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Moralia Blog

Soldi e ‘ndrangheta, la presa di posizione di mons. Oliva

Il vescovo di Locri-Gerace, mons. Franco Oliva, la settimana scorsa ha preso pubblicamente una posizione chiara: ha chiesto di non accettare (o restituire) offerte derivate da attività legate alla ‘ndrangheta.  

«Non c’è nulla di bello che si possa costruire con i soldi macchiati dal sