m
Moralia Blog

La lode e la custodia

Molti e stimolanti gli eventi che hanno animato in questi giorni il Festival biblico di Vicenza; tra i numerosi relatori di alta qualità si segnalano figure come J. Moltmann, R. Bauckham, L. Mazzinghi, V. Andreoli, L. Mercalli (assieme – con un pizzico di orgoglio – a diversi autori di Moralia). Al centro il dono della creazione, ma soprattutto la relazione tra l'uomo e la terra, tra la famiglia umana e il pianeta su cui essa abita. Un tema centrale, cui guarderà pure l'ormai prossima enciclica di papa Francesco, che sembra caratterizzarsi in primo luogo per la lode al Creatore.

Moralia si è occupato più volte delle gravi questioni etiche poste, ad esempio, dal mutamento climatico; vi sono però anche alcuni temi più fondamentali, cui la riflessione teologica contemporanea ha dedicato pagine importanti. Come interpretare, ad esempio, il ruolo di custode che Gen. 2, 15 assegna all'essere umano nei confronti di quel giardino che nel testo raffigura il mondo creato? Come raccordarlo con l'invito a coltivare la terra, che lo stesso testo rivolge ad Adam? C'è qui un interrogativo fondamentale, anche per leggere l'era moderna e il suo problematico rapporto con la natura.

 

Dominare...

Certo gli interpreti dei secoli della modernità, a partire da Francesco Bacone, hanno posto attenzione piuttosto alle parole del primo racconto genesiaco. Penso, in particolare a quel dominare la terra  che – malamente interpretato – ha potuto essere letto come giustificazione di ogni uso e abuso da parte del soggetto umano. Non a caso, diversi pensatori hanno colto qui una delle radici – certo, ci permettiamo di aggiungere, non l'unica – della drammatica crisi ecologica che viviamo.

Uno sguardo più attento dovrà ricordare in effetti che nella prospettiva biblica l'agire cui l'uomo è chiamato dovrà dare espressione alla sua condizione di immagine di Dio, rispecchiando quindi l'azione provvidente del Signore Unitrino nei confronti delle creature. Di più, esso dovrà realizzarsi all'interno di quella relazionalità che caratterizza la comunità creaturale, efficacemente espressa in tanti Salmi dal tema della comune convocazione alla lode.

Un'etica eco-teologica potrà radicare in tale orizzonte un approccio esigente a molti nodi ambientali, incarnando una comprensione forte della metafora del custode. Resta, piuttosto, aperto l'interrogativo circa l'altra polarità: un'etica ambientale dovrebbe forse considerare di per sé problematica quella pratica di trasformazione del reale che trova espressione nell'agire tecnico? L'essere umano – intreccio di biologia e cultura – è "per natura trasformatore di natura"; ha in sè una capacità di poiesis che dice assieme della trasfigurazione poetica del reale, ma anche dell'agire che ne modifica il profilo; come raccordare le due dimensioni? Come esprimere l'istanza potentemente etica della salvaguardia del creato senza racchiudersi in orizzonti premoderni, diffidenti nei confronti di potenzialità che sono invece caratteristiche dell'umano? Non possiamo dimenticare che lo stesso Bacone vedeva il dominio scientifico della natura in primo luogo come possiblità di sottrarre l'uomo alla minaccia che essa portava su di lui.   

 

...o coltivare?

Non credo casuale che Gen 2 affianchi la vocazione alla custodia quella alla coltivazione: la figura del giardino esprime qui l'interazione feconda e positiva tra la naturalità della terra e l'umana azione di cura trasformatrice. Non possiamo certo legittimare la cancellazione della bellezza e della vitalità della natura in nome della creazione di spazi protetti e antropizzati; neppure, però, possiamo leggere quest'ultima pratica come mera perturbazione di una totalità compiuta ed univocamente positiva. La stessa natura, in effetti, è segnata da violenza e contraddizione; è caratterizzata da un dinamismo evolutivo che impedisce di considerare la pura stabiltà come valore sempre e comunque positivo. È in questo contesto dinamico ed articolato, dunque, che va pensato quell'agire tecnico che la stessa Scrittura – specie la tradizione sapienziale – non manca di lodare.

L'interrogativo morale sarà allora piuttosto come orientare alla sostenibilità e alla custodia la stessa azione tecnica e trasformatrice; come farne espressione di solidarietà e non di desiderio di profitto per pochi; come far sì che essa rafforzi il nostro legame con la terra e non lo estenui.

Essenziale diviene qui la categoria di limite, ma essa stessa essenziale a un orizzonte mobile, a una lettura del mondo che ricerchi in essa sempre e di nuovo in esso gli spazi per un agire teso al bene comune, al bene possibile.

Lascia un commento

{{resultMessage}}