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Moralia Blog

Dio e la dignità dell'uomo

Molti ritengono che attualmente la Germania sia il motore economico e politico dell'Unione Europea. Ho motivo di pensare che lo sia, di nuovo, anche nel campo della teologia morale cristiana, dopo l’allettante recente svolta verso gli anglosassoni.

Questa convinzione personale, che mi viene dalla frequentazione di quella teologia transalpina, trova la sua conferma leggendo la traduzione italiana, appena apparsa presso le Edizioni studio domenicano (ESD) di Bologna, di un sostanzioso documento della Conferenza episcopale tedesca e della Chiesa evangelica: Gott und die Würde des Menschen (novembre 2016).

Superare le tradizioni: la sfida dei nuovi problemi morali

«Per quanto riguarda il contenuto, il Gruppo Bilaterale si occupa di un insieme di temi che finora non ha trovato approfondita attenzione nel dialogo bilaterale delle nostre due Chiese ma che, sia in Germania che nel contesto europeo e mondiale, è stato oggetto negli ultimi anni di virulenti dibattiti: l’antropologia e la rispettiva formulazione del giudizio etico nelle nostre Chiese».

Il dialogo ecumenico ha fatto grandi passi negli ultimi anni, ma più a livello di Credo che di proposta morale. Lo sanno bene coloro che vi sono impegnati. Le rispettive tradizioni pesano ancora molto, e non senza ragione perché la storia non può essere negata. Ma oggi, cattolici e cristiani, credenti e non credenti, occidentali ed extra europei, tutti ci troviamo di fronte a problemi morali che mettono in gioco le “vecchie formulazioni antropologiche” e le “vecchie formulazioni morali”.

Un aiuto sostanziale, contenutistico ad affrontare i nuovi problemi ci è necessario. Problemi bioetici e di bio-diritto, problemi legati all'Intelligenza artificiale, problemi della pace e della globalizzazione, problemi dell'immigrazione e dell'identità culturale. Tutti cerchiamo una base comune da cui partire per pensare e per agire.

Dignità dell'uomo: un lungo processo di secolarizzazione

Se prendiamo sul serio il titolo, Dio e la dignità dell’uomo, ci si pone la domanda del significato di questa apposizione/contrapposizione. Sappiamo che lo stato romano riconosceva ai grandi condottieri, ai buoni amministratori, ai fedeli servitori dello stato una dignità. A color che avevano fatto cose grandiose, il senato attribuiva una dignità, li poneva su un gradino alto della considerazione sociale: il corteo trionfale attraverso il foro romanico fino al Campidoglio, una grande tenuta agricola, o magari un bel medaglione, come quelli che vediamo sulle corazze delle statue romane.

Ma i papi e padri della Chiesa, come Leone Magno(V sec.) e Gregorio Magno (VI sec.) – entrambi romani e con educazione laica superiore – invertirono questa visione antropologica. Non è perché una persona ha qualità particolari (virtutes) e quindi ha compiute grandi cose (res gestae), che gli spettano delle dignitates; ma viceversa. L’uomo ha una dignità che gli viene dall’essere creato da Dio e redento da Cristo, quindi ha delle virtutes/capacità che lo rendono capace di res gestae/grandi opere.

Ne segue logicamente che la dignità dell’uomo è inalienabile, ma non è stato così storicamente. Tommaso (XIII sec.) negava che i grandi peccatori/criminali mantenessero la dignità umana e riteneva perciò che potessero essere giustiziati. È l’Umanesimo e ancor più l’Illuminismo che riaffermano la dignità umana come fondamento e leva di ogni civiltà e progresso umano.

Il movimento dei diritti umani ha poi definitivamente consacrato questa assolutizzazione dell’uomo. Ancora una volta ci troviamo davanti ad un influsso cristiano che, secolarizzato, è entrato a far parte del patrimonio irrinunciabile dell’umanità occidentale e ora globale. Questo processo di secolarizzazione della “dignità” ha però anche portato dolorosamente, in contesti sociali atei o agnostici, alla contrapposizione tra i diritti di Dio e i diritti dell’uomo.

In cerca di una nuova antropologia cristiana "inclusiva"

Tutto questo dibattito e processo, rimasto solo astratto e teoretico per diversi secoli, ci ha portati oggi, tutti, credenti e non credenti, cattolici e protestanti, a ricercare soluzioni per i nuovi problemi etici che, tengano conto delle tradizioni rispettive, ma siano aperte al dialogo costruttivo soprattutto nel campo del bio-diritto. Il problema di come impostare una antropologia cristiana, ma spendibile anche presso i non credenti, è quanto di più interessante possa oggi porsi un teologo contemporaneo. Sia del punto di vista metodologico sia da quello sostanziale e contenutistico.

«Ciò che si è potuto già osservare nel caso delle classiche questioni teologiche controverse – e cioè che si sono potuti chiarire giudizi ritenuti irremovibili alla luce di considerazioni comuni – si dimostra valido anche per le questioni dell’etica. Le differenziazioni nei profili etici non impediscono affatto  l’intesa, esse arricchiscono piuttosto, nell’insieme, la conoscenza di argomentazioni etiche. Oggi nessuno è in grado di avere una visione complessiva degli specifici problemi scientifici, sociali ed economici. I dialoghi ecumenici rendono sensibili alla complessità di problematiche specifiche e ne approfondiscono la comprensione grazie a prospettive diverse».

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