m
Moralia Blog

Poca laetitia su seminaristi e famiglia!

Il n. 203 di AL è dedicato alla formazione dei seminaristi. E il fatto può sorprendere solo chi non conosce il mondo attuale della formazione dei candidati al presbiterato e le direttive impartite da Pastores dabo vobis nella quale la famiglia appariva come uno dei principali soggetti formativi. AL mette coraggiosamente in luce le carenze che ancora esistono su questo versante, sottolineando la rilevanza dei vincoli con il proprio contesto familiare per una equilibrata maturazione umana, affettiva e relazionale dei pastori del futuro.

Una formazione tutta concentrata sulla dottrina, poco attenta all’esperienza concreta delle persone (fidanzamento e matrimonio) produce in primo luogo un’azione pastorale controproducente nei confronti delle famiglie, rilevata dalle consultazioni che hanno accompagnato il processo sinodale e puntualizzate dall’esortazione, in particolare ai nn. 35-37: difficoltà a presentare un messaggio positivo e propositivo sul matrimonio, attraente e chiaramente correlato al Vangelo, capace di valorizzare gli aspetti relazionali della sessualità, rivolgendosi a cristiani adulti…

Apporto positivo delle relazioni famigliari

Ma oltre alla questione dell’inadeguatezza a trattare i problemi attuali della famiglia, ancor più gravemente si sottolinea come l’impostazione dei seminari «non sempre permette [ai candidati] di esprimere il loro mondo psicoaffettivo», di elaborare esperienze familiari spesso ferite, di raggiungere quella stabilità emotiva e quell’equilibrio psichico che sono richiesti per svolgere il ministero pastorale in un contesto di grande complessità.

Le famiglie di origine e quelle che in vario modo sono presenti nella vita della comunità ecclesiale possono, invece, aiutare a fortificare in modo realistico la struttura di personalità dei seminaristi, tenuto anche conto che la maggior parte del ministero sacerdotale si rivolge alle famiglie. E nel testo si trovano due indicazioni particolari: l’apporto positivo della presenza femminile per favorire la stima della varietà delle vocazioni nella Chiesa e della reciprocità tra i generi (n. 203); l’esperienza del clero uxorato di rito orientale (n. 202).

Scelta celibataria: gli apporti possibili per un migliore equilibrio

Se tali indicazioni sono da prendere sul serio – come si richiede di fronte a un documento magisteriale che conclude e suggella un lungo processo sinodale – bisogna interrogarsi seriamente se la scelta della chiesa latina di ordinare solo presbiteri celibi (nonostante il rapporto di convenienza della castità per il Regno – cf. PO 16), di fatto non stia privando la comunità ecclesiale di una ricchezza di apporti che potrebbero derivare dall’esperienza matrimoniale.

Inoltre, si può avanzare l’ipotesi che nelle condizioni attuali la relazione di coppia e le responsabilità familiari possano offrire, almeno a un certo numero di presbiteri, una migliore condizione di equilibrio e di maturazione per servire il popolo di Dio.

Ragionare così non significa disprezzare il valore della scelta celibataria e il suo significato di testimonianza escatologica (AL 158-162; cfr. anche card. Parolin), ma sganciarla da una logica di necessità, per aprirla alla scelta personale, libera e responsabile, mettendo quanti si sentono chiamati al ministero ordinato di fronte a due opzioni possibili, come accade da sempre nella tradizione orientale. AL sembra chiederci di riflettere anche su questo!

Lascia un commento

{{resultMessage}}