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Documenti, 17/2019, 01/10/2019, pag. 513

Africa: riconciliazione e sviluppo

Viaggio apostolico in Mozambico, Madagascar e Maurizio (4-10 settembre 2019)

Francesco

Il 31° viaggio apostolico di Francesco si è svolto dal 4 al 10 settembre e ha riguardato tre stati dell’Africa sud-orientale che da trent’anni non vedevano un papa: Mozambico, Madagascar e Maurizio. I temi centrali della visita sono stati quelli della riconciliazione nazionale, soprattutto in un paese come il Mozambico che è stato a lungo piagato dalla guerra civile e tra pochi giorni andrà al voto; della lotta alla povertà, in terre ricche di risorse ma con un’enorme quantità di popolazione al di sotto del livello di povertà; della necessità di uno sviluppo che non escluda nessuno e sia rispettoso dell’ambiente; della possibilità di una convivenza pacifica tra le diverse religioni e culture, come dimostra la storia dei tre paesi.

«Se prendiamo parte a un processo in cui rispettiamo le priorità e gli stili di vita originari e in cui le aspettative dei cittadini sono onorate, faremo in modo che l’aiuto fornito dalla comunità internazionale non sia l’unica garanzia dello sviluppo del paese; sarà il popolo stesso che progressivamente si farà carico di sé, diventando l’artefice del proprio destino» (in Madagascar).

Stampa (10.9.2019) da sito web www.vatican.va. Titolazione redazionale. Cf. Regno-att. 16,2019,451.

Riconciliazione!
Incontro interreligioso con i giovani

     Tante grazie per le vostre parole di benvenuto! E grazie anche per tutte e ognuna delle rappresentazioni artistiche che avete realizzato. Molte grazie, grazie! Sedetevi, mettetevi comodi.

     Mi avete ringraziato perché ho riservato del tempo per stare con voi. Cosa può esserci di più importante per un pastore che stare con la sua gente? Cosa c’è di più importante per un pastore che incontrarsi con i suoi giovani? Voi siete importanti! Avete bisogno di saperlo, avete bisogno di crederci: voi siete importanti! Però con umiltà. Perché non siete solo il futuro del Mozambico, o della Chiesa e dell’umanità; voi siete il presente, siete il presente del Mozambico, con tutto ciò che siete e fate, state già contribuendo al presente con il meglio che oggi potete dare. Senza il vostro entusiasmo, le vostre canzoni, la vostra gioia di vivere, che sarebbe di questa terra? Senza i giovani, cosa sarebbe di questa terra? Vedervi cantare, sorridere, ballare, in mezzo a tutte le difficoltà che attraversate – come giustamente ci raccontavi tu – è il miglior segno del fatto che voi giovani siete la gioia di questa terra, la gioia di oggi, di oggi. La speranza del domani.

     La gioia di vivere è una delle vostre principali caratteristiche, la caratteristica dei giovani, la gioia di vivere, come si può sentire qui! Gioia condivisa e celebrata, che riconcilia, e diventa il miglior antidoto per smentire tutti quelli che vi vogliono dividere – attenzione: che vi vogliono dividere! –, che vi vogliono frammentare, che vi vogliono contrapporre. Come si sente, in alcune regioni del mondo, la mancanza della vostra gioia di vivere! Come si sente, in alcune regioni del mondo, la gioia di essere uniti, di vivere insieme, diverse confessioni religiose, ma figli della stessa terra, uniti.

     Alle diverse confessioni religiose, grazie di essere qui. Grazie perché vi incoraggiate a vivere la sfida della pace e a celebrarla oggi insieme come famiglia, compresi coloro che, pur non appar-tenendo ad alcuna tradizione religiosa, sono venuti per partecipare... Così sperimentate che tutti siamo necessari: con le nostre differenze, ma necessari. Le nostre differenze sono necessarie. Insieme, come vi trovate adesso, voi siete il palpito di questo popolo, dove ognuno svolge un ruolo fondamentale, in un unico progetto creativo, per scrivere una nuova pagina di storia, una pagina piena di speranza, piena di pace, piena di riconciliazione. Vi chiedo: volete scrivere questa pagina? [Rispondono: Sì!] Quando sono entrato, avete cantato «riconciliazione». Volete ripeterlo? [Tutti: Riconciliazione! Riconciliazione! Riconciliazione!] Grazie!

     Mi avete fatto due domande, ma penso che siano collegate. Una era: come fare perché i sogni dei giovani diventino realtà? E l’altra: come fare perché i giovani si coinvolgano nei problemi che affliggono il paese? Voi oggi ci avete indicato la strada, e ci avete insegnato come rispondere a queste domande.

