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Moralia Blog

Nel discorso all’ONU Francesco fa appello alle coscienze: non c’è più tempo

L’intervento di papa Francesco alle Nazioni Unite disegna orizzonti di grande significato morale; «Moralia» ha chiesto a Paola Palagi, teologa ed esperta di etica sociale, di individuarne le linee portanti.

 

Il discorso di papa Francesco all’ONU si pone in un orizzonte di speranza e di apertura al futuro: il forte invito all’assunzione di responsabilità nasce da una profonda conoscenza dei problemi globali dell’oggi, lucidamente interpretati nelle loro cause e letti alla luce di elementi di valore frutto di antica saggezza, ma tuttora fondamentali e condivisibili.

Esemplare in tal senso la citazione di Ulpiano, in cui si definisce la giustizia come constans et perpetua voluntas ius suum cuique tribuendi, che viene qui collocata in un’ottica planetaria. Da un lato, quindi, nessun individuo o gruppo umano deve considerarsi onnipotente e prevaricare gli altri, togliendo loro dignità e diritti; dall’altro, chi ha responsabilità di governo è chiamato a mostrare una volontà costante ed effettiva, tradotta in passi concreti e misure immediate, per combattere le varie disequità.

L’ideale della pace e della fraternità umana viene presentato come una lenta costruzione, che ha per protagonista ogni persona e ogni gruppo. Esso, però, assume un rilievo particolare per chi ha dirette responsabilità nelle scelte politiche ed economiche: il papa fa riferimento alla prudenza/saggezza, che Aristotele qualificava come la capacità dell’uomo politico di deliberare su ciò che è buono e vantaggioso non da un punto di vista parziale, ma nell’interesse generale.

L’ambiente e gli esclusi

Il cuore del discorso, però, è certamente la denuncia dell’abuso e della distruzione dell’ambiente strettamente unite ai processi di esclusione, che coinvolgono un vastissimo numero di uomini e donne. Con grande forza, ancora una volta, Francesco rifiuta la “cultura dello scarto”, per cui i più poveri sono scartati dalla società, obbligati a vivere di scarti e a subire ben più di altri le conseguenze dell’abuso dell’ambiente.

Il papa riconosce un vero e proprio diritto dell’ambiente, ricordando che gli esseri umani, pur trascendendo l’ambiente fisico e biologico, ne sono parte. Nell’affermazione dell’ambiente come bene fondamentale (secondo tutte le credenze religiose), nell’indicazione del valore, della bellezza, dell’interdipendenza di tutti gli esseri (con conseguenti limiti all’azione umana), è ribadito il capitolo nuovo aperto da Francesco nell’insegnamento sociale della Chiesa.

A loro volta la crisi ecologica e la distruzione della biodiversità sono chiaramente indicate come nefaste conseguenze di un irresponsabile malgoverno dell’economia mondiale, guidato unicamente dall’ambizione di guadagno e di potere. Si mette in guardia contro il nominalismo declamatorio, che non cerca la reale concretizzazione di quella base minima che consente di vivere con dignità: l’essenziale, a livello materiale, è costituito da casa, lavoro e terra, cui va aggiunta la libertà. Nel tema della libertà Francesco sintetizza i diritti espressi nella Pacem in terris (5-13), riferendosi, tra l’altro, al diritto alla libertà religiosa e all’istruzione anche per le bambine.

L’ONU: luci ed esigenze

Questo quadro di vasto respiro è accompagnato da un grande realismo e dalla capacità di valorizzare i passi positivi realizzati dall’ONU nei 70 anni della sua esistenza. Francesco esprime sincero apprezzamento per quelle che chiama “luci”: lo sviluppo del diritto internazionale, la costruzione delle normative sui diritti umani, l’impegno per risolvere con le trattative tanti conflitti, il lavoro silenzioso di tanti, la figura di Hammarskjold.

Un’autorevole organizzazione giuridica sovranazionale è sempre stata indicata dagli ultimi pontefici come la strada migliore per ottenere pace ed equità in un mondo caratterizzato da molteplici forme di interdipendenza. Francesco lo ribadisce ma afferma al tempo stesso esplicitamente la necessità di una riforma che conceda a tutti i paesi, senza eccezione, un’incidenza reale ed equa nelle decisioni, non solo nel Consiglio di sicurezza, ma anche negli organismi finanziari e nelle commissioni volte ad affrontare le crisi economiche.

Il papa denuncia anche la situazione delle minoranze cristiane e non cristiane perseguitate, ribadisce il tema della sacralità della vita e accenna alla tradizionale nozione di legge naturale inscritta nella stessa natura umana. La conclusione – serena e appassionata, sulla scia del discorso di Paolo VI – è un appello alle coscienze in una fase storica così critica in cui non si possono più rimandare le decisioni a un imprecisato futuro: Francesco invita alla ricerca del bene comune e a costruire la civiltà moderna su principi spirituali, che possano sostenerla e illuminarla.

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