 7.12.2013.

[66] Cf. Congregazione per l’educazione cattolica, Educare al dialogo interculturale nella scuola cattolica, conclusione.

[67] Francesco, Amoris laetitia, n. 283; Regno-doc. 5,2016,188.

[68] Francesco, Discorso all’Associazione italiana maestri cattolici, 5.1.2018.

Tipo Documento
Tema Santa Sede
Area EUROPA
Nazioni

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