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Moralia Blog

Lombardia, vacillano le coscienze

Enorme lo sconcerto per le notizie rimbalzate da Saronno in tutto il paese. Un medico e un’infermiera intrecciavano, al rapporto da amanti, l’abitudine di uccidere in Pronto Soccorso. Le sentenze non sono mai da anticipare. Sui giornali si sono imposte le tesi degli inquirenti, supportate da ampie intercettazioni. La percezione è di una verità non aggirabile, svelata, conclusa. Occorre tempo, però. D’altra parte, la gravità di quanto emerge costringe a comunicare.

 

Enorme lo sconcerto per le notizie rimbalzate da Saronno in tutto il paese. Un medico e un’infermiera intrecciavano, al rapporto da amanti, l’abitudine di uccidere in Pronto Soccorso. Le sentenze non sono mai da anticipare. Sui giornali si sono imposte le tesi degli inquirenti, supportate da ampie intercettazioni. La percezione è di una verità non aggirabile, svelata, conclusa. Occorre tempo, però. D’altra parte, la gravità di quanto emerge costringe a comunicare.

Il quadro tracciato dagli inquirenti rivolta le coscienze almeno per quattro aspetti:

  • la collocazione geografica dell’ospedale, al cuore di un sistema sanitario efficiente, e dei fermati: cognomi lombardi, non di “barbari invasori”; si tratta dunque di una terra costretta a rivedere il giudizio sulla propria socialità, immaginata solo come esposta a nemici esterni;
  • il tracollo di una relazione di fiducia fondamentale: quella con i medici; non tanto con le loro competenze, quanto con le loro intenzioni, qualcosa di autenticamente sacro;
  • i colleghi di ospedale, consapevoli e muti, disposti a coprire un numero indefinito di omicidi per i propri interessi di carriera, in un regime di omertà e di ricatti tra professionisti della cura;
  • le intercettazioni documentanti un “parlare” sconvolgente, intriso di voglia di uccidere non solo in ambito ospedaliero, ma anche familiare: un marito avvelenato lentamente; figli che fantasticano con la madre l’eliminazione fisica di nonne e zie, persone che un bambino già descrive come rifiuti da smaltire; una donna disposta a sacrificare le sue stesse creature.

Tutto ciò non può essere liquidato come follia. Seppure i tratti mentali del medico e dell’infermiera appaiano profondamente disturbati, troppi sono gli elementi che ridisegnano la normalità. Relazioni e luoghi comuni a migliaia di cittadini si rivelano all’istante un inferno. Non occorre evocare Satana, per avvertire il brivido di un male sovrumano, eppure prossimo: con movenze, priorità e accento locali.

Chi è un medico? Perché esiste un ospedale? Chi merita di essere curato? Si è riso di queste domande, rimuoverle come fuori dal tempo, imponendo come unico orizzonte quello dell’efficienza, della tecnica, dei numeri. È prevalso come "scientifico" un paradigma che spinge fuori i fondamenti stessi della professionalità: nella medicina, nell’economia, nell’organizzazione di impresa.

Come dice Guy Ryder, direttore generale dell’OIL (Organizzazione internazionale del lavoro): 

«In alcuni ambienti in cui sono chiamato a esprimermi, quando parlo di valori, quando utilizzo parole come “solidarietà” mi sento quasi come se avessi bestemmiato in chiesa. Semplicemente, sono parole che non si usano. Non è solo una mia impressione: a forza di rendere asettica l’agenda politica internazionale, togliendo ogni riferimento ai valori, per rispondere alla visione tecnocratica del funzionamento dei mercati e dei loro bisogni di efficienza, i responsabili politici finiscono per perdere di vista l’obiettivo stesso delle politiche».

Obiettivi smarriti: di questo si tratta in Lombardia, nella terra dell’eccellenza e della ricchezza diffusa. Dobbiamo chiederci se abbiamo perso la bussola, il perché “so quel che so” e “faccio quel che faccio”, le ragioni potentissime che ci legano e impegnano reciprocamente. Saronno, sconvolgendoci, chiede molte scrollate di spalle in meno e il gusto di qualche vincolo in più.

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