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Moralia Blog

Nell'era dell'incertezza...finalmente!

Ormai ne siamo certi: papa Francesco ha inaugurato l’era del magistero cattolico incerto:

«Desidero ribadire che non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero. […] Esistono diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano. […] Inoltre, in ogni paese o regione si possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali» (AL 3).

Sconcertante per gli habitué dei pronunciamenti normativi, forti e sicuri sulla carta; decisamente troppo pericoloso per chi non ama le sfumature di grigio (AL 305; 308); stimolante per chi non si accontenta di un cristianesimo da sacrestia e di una teologia a tavolino (AL 312).

Per chi conosce la storia della Chiesa tutto questo è paradossalmente molto tradizionale, poiché in passato il confronto anche acceso tra le opinioni degli autori era il modo normale di fare ricerca teologica, mentre l’intervento dell’autorità si limitava a poche e misurate prese di posizione per dirimere dispute e tensioni esagerate tra scuole contrapposte o per indicare posizioni estreme come incompatibili con la Rivelazione cristiana.

Assumere l'incertezza: cura a una modernità frammentata

Oltre a tale “ritorno al passato”, riflettendo più attentamente sul tema, assumere l’incertezza come atteggiamento di fondo significa prendere atto in modo radicale della nostra estrema precarietà esistenziale e della fragilità della vita (umana e non) che si manifesta in molteplici forme spesso negate dall’illusione moderna del SuperUomo o occultate all’ombra del paradigma tecnocratico (LS cap. III).

Significa prendere sul serio il confronto con una realtà che per molti versi appare frammentata, liquefatta, complessa, di fronte alla quale gli schematismi rigidi della regola astratta e delle “istruzioni per l’uso” uguali per tutti non reggono al confronto con l’esistenza quotidiana e rischiano di trasformarsi in atteggiamenti perbenistici di facciata, nella comoda illusione di essere esentati dalla ricerca personale del senso autentico della vita e dal discernimento del bene pratico realmente possibile nelle circostanze date.

Significa riscoprire «che il fondamento della certezza di cui si alimenta la Chiesa è solo e unicamente l’insondabile mistero di Dio che ha legato la propria gloria alla caducità di un uomo crocifisso e alla gioia di un uomo risorto»[1]. Significa assumere la storicità dell’esperienza umana ed ecclesiale, della crescita delle donne e degli uomini verso la pienezza dell’incontro con Cristo e della stessa Rivelazione di Dio all’umanità, valorizzando l’unicità dei singoli, facendosi carico dei vissuti concreti e dei percorsi personali spesso tortuosi, intessuti di progetti e fallimenti, gioie e sofferenze, angosce e speranze (GS 1).

Significa convertire la nostra pastorale fondata su strutture consolidate alla missionarietà di comunità “in uscita”, secondo quella logica di debolezza e apparente assurdità rispetto alla mentalità del mondo contemporaneo che nell’economia di Dio è però più forte di ogni progettualità pianificata con efficienza logica (cf. 1Cor 1,18-25). Significa ri-pensare anche la nostra teologia (morale) in modo inquieto, fedele e creativo, carichi di immaginazione, facendoci «guidare dallo spirito profetico del Vangelo per avere una visione originale, vitale, dinamica, non ovvia» e per far risuonare la forza attraente e liberante del kerygma originario nel mondo contemporaneo.

Ne siamo certi: ci attende molto lavoro… ma, per favore, diamoci da fare!

 

[1]       G. Bonaccorso, «Una chiesa incerta», in Servitium 3(2017)231, p. 57-62 [cit- 558-59].

Commenti

  • 28/12/2017 pierolov@hotmail.it

    Finalmente! Alcune volte i cristiani sembrano fare guerra al mondo e alle sue logiche! C'è chi parla di vera e propria "lotta" dimenticando quanto i Padri conciliari ci hanno insegnato e indicato, soprattutto in Gaudium et spes. Il cristiano non violenta il mondo, testimonia! Non lo condanna, perchè questa non è la logica del suo Signore. E' molto più difficile stare nella complessità, interrogarsi in maniera intelligente sulla realtà che condannare tutto e tutti senza un minimo di riflessione. Papa Francesco ci riporta l'aria fresca del concilio, ci riporta al posto che avevamo occupato dopo il "balzo innanzi" che Giovanni XXIII ci aveva esortati a fare. Grazie per la sua riflessione. Pierpaolo Pacello

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