     L’avete detto con l’arte, con la musica, con la ricchezza culturale di cui hai parlato con tanto orgoglio…, avete espresso una parte dei vostri sogni e delle vostre realtà; in ognuna di quelle espressioni si presentano modi diversi di affacciarvi sul mondo e guardare l’orizzonte: sempre con occhi colmi di speranza, pieni di futuro e pieni di desideri. Voi, giovani, camminate con due piedi come gli adulti, nello stesso modo; ma a differenza degli adulti, che li tengono paralleli, ne avete sempre uno davanti all’altro, pronti a partire, a scattare. Avete tanta forza, siete capaci di guardare con tanta speranza! Siete una promessa di vita, che porta in sé una tenacia (cf. esort. ap. postsin. Christus vivit, n. 139), che non dovete perdere né lasciarvi rubare.

Che non vi rubino la gioia

     Come realizzare i sogni, come contribuire a risolvere i problemi del paese? Mi piacerebbe dirvi: non lasciate che vi rubino la gioia! Non smettete di cantare e di esprimervi secondo tutto il bene che avete imparato dalle vostre tradizioni. Che non vi rubino la gioia! Come vi ho detto, ci sono molti modi di guardare l’orizzonte, il mondo, di guardare il presente e il futuro, ci sono molti modi. Ma bisogna stare attenti a due atteggiamenti che uccidono i sogni e la speranza. Quali sono? La rassegnazione e l’ansia. Due atteggiamenti che uccidono i sogni e la speranza. Sono grandi nemiche della vita, perché di solito ci spingono su un percorso facile ma di sconfitta; e il pedaggio che chiedono per passare è molto caro! È molto caro. Si paga con la propria felicità e persino con la propria vita.

     Rassegnazione e ansia: due atteggiamenti che rubano la speranza. Quante promesse vuote di felicità, che finiscono per mutilare delle vite! Sicuramente sapete di amici, conoscenti – o potrebbe essere capitato a voi –, che in momenti difficili, dolorosi, quando tutto sembra caderti addosso, restano schiacciati dalla rassegnazione. Bisogna stare molto attenti, perché questo atteggiamento «fa prendere la strada sbagliata. Quando tutto sembra fermo e stagnante, quando i problemi personali ci inquietano, i disagi sociali non trovano le dovute risposte, non è buono darsi per vinti» (ivi, n. 141; Regno-doc. 9,2019,275). Non è buono darsi per vinti! Ripetete: non è buono darsi per vinti. [Tutti: Non è buono darsi per vinti!]

     So che alla maggior parte di voi piace molto il calcio. È vero? Ricordo un grande giocatore di queste terre che ha imparato a non rassegnarsi: Eusebio da Silva, la «pantera nera». Iniziò la sua vita sportiva nella squadra di questa città. Le gravi difficoltà economiche della sua famiglia e la morte prematura di suo padre non impedirono i suoi sogni; la sua passione per il calcio lo ha fatto perseverare, sognare e andare avanti... arrivando a segnare 77 reti per questo club di Maxaquene! Non mancavano i motivi per rassegnarsi... e lui non si rassegnò.

     Il suo sogno e la sua voglia di giocare lo han-no spinto avanti, ma è stato altrettanto importante trovare con chi giocare. Sapete bene che in una squadra non sono tutti uguali, non fanno tutti le stesse cose né pensano tutti allo stesso modo. No. Ogni giocatore ha le sue caratteristiche, come possiamo scoprire e godere in questo incontro: veniamo da tradizioni diverse e possiamo persino parlare lingue diverse, ma questo non ci ha impedito di incontrarci. Già molto si è sofferto e si continua a soffrire, perché alcuni si credono in diritto di decidere chi può «giocare» – no! – e chi invece deve restare «fuori dal campo» – è un diritto ingiusto! –, alcuni che passano la vita a creare divisione e contrapposizione, e a fare la guerra.

     Oggi voi, cari amici, siete un esempio, siete una testimonianza di come dobbiamo agire. Testimoni di unità, di riconciliazione, di speranza. Come una squadra di calcio. Come impegnarsi per il paese? Proprio come state facendo ora, restando uniti, al di là di qualsiasi cosa vi possa differenziare, cercando sempre l’opportunità per realizzare i sogni di un paese migliore, ma... insieme. Insieme. Com’è importante non dimenticare che l’inimicizia sociale distrugge. Insieme! [Tutti: L’inimicizia sociale distrugge!] E una famiglia si distrugge per l’inimicizia. Un paese si distrugge per l’inimicizia. Insieme! [Tutti: L’inimicizia sociale distrugge!] Il mondo si distrugge per l’inimicizia. E l’inimicizia più grande è la guerra. Perché sono incapaci di sedersi e parlare. Siate capaci di creare l’amicizia sociale.

