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Moralia Blog

La virtù della prudenza… ovvero darsi da fare!

 

«Conviensi adunque essere prudente, cioè savio:

e a ciò essere si richiede buona memoria delle vedute cose,

e buona conoscenza delle presentie buona provvidenza delle future»

(Dante Alighieri, Convivio, IV, 27).

 

«Sii prudente!». Tante volte questo imperativo ci è stato rivolto nelle più disparate occasioni: essere cauti alla guida; osservare il codice stradale; non eccedere nel cibo o nell’assunzione di alcool; imparare a «tergiversare» nelle situazioni delicate; «non prendere posizione» nei conflitti; «attendere sine die» prima di offrire la risposta a un problema.

Eppure sia la riflessione filosofica classica, sia la tradizione teologica cristiana ci hanno consegnato in eredità un quadro ben più ampio di questa virtù, definita addirittura auriga virtutum, «cocchiere delle virtù», che dirige le altre mostrando loro la regola e la misura delle cose.

Figlia di una madre illustre

La tradizione bizantina venera una santa di nome Sofia, madre di tre figlie: Pistìs, Elpìs e Agàpe (Fede, Speranza e Carità). Lungi dall’essere una famiglia umana vera e propria, esse simboleggiano le virtù teologali, figlie della santa Sapienza che è Gesù stesso.

A far l’elogio della Sapienza, nell’Antico Testamento, è il libro a essa dedicato, nel quale si legge che questa «è madre» di altre quattro grandi virtù: la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza (cf. Sap 8,7).

Uscendo fuor di metafora e interpretando questi passi alla luce dell’evento Cristo, potremmo affermare che Gesù stesso, Sapienza eterna, genera qualcosa di nuovo, fa nascere le virtù perché ciascun uomo possa raggiungere la pienezza della vita e della santità.

La prudenza «costruisce sulla Parola»

Non potendo, in questa sede, esaurire l’abbondante letteratura teologica sulla virtù della prudenza, ci limiteremo a cogliere qualche suggestione, facendo riferimento ad alcuni brani del Nuovo Testamento nei quali viene usato il termine φρόνιμος, comunemente tradotto con «prudente» o con «saggio».

«Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica sarà simile a un uomo prudente che ha costruito la sua casa sulla roccia» (Mt 7,24).

L’uomo prudente è anzitutto colui che è capace di costruire, anche lì dove sa che giungeranno intemperie e problemi: «cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti… ma essa non cadde» (Mt 7,25).

Se la virtù è una «disposizione» abituale al bene, ciò significa che il suo obiettivo è sempre l’azione. L’uomo prudente non è colui che sta fermo, immobile, senza far nulla, ma colui che agisce, costruisce, inventa, pensa, sapendo dove gettare le fondamenta del suo progetto, fidandosi di una Parola che contiene in sé una storia di salvezza e che guida alla realizzazione del Regno.

La prudenza «si dà da fare»

I Vangeli ci riportano anche uno strano esempio di φρόνησις. È il caso dell’amministratore disonesto di cui ci parla l’evangelista Luca al capitolo 16. Chiamato a rendere conto del suo operato e timoroso di essere allontanato dal suo incarico, il personaggio della parabola chiama uno a uno i debitori del suo padrone per condonare il loro debito.

Alla fine «il padrone lodò quell’amministratore disonesto perché aveva agito con prudenza» (Lc 16,8). La traduzione della CEI usa il termine «scaltrezza»; Luca, in realtà, loda la prudenza dell’amministratore perché ha fatto bene i suoi conti, si è dato da fare, ha trovato i mezzi più idonei per raggiungere il suo scopo.

L’uomo prudente, allora, s’ingegna, s’appassiona, sceglie la strada giusta per arrivare alla meta, si mette all’opera coraggiosamente e fino in fondo, ma soprattutto con caparbietà.

La prudenza sa «prevedere»

Anche le «vergini sagge» del Vangelo sono φρόνιμαι, prudenti. A differenza delle stolte, hanno tenuto conto del possibile ritardo dello sposo e hanno messo da parte una riserva d’olio per le loro lampade (cf. Mt 25,1-13). La parabola di Matteo, inserita nel discorso escatologico, rimprovera tutti quei credenti che, convinti dell’imminente venuta del Signore, avevano abbandonato ogni attività, ogni opera buona.

L’uomo prudente prevede, ha la sua scorta. Sa attendere, ma attivamente, ravvivando con le opere buone la fiamma della sua esistenza credente.

Il grande pittore Tiziano, in una tela oggi conservata nella National Gallery di Londra, raffigura la prudenza con tre teste umane: un vecchio, un uomo maturo e un giovane, che sovrastano tre teste animali: un lupo, un leone e un cane. Sopra il triplice ritratto, l’autore scrive: Ex praeterito / praesens prudenter agit / ni futuram actionem deturpet (Sulla base del passato / il presente prudentemente agisce / per non guastare l’azione futura).

 

Qui risiede il segreto della prudenza. Qui l’impegno della comunità cristiana prudente: agire, darsi da fare con spirito caparbio e profetico, guardando i successi e i fallimenti del passato, e prevedendo, radicati nella Parola, le domande e le esigenze del prossimo futuro per non deturparlo e renderlo sempre più somigliante al regno di Dio.

 

 

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