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Sinodo dei giovani: via virtuosa per gli adulti?

Nell’ottobre 2018 si aprirà il “Sinodo dei giovani”: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. In vista del Sinodo, ma soprattutto di fronte ad un impegno educativo che ci vede tutti variamente coinvolti – a titoli diversi (come genitori, come sacerdoti o religiosi/e, come insegnanti, come educatori…) – nell’affrontare quotidianamente il rapporto giovani-fede, azzardo un’indicazione, dal gusto tradizionale ma aperta ai “segni dei tempi”, che sottolinea altresì quattro “tentazioni” di cui siamo spesso vittime.

Nell’ottobre 2018 si aprirà il “Sinodo dei giovani”: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Il questionario on-line, che costituirà l’Instrumentum laboris, è stato presentato il 13 gennaio insieme al documento preparatorio.

Recentemente diverse pubblicazioni[1], dal diverso taglio ma tutte interessanti, hanno cercato di osservare, analizzare e comprendere il rapporto “giovani-fede”, in Italia. La fotografia risultante è articolata: difficile definire confini netti (Garelli li definisce “porosi”) tra le differenti posizioni. È facile prevedere che anche il questionario on-line, internazionale, produrrà un’istantanea altamente sfaccettata.

In vista del Sinodo, ma soprattutto di fronte ad un impegno educativo che ci vede tutti variamente coinvolti – a titoli diversi (come genitori, come sacerdoti o religiosi/e, come insegnanti, come educatori…) – nell’affrontare quotidianamente il rapporto giovani-fede, azzardo un’indicazione, dal gusto tradizionale ma aperta ai “segni dei tempi”, che sottolinea altresì quattro “tentazioni” di cui siamo spesso vittime.

Rapporto giovani-fede: linee guida per il discernimento

Prudenza: nell’incasellare le differenti situazioni. Non dobbiamo banalizzare la complessità del mondo giovanile e del suo rapporto con la fede. Credenti, atei, creduloni, o anche: agnostici, indifferenti, intermittenti… sono spesso categorie troppo nette. La tentazione è forte perché le situazioni “chiare e distinte” tranquillizzano tutti e permettono di orientarsi verso soluzioni operative puntuali. Prudenza è, qui in modo pieno e lampante, la capacità di discernere, in ogni circostanza, il bene dei giovani e scegliere i mezzi adeguati per attuarlo.

Giustizia: la giustizia è la volontà costante di dare a Dio e al prossimo (aggiungo: e alla legittima autonomia delle realtà terrene) il dovuto. Il rapporto giovani-fede è un tema che coinvolge profondamente la riflessione teologico-morale, ma coinvolge altrettanto profondamente le altre discipline teologiche (es. la teologia fondamentale e le questioni della trasmissione e della credibilità) e gli ambiti umani di ricerca (es. sociologia, psicologia, statistica…): non si tratta quindi solo di una riflessione cha ha un oggetto (giovani-fede), ma di una riflessione che deve rinnovare il suo metodo di ricerca, provocante la teologia al suo interno – e al suo esterno – a “inventare” o rinnovare forme di collaborazione, di riflessione condivisa, evitando sterili competizioni o scissioni antagonistiche. È il combattere la tentazione di autoproclamarsi unico ambito di sapere deputato a emettere sentenze o indicazioni.

Fortezza: la fortezza è spesso presentata come coraggio. Per affrontare seriamente la questione giovani-fede, noi adulti dovremmo essere consapevoli di dover investire del coraggio. Non dovremo soltanto leggere con distacco la situazione attuale e proporre soluzioni operative e/o educative, pastorali che mirino soltanto ai giovani. Dovremo piuttosto metterci profondamente in discussione come adulti e come credenti, perché il contesto (di fede, morale, sociale, economico…) in cui i giovani si stanno muovendo, e a cui stanno rispondendo, è frutto anche del nostro agire e delle nostre responsabilità. Dobbiamo rifuggire la tentazione di trincerarci in frasi fatte («Ah! I giovani non sono più quelli di una volta…») o di rigettare tutta la responsabilità o – peggio! – la colpa sui giovani e sui nuovi contesti (es. le tecnologie).

Temperanza: credo che uno dei limiti del contesto attuale sia quello di aver rinunciato a mostrare ai giovani la bellezza della riflessione cristiana, del suo intimo rapporto con la cultura e l’uomo, del pensare la fede, rinunciando a educare anche l’intelligenza. Da un lato si moltiplicano esperienze pastorali, pratiche, ad es. di solidarietà (cui i giovani aderiscono con l’entusiasmo della loro età), dall’altro sono ben pochi i tentativi di preparazione a tali esperienze, ma soprattutto di riflessione posteriore. La solidarietà esige studio e intelligenza per essere efficace. Dobbiamo combattere la tentazione di ridurre tutto a pochi e logori slogan e impegnarci nell’esercizio del pensare e del far pensare. La temperanza, ovvero l’equilibrio nell'uso dei beni creati, ci ricorda che dobbiamo educare i giovani nell’equilibrio delle loro facoltà. Altrimenti detto: la temperanza è qui la capacità di uno sguardo integrale sull’uomo e sul cucciolo di uomo.

I giovani non sono solo i nostri figli, i nostri studenti, i nostri ragazzi dell’oratorio… sono più radicalmente il nostro futuro. Futuro inteso come chronos, certo, ma soprattutto come kairos. Prezioso luogo in cui Dio ci si rivela ogni giorno, additandoci i prossimi passi per addentrarci nella nostra fede, personale e comunitaria, interpellando la nostra risposta etica.

 

 

[1] A. Matteo, La prima generazione incredula. Il difficile rapporto tra i giovani e la fede, RubbettinoSoveria Mannelli (CZ) 2010; A. Castegnaro, E. Biemmi e G. Dal Piaz, Fuori dal recinto. Giovani, fede, Chiesa: uno sguardo diverso, Ancora, Milano 2013; R. Bichi e P. Bignardi, Dio a modo mio. Giovani e fede in Italia, Vita e pensiero, Milano 2015; F. Garelli, Piccoli atei crescono – davvero una generazione senza Dio?, Il Mulino, Bologna 2016.

 

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