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Moralia Blog

La questione della pianificazione familiare

Il 25 luglio 1968 papa Paolo VI promulgava la sua ultima enciclica, dal titolo Humanae vitae, che offriva indicazioni significativamente differenti da quelle emerse dalla commissione da lui stesso istituita per definire la dottrina cristiana sulla trasmissione della vita. L’enciclica sanciva due importanti questioni:

  1. la paternità responsabile, che riconosceva lecita la pianificazione delle nascite da parte degli sposi, a conferma della prospettiva indicata in Gaudium et spes 50-51.
  2. il riconoscimento esclusivo dei “metodi naturali”, quale unica pratica consentita per realizzare la pianificazione delle nascite.

Mentre il primo punto incontrò un apprezzamento diffuso, per il secondo molti autorevoli esponenti ecclesiali considerarono l’indicazione, rigidamente confinata ai “metodi naturali”, come un’indebita ingerenza nella morale di coppia degli sposi cristiani.

La recente istituzione di una commissione con il compito di reperire negli archivi vaticani la documentazione inedita dei lavori preparatori della Humanae vitae e la ricorrenza del cinquantenario della sua promulgazione, stanno risvegliando l’attenzione, in effetti mai sopita, su questo contrastato documento. Potrebbe allora essere utile richiamare alcune considerazioni, per aiutare la chiarezza del dibattito, che prevedibilmente si svilupperà nei prossimi mesi.

Per riprendere un dibattito: quattro note  
  1. La prima considerazione è relativa alla “natura dell’uomo”: «creato da Dio a sua immagine e somiglianza», egli possiede una propria “specificità naturale”, che lo costituisce diverso dalle altre creature, anche in riferimento all’ambito sessuale (cf. GS 51c). La volontà di Dio Creatore ha, infatti, costituito la specie umana con caratteristiche sessuali diverse dal resto delle altre creature. Mentre nelle altre specie l'aspetto unitivo e quello procreativo non sono distinti (di fatto le attività sessuali sono ristrette ai periodi fertili), in quella umana l’unione sessuale non è funzionale solo alla procreazione, ma anche all’edificazione del rapporto di coppia ed alla sua gratificazione e stabilità. In altri termini l’aspetto unitivo non è solo a servizio della procreazione, ma costituisce di per sé un valore. Per questo, nella specie umana, aspetto unitivo e aspetto procreativo sono distinti, perché devono assolvere a “compiti naturali”, che le altre specie viventi non sono obbligate ad assolvere. A conferma di ciò, la liceità morale dell’aspetto unitivo permane anche oltre l’età fertile femminile.
  2. Seconda considerazione è che i cosiddetti “metodi naturali” in effetti sono vere e proprie metodologie contraccettive, fondate sulla ricerca dei periodi femminili non fertili: infatti, se fossero veramente naturali, uomini e donne in quei periodi non dovrebbero essere soggetti a pulsioni sessuali unitive. In questo senso è più corretto denominarli “metodi temporali” - non naturali! - perché non è “naturale”, interrompere i rapporti unitivi - edificanti l’armonia di coppia - in dipendenza della fertilità femminile. Infatti, la sessualità umana è determinata in modo naturale nella sua esecuzione, solo quando può esprimersi liberamente all’interno della coppia, al fine di poterne realizzare il valore unitivo. Pertanto, visto che la tensione unitiva del rapporto sessuale nel matrimonio è naturale, essa non dovrebbe subire coercizioni esterne, ma solo quelle interne alla morale e alla coscienza di una coppia di sposi cristiani! Inoltre, più si vanta la sicurezza contraccettiva dei cosiddetti “metodi naturali”, più si contraddice lo spirito della Humanae vitae.
  3. Terza considerazione è che in etica la valutazione di un atto morale dipende molto dall’analisi dell’intenzione sottesa (atteggiamento): l’intenzionalità contraccettiva non viene attenuata dal metodo utilizzato e anche i “cosiddetti metodi naturali” possono essere attuati con intenzionalità contraccettiva, quando coloro che vi fanno ricorso confondono il livello dell'intenzione con la “liceità preconcetta dei mezzi”, ritenendosi - erroneamente - nel giusto.
  4. Quarta considerazione è che - pur convenendo sul fatto che non si possa attribuire ai metodi di pianificazione familiare una neutralità operativa - tuttavia si impone la questione di quale sia il confine da porre tra mezzi leciti e illeciti. Oggi l’Humanae vitae pone tale confine sulla “naturalità dei metodi”, mentre - come è risultato anche dai questionari presinodali - tale confine dovrebbe essere più adeguatamente riconosciuto su posizioni quali «metodi abortivi e non abortivi» e/o su «metodi che non danneggiano la salute fisica e mentale degli sposi cristiani e della loro prole».

 

 

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