     Ricordo il proverbio che dice: «Se vuoi arrivare alla svelta, cammina da solo; se vuoi arrivare lontano, vai in compagnia». Lo ripetiamo. [Tutti: Se vuoi arrivare alla svelta, cammina da solo; se vuoi arrivare lontano, vai in compagnia] Si tratta sempre di sognare insieme, come state facendo oggi. Sognate con gli altri, mai contro gli altri; sognate come avete sognato e preparato questo incontro: tutti uniti e senza barriere. Questo fa parte della «nuova pagina della storia» del Mozambico.

Vincere la rassegnazione e l’ansia

     Giocare insieme ci insegna che non solo la rassegnazione è nemica dei sogni, ma anche l’an-sia. Rassegnazione e ansia. L’ansia: questa «può diventare una grande nemica quando ci porta ad arrenderci perché scopriamo che i risultati non sono immediati. I sogni più belli si conquistano con speranza, pazienza e impegno rinunciando alla fretta. Nello stesso tempo, non bisogna bloccarsi per insicurezza, non bisogna avere paura di rischiare e di commettere errori» (ivi, n. 142; Regno-doc. 9,2019,275), è normale. Le cose più belle maturano col tempo e, se qualcosa non ti è andato bene la prima volta, non aver paura di riprovare ancora e ancora e ancora. Non aver paura di sbagliare! Possiamo sbagliare mille volte, ma non cadiamo nell’errore di fermarci perché qualcosa non è andato bene la prima volta. L’errore peggiore sarebbe quello di abbandonare, a causa dell’ansia, abbandonare i sogni e la voglia di un paese migliore.

     Ad esempio, avete davanti agli occhi la bella testimonianza offerta da Maria Mutola, che ha imparato a perseverare, a continuare a provare, nonostante restasse incompiuto il suo desiderio di ottenere la medaglia d’oro nei primi tre Giochi olimpici a cui ha partecipato; successivamente, al quarto tentativo, questa atleta degli 800 metri ha ottenuto la sua medaglia d’oro alle Olimpiadi di Sydney. Tentare, tentare. L’ansia non l’ha portata a chiudersi in sé stessa; i suoi nove titoli mondiali non le hanno fatto dimenticare il suo popolo, le sue radici, ma ha continuato a prendersi cura dei bambini bisognosi del Mozambico. Come lo sport ci insegna a perseverare nei nostri sogni!

     Vorrei aggiungere un altro elemento importante. No all’ansia, no alla rassegnazione, e ora un altro elemento importante: non escludete i vostri anziani.

     Anche i vostri anziani possono aiutare affinché i vostri sogni e le vostre aspirazioni non inaridiscano, non siano spazzati via dal primo vento di difficoltà o di impotenza. Gli anziani sono le nostre radici. Lo diciamo? [Tutti: Gli anziani sono le nostre radici. Gli anziani sono le nostre radici]

     Le generazioni precedenti hanno molto da dirvi, da proporvi. È vero che a volte noi, gli anziani, lo facciamo in modo autoritario, come ammonimento, incutendo paura. È vero, a volte mettiamo paura oppure abbiamo la pretesa che voi facciate, parliate e viviate proprio come noi. È sbagliato. Voi invece dovrete fare la vostra sintesi, ma ascoltando, valorizzando quelli che vi hanno preceduto. Non avete fatto così con la vostra musica? Al ritmo tradizionale del Mozambico, la «marrabenta», ne avete mescolati altri moderni e così è nato il «pandza». Quello che avete ascoltato, che avete visto cantare e ballare dai vostri genitori e dai vostri nonni, lo avete assunto come proprio. Questa è la strada che vi propongo: una «strada, fatta di libertà, di entusiasmo, di creatività, di orizzonti nuovi, ma coltivando nello stesso tempo le radici che alimentano e sostengono» (ivi, n. 184; Regno-doc. 9,2019,282). Gli anziani sono le nostre radici. [Tutti: Gli anziani sono le nostre radici]

     Tutti questi sono piccoli elementi che vi possono dare il supporto di cui avete bisogno per non chiudervi nei momenti di difficoltà, ma aprirvi una breccia di speranza; una breccia che vi aiuterà a mettere in campo la vostra creatività e a trovare nuove strade e nuovi spazi per rispondere ai problemi con il gusto della solidarietà.

Nati sotto il segno della pace

     Molti di voi sono nati sotto il segno della pace, una pace travagliata che ha attraversato momenti diversi: alcuni più sereni e altri di prova. La pace è un processo che anche voi siete chiamati a portare avanti, stendendo sempre le vostre mani soprattutto a coloro che passano momenti difficili. Grande è il potere della mano tesa e dell’amicizia tradotta in gesti concreti! Penso alla sofferenza di quei giovani carichi di sogni che sono venuti a cercare lavoro in città, e oggi si trovano senza casa, senza famiglia e senza una mano ami-
ca. Com’è importante imparare a essere una mano amica e tesa! Questo gesto, il gesto della mano tesa. Tutti insieme! Il gesto della mano tesa. [Tutti: Il gesto della mano tesa]. Grazie. Cercate di crescere nell’amicizia anche con coloro che la pensano diversamente, in modo che la solidarietà cresca tra di voi e diventi l’arma migliore per trasformare la storia. La solidarietà è la migliore arma per trasformare la storia.

     Una mano tesa, che ci ricorda anche la necessità di impegnarci nella cura della nostra Casa comune. Indubbiamente siete stati benedetti con stupende bellezze naturali: foreste e fiumi, vallate e montagne e tante belle spiagge.

     Purtroppo qualche mese fa avete subito la furia di due cicloni, avete visto le conseguenze dello sfacelo ecologico in cui viviamo. In molti, compresi tanti giovani, hanno già abbracciato la sfida improrogabile di proteggere la nostra casa. Abbiamo una sfida: proteggere la nostra casa comune.

     Consentitemi di lasciarvi un ultimo pensie-
ro: Dio vi ama; e su questa affermazione sono d’accordo tutte le tradizioni religiose. «Per lui tu sei realmente prezioso, non sei insignificante, sei importante per lui, perché sei opera delle sue mani. Perché ti ama. Cerca di rimanere un momento in silenzio lasciandoti amare da lui. Cerca di mettere a tacere tutte le voci e le grida interiori e rimani un momento nel suo abbraccio d’amore» (Christus vivit, n. 115; Regno-doc. 9,2019,272). Facciamolo insieme ora [Rimangono un momento in silenzio].

     «È l’amore del Signore, che sa più di risalite che di cadute, di riconciliazione che di proibizione, di dare nuova opportunità che di condannare, di futuro che di passato» (ivi, n. 116; Regno-doc. 9,2019,272).

     So che voi credete in questo amore che rende possibile la riconciliazione.

     Grazie! E, per favore, non dimenticatevi di pregare per me.

     Dio vi benedica.

 

     Maputo, Pavillon Maxaquene, 5 settembre 2019.

Diritto alla pace
Messa nello Stadio Zimpeto

Cari fratelli e sorelle!

     Abbiamo ascoltato nel Vangelo di Luca un brano del cosiddetto «discorso della pianura». Gesù, dopo aver scelto i suoi discepoli e aver proclamato le Beatitudini, aggiunge: «A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici» (Lc 6,27). Una parola rivolta oggi anche a noi, che lo ascoltiamo in questo stadio.

     E lo dice con chiarezza, semplicità e fermezza, tracciando un sentiero, una via stretta che richiede alcune virtù. Perché Gesù non è un idealista, che ignora la realtà; sta parlando del nemico concreto, del nemico reale, che aveva appena descritto nella Beatitudine precedente (6,22): colui che ci odia, ci mette al bando, ci insulta e disprezza il nostro nome come infame.

     Molti di voi possono ancora raccontare in prima persona storie di violenza, odio e discordie; alcuni, nella loro stessa carne; altri, di qualche conoscente che non c’è più; e altri ancora per paura che le ferite del passato si ripetano e cerchino di cancellare il cammino di pace già percorso, come a Cabo Delgado.

     Gesù non ci invita a un amore astratto, etereo o teorico, redatto su scrivanie per dei discorsi. La via che ci propone è quella che lui stesso ha percorso per primo, la via che gli ha fatto amare quelli che lo tradivano, lo giudicavano ingiustamente, quelli che lo avrebbero ucciso.

     È difficile parlare di riconciliazione quando sono ancora aperte le ferite procurate da tanti anni di discordia, oppure invitare a fare un passo di perdono che non significhi ignorare la sofferenza né chiedere che si cancelli la memoria o gli ideali (cf. esort. ap. Evangelii gaudium, n. 100). Nonostante ciò, Gesù invita ad amare e a fare il bene. E questo è molto di più che ignorare la persona che ci ha danneggiato o fare in modo che le nostre vite non s’incrocino: è un mandato che mira a una benevolenza attiva, disinteressata e straordinaria verso coloro che ci hanno ferito. Gesù, però, non si ferma qui; ci chiede anche di benedirli e di pregare per loro, che cioè il nostro parlare di loro sia un dire-bene, generatore di vita e non di morte, che pronunciamo i loro nomi non per insulto o vendetta, ma per inaugurare un nuovo rapporto che conduca alla pace. Alta è la misura che il Maestro ci propone!

     Con tale invito Gesù, lungi dall’essere un ostinato masochista, vuole chiudere per sempre la pratica tanto comune – ieri come oggi – di essere cristiani e vivere secondo la legge del taglione. Non si può pensare il futuro, costruire una nazione, una società basata sull’«equità» della violenza. Non posso seguire Gesù se l’ordine che promuovo e vivo è questo: «occhio per occhio, dente per dente».

     Nessuna famiglia, nessun gruppo di vicini, nessuna etnia e tanto meno un paese ha futuro, se il motore che li unisce, li raduna e copre le differenze è la vendetta e l’odio. Non possiamo metterci d’accordo e unirci per vendicarci, per fare a chi è stato violento la stessa cosa che lui ha fatto a noi, per pianificare occasioni di ritorsione sotto forme apparentemente legali. «Le armi e la repressione violenta, invece di apportare soluzioni, creano nuovi e peggiori conflitti» (ivi, n. 60; EV 29/2166). L’«equità» della violenza è sempre una spirale senza uscita, e il suo costo molto elevato. C’è un’altra strada possibile, perché è fondamentale non dimenticare che i nostri popoli hanno diritto alla pace. Voi avete diritto alla pace.

     Per rendere il suo invito più concreto e applicabile nel quotidiano, Gesù propone una prima regola d’oro alla portata di tutti – «come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro» (Lc 6,31) – e ci aiuta a scoprire quello che è più importante in questa reciprocità di comportamento: amarci, aiutarci e prestare senza aspettare nulla in cambio.

Un altro stile di vita

     «Amarci», ci dice Gesù. E Paolo lo traduce come «rivestirci di sentimenti di misericordia e di bontà» (cf. Col 3,12). Il mondo ignorava – e continua a non conoscere – la virtù della misericordia, della compassione, uccidendo o abbandonando persone disabili e anziane, eliminando feriti e infermi, e divertendosi con le sofferenze inflitte agli animali. Allo stesso modo non praticava la bontà, la gentilezza, che ci spinge ad avere a cuore il bene del prossimo tanto quanto il proprio.

     Superare i tempi di divisione e violenza implica non solo un atto di riconciliazione o la pace intesa come assenza di conflitto, implica l’impegno quotidiano di ognuno di noi ad avere uno sguardo attento e attivo che ci porta a trattare gli altri con quella misericordia e bontà con cui vogliamo essere trattati; misericordia e bontà soprattutto verso coloro che, per la loro condizione, vengono facilmente respinti ed esclusi. Si tratta di un atteggiamento non da deboli, ma da forti, un atteggiamento da uomini e donne che scoprono che non è necessario maltrattare, denigrare o schiacciare per sentirsi importanti; anzi, al contrario. E quest’atteggiamento è la forza profetica che lo stesso Gesù Cristo ci ha insegnato volendosi identificare con loro (cf. Mt 25,35-45) e mostrandoci che la via giusta è il servizio.

     Il Mozambico possiede un territorio pieno di ricchezze naturali e culturali, ma paradossalmente con un’enorme quantità di popolazione al di sotto del livello di povertà. E a volte sembra che coloro che si avvicinano con il presunto desiderio di aiutare abbiano altri interessi. Ed è triste quando ciò accade tra fratelli della stessa terra, che si lasciano corrompere; è molto pericoloso accettare che la corruzione sia il prezzo che dobbiamo pagare per gli aiuti esterni.

     «Tra voi non sarà così» (Mt 20,26; cf. vv. 26-28). Con le sue parole Gesù ci spinge a essere protagonisti di un altro stile di vita, quello del suo Regno: qui e ora, semi di gioia e speranza, pace e riconciliazione. Ciò che lo Spirito viene a infondere non è un attivismo travolgente, ma innanzitutto un’attenzione rivolta all’altro, riconoscendolo e apprezzandolo come fratello fino a sentire la sua vita e il suo dolore come la nostra vita e il nostro dolore. Questo è il miglior termometro per scoprire le ideologie di ogni genere che cercano di manipolare i poveri e le situazioni di ingiustizia al servizio d’interessi politici o personali (cf. esort. ap. Evangelii gaudium, n. 199). Solo così potremo essere, dovunque ci troveremo, semi e strumenti di pace e riconciliazione.

     Vogliamo che la pace regni nei nostri cuori e nel palpito del nostro popolo. Vogliamo un futuro di pace. Vogliamo che «la pace di Cristo regni nei vostri cuori» (Col 3,15), come appunto diceva la Lettera di san Paolo. Egli usa un verbo che viene dal mondo dello sport e si riferisce all’arbitro che decide sulle cose discutibili: «possa la pace di Cristo essere l’arbitro nei vostri cuori». Se la pace di Cristo è l’arbitro nei nostri cuori, allora quando i sentimenti sono in conflitto e ci troviamo indecisi tra due sensi opposti, «facciamo il gioco» di Cristo: la decisione di Cristo ci manterrà nella via dell’amore, nel sentiero della misericordia, nella scelta per i più poveri, nella difesa della natura. Nella via della pace. Se Gesù sarà l’arbitro tra le emozioni contrastanti del nostro cuore, tra le complesse decisioni del nostro paese, allora il Mozambico ha assicurato un futuro di speranza; allora il vostro paese potrà cantare a Dio, con gratitudine e di tutto cuore, salmi, inni e canti ispirati (cf. Col 3,16).

 

     Maputo, Stadio Zimpeto, 6 settembre 2019.

L’anima
del Madagascar
Con le autorità e la società civile

Signor presidente, signor primo ministro, signore e signori membri del governo e del corpo diplomatico, distinte autorità, rappresentanti delle diverse confessioni religiose e della società civile, signore e signori!

     Saluto cordialmente il presidente della Repubblica del Madagascar e lo ringrazio per il suo gentile invito a visitare questo paese, come pure per le parole di benvenuto che mi ha rivolto. Lei, signor presidente, ha parlato con passione, ha parlato con amore per il suo popolo. La ringrazio per la sua testimonianza di patriota. Saluto anche il primo ministro, i membri del governo, del corpo diplomatico e i rappresentanti della società civile. E rivolgo un saluto fraterno ai vescovi, ai membri della Chiesa cattolica, ai rappresentanti di altre confessioni cristiane e di diverse religioni. Grazie a tutte le persone e le istituzioni che hanno reso possibile questo viaggio, in particolare al popolo malgascio che ci accoglie con grande ospitalità.

     Nel preambolo della Costituzione della vostra Repubblica avete voluto sigillare uno dei valori fondamentali della cultura malgascia: il fihavanana, che evoca lo spirito di condivisione, aiuto reciproco e solidarietà. Include anche l’importanza dei legami familiari, dell’amicizia e della benevolenza tra gli uomini e verso la natura. Così si rivelano «l’anima» del vostro popolo e quei tratti peculiari che lo contraddistinguono, lo costituiscono e gli permettono di resistere con coraggio e abnegazione alle molteplici avversità e difficoltà che deve affrontare quotidianamente. Se dobbiamo riconoscere, valorizzare e apprezzare questa terra benedetta per la sua bellezza e la sua inestimabile ricchezza naturale, non è meno importante farlo anche per quest’«anima» che vi dà la forza di rimanere impegnati con l’aina (vale a dire con la vita), come ha ben ricordato padre Antonio di Padova Rahajarizafy sj.

     Dopo che la vostra nazione ha riguadagnato la sua indipendenza, essa aspira alla stabilità e alla pace, attuando un’alternanza democratica positiva che attesta il rispetto della complementarità degli stili e dei progetti. E questo dimostra che «la politica è un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo» (Messaggio per la 52ª Giornata mondiale della pace, 1.1.2019), quando è vissuta come servizio alla collettività umana. È chiaro, quindi, che la funzione e la responsabilità politica costituiscono una sfida continua per coloro che hanno la missione di servire e proteggere i propri concittadini, in particolare i più vulnerabili, e di favorire le condizioni per uno sviluppo dignitoso e giusto, coinvolgendo tutti gli attori della società civile. Perché, come ricordava san Paolo VI, lo sviluppo di una nazione «non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere autentico sviluppo, deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo» (Populorum progressio, n. 14; EV 2/1059).

Diventate artefici del vostro destino

     In questa prospettiva vi incoraggio a lottare con forza e determinazione contro tutte le forme endemiche di corruzione e di speculazione che accrescono la disparità sociale e ad affrontare le situazioni di grande precarietà e di esclusione che generano sempre condizioni di povertà disumana. Da qui la necessità d’introdurre tutte le mediazioni strutturali che possano assicurare una migliore distribuzione del reddito e una promozione integrale di tutti gli abitanti, in particolare dei più poveri. Tale promozione non può limitarsi alla sola assistenza, ma chiede il riconoscimento di soggetti giuridici chiamati a partecipare pienamente alla costruzione del loro futuro (cf. esort. ap. Evangelii gaudium, nn. 204-205).

     Inoltre abbiamo imparato che non possiamo parlare di sviluppo integrale senza prestare attenzione alla nostra casa comune e prendercene cura. Non si tratta solo di trovare gli strumenti per preservare le risorse naturali, ma di cercare «soluzioni integrali, che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali. Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale» (Laudato si’, n. 139; EV 31/719).

     La vostra bella isola del Madagascar è ricca di biodiversità vegetale e animale, e questa ricchezza è particolarmente minacciata dalla deforestazione eccessiva a vantaggio di pochi; il suo degrado compromette il futuro del paese e della nostra casa comune. Come sapete, le foreste rimaste sono minacciate dagli incendi, dal bracconaggio, dal taglio incontrollato di legname prezioso. La biodiversità vegetale e animale è a rischio a causa del contrabbando e delle esportazioni illegali. È vero che, per le popolazioni interessate, molte di queste attività che danneggiano l’ambiente sono quelle che assicurano per il momento la loro sopravvivenza. È dunque importante creare occupazioni e attività generatrici di reddito che siano rispettose dell’ambiente e aiutino le persone a uscire dalla povertà. In altri termini non può esserci un vero approccio ecologico né una concreta azione di tutela dell’ambiente senza una giustizia sociale che garantisca il diritto alla destinazione comune dei beni della terra alle generazioni attuali, ma anche a quelle future.

     Su questa strada dobbiamo impegnarci tutti, compresa la comunità internazionale. Molti suoi rappresentanti sono presenti oggi. Bisogna riconoscere che l’aiuto fornito da queste organizzazioni internazionali allo sviluppo del paese è grande e che rende visibile l’apertura del Madagascar al mondo. Il rischio è che questa apertura diventi una presunta «cultura universale» che disprezza, seppellisce e sopprime il patrimonio culturale di ogni popolo. La globalizzazione economica, i cui limiti sono sempre più evidenti, non dovrebbe portare a un’omogeneizzazione culturale. Se prendiamo parte a un processo in cui rispettiamo le priorità e gli stili di vita originari e in cui le aspettative dei cittadini sono onorate, faremo in modo che l’aiuto fornito dalla comunità internazionale non sia l’unica garanzia dello sviluppo del paese; sarà il popolo stesso che progressivamente si farà carico di sé, diventando l’artefice del proprio destino.

     Ecco perché dobbiamo prestare un’attenzione e un rispetto particolari alla società civile locale, al popolo locale. Sostenendo le sue iniziative e le sue azioni, la voce di coloro che non hanno voce sarà resa più udibile, così come le varie armonie, anche contrastanti, di una comunità nazionale che cerca la propria unità. Vi invito a immaginare questo percorso nel quale nessuno è messo da parte, o va da solo o si perde.

     Come Chiesa, vogliamo imitare l’atteggiamento di dialogo della vostra connazionale, la beata Victoire Rasoamanarivo, che san Giovanni Paolo II beatificò nella sua visita di trent’anni fa. La sua testimonianza d’amore per la sua terra e le sue tradizioni, il servizio ai più poveri come segno della sua fede in Gesù Cristo ci mostrano la via che anche noi siamo chiamati a percorrere.

     Signor presidente, signore e signori, desidero riaffermare la volontà e la disponibilità della Chiesa cattolica in Madagascar di contribuire, in un dialogo permanente con i cristiani delle altre confessioni, con i membri delle altre religioni e con tutti gli attori della società civile, all’avvento di una vera fraternità che valorizzi sempre il fihavanana, promuovendo lo sviluppo umano integrale, affinché nessuno sia escluso.

     Con questa speranza, chiedo a Dio di benedire il Madagascar e coloro che vi abitano, di conservare la vostra bella isola pacifica e accogliente, e di renderla prospera e felice! Grazie.

 

     Antananarivo, Ceremony Building, 7 settembre 2019.

Arricchiti
dalle differenze
Con la società civile a Maurizio

Signor presidente, signor primo ministro, distinti membri del governo, distinti membri del corpo diplomatico, signore e signori, rappresentanti della società civile, rappresentanti delle diverse confessioni religiose, signore e signori,

     saluto cordialmente le autorità dello Stato di Maurizio e le ringrazio per l’invito a visitare la vostra Repubblica. Ringrazio il signor presidente e il signor primo ministro per le gentili parole che mi hanno appena rivolto, nonché per il loro benvenuto. Saluto i membri del governo, della società civile e del corpo diplomatico. Desidero anche salutare e ringraziare fraternamente per la loro presenza oggi i rappresentanti di altre confessioni cristiane e delle diverse religioni presenti sull’Isola Mauritius.

     Sono lieto, grazie a questa breve visita, di poter incontrare il vostro popolo, caratterizzato non solo da un volto multiforme sul piano culturale, etnico e religioso, ma soprattutto dalla bellezza che deriva dalla vostra capacità di riconoscere, rispettare e armonizzare le differenze in funzione di un progetto comune. Così è tutta la storia del vostro popolo, che è nato con l’arrivo di migranti venuti da diversi orizzonti e continenti, portando le loro tradizioni, la loro cultura e la loro religione, e che hanno imparato, a poco a poco, ad arricchirsi con le differenze degli altri e a trovare il modo di vivere insieme cercando di costruire una fraternità attenta al bene comune.

     In questo senso avete una voce autorevole – perché fattasi vita –, in grado di ricordare che è possibile raggiungere una pace stabile a partire dalla convinzione che «la diversità è bella quando accetta di entrare costantemente in un processo di riconciliazione, fino a sigillare una specie di patto culturale che faccia emergere una “diversità riconciliata”» (Evangelii gaudium, n. 230; EV 29/2336). Questa è base e opportunità per la costruzione di un’effettiva comunione all’interno della grande famiglia umana senza la necessità di emarginare, escludere o respingere.

     Il DNA del vostro popolo conserva la memoria di quei movimenti migratori che hanno portato i vostri antenati su questa isola, e che li hanno anche condotti ad aprirsi alle differenze per integrarle e promuoverle in vista del bene di tutti. Ecco perché vi incoraggio, nella fedeltà alle vostre radici, ad accettare la sfida dell’accoglienza e della protezione dei migranti che oggi vengono qui per trovare lavoro e, per molti di loro, migliori condizioni di vita per le loro famiglie. Abbiate a cuore di accoglierli come i vostri antenati hanno saputo accogliersi a vicenda, quali protagonisti e difensori di una vera cultura dell’incontro che consente ai migranti (e a tutti) di essere riconosciuti nella loro dignità e nei loro diritti.

     Nella storia recente del vostro popolo, merita apprezzamento la tradizione democratica instaurata a partire dall’indipendenza e che contribuisce a fare dell’Isola Mauritius un’oasi di pace. Auspico che questo stile di vita democratica possa essere coltivato e sviluppato, combattendo in particolare contro ogni forma di discriminazione. Poiché «la vita politica autentica, che si fonda sul diritto e su un dialogo leale tra i soggetti, si rinnova con la convinzione che ogni donna, ogni uomo e ogni generazione racchiudono in sé una promessa che può sprigionare nuove energie relazionali, intellettuali, culturali e spirituali» (Messaggio per la 52ª Giornata mondiale della pace, 1.1.2019; Regno-doc. 1,2019,3). Voi che siete impegnati nella vita politica della Repubblica di Maurizio, possiate essere un esempio per coloro che contano su di voi, specialmente per i giovani. Col vostro comportamento e la volontà di combattere tutte le forme di corruzione, possiate manifestare il valore dell’impegno al servizio del bene comune ed essere sempre degni della fiducia dei vostri connazionali.

Giustizia distributiva
e conversione ecologica

     Dalla sua indipendenza il vostro paese ha registrato un forte sviluppo economico, del quale senza dubbio dobbiamo rallegrarci, rimanendo al tempo stesso vigilanti. Nel contesto attuale spesso risulta che la crescita economica non vada sempre a vantaggio di tutti e che lasci da parte – per certe strategie della sua dinamica – un certo numero di persone, specialmente i giovani. Perciò vorrei incoraggiarvi a sviluppare una politica economica orientata alle persone e che sappia privilegiare una migliore distribuzione delle entrate, la creazione di opportunità di lavoro e una promozione integrale dei più poveri (cf. Evangelii gaudium, n. 204). Incoraggiarvi a non cedere alla tentazione di un modello economico idolatrico che ha bisogno di sacrificare vite umane sull’altare della speculazione e della mera redditività, che tiene conto solo del beneficio immediato a scapito della protezione dei più poveri, dell’ambiente e delle sue risorse.

     Si tratta di andare avanti con quell’atteggiamento costruttivo che, come ha scritto il card. Piat in occasione del 50° anniversario dell’indipendenza di Maurizio, spinge a incentivare una conversione ecologica integrale. Tale conversione mira non solo a evitare terribili fenomeni climatici o grandi disastri naturali, ma cerca anche di promuovere un cambiamento negli stili di vita in modo che la crescita economica possa davvero giovare a tutti, senza correre il rischio di provocare catastrofi ecologiche o gravi crisi sociali.

     Signore e signori, desidero esprimere apprezzamento per il modo in cui a Maurizio le diverse religioni, con le loro rispettive identità, collaborano insieme per contribuire alla pace sociale e per ricordare il valore trascendente della vita contro ogni tipo di riduzionismo. E ribadisco la disponibilità dei cattolici di Maurizio di continuare a partecipare a questo fruttuoso dialogo che ha segnato così fortemente la storia del vostro popolo. Grazie per la vostra testimonianza.

     Grazie ancora per la vostra calorosa accoglienza. Auspico di cuore che Dio benedica il vostro popolo e tutti gli sforzi che fate per favorire l’incontro tra culture, civiltà e tradizioni religiose diverse nella promozione di una società giusta, che non dimentica i suoi figli, specialmente quelli più bisognosi. Che il suo amore e la sua misericordia continuino ad accompagnarvi e proteggervi! Grazie tante per la vostra attenzione.

 

     Port Louis, Palazzo presidenziale, 9 settembre 2019.

 

Francesco

Tipo Documento
Tema Francesco Pastorale - Liturgia - Catechesi
Area AFRICA - MEDIO ORIENTE
Nazioni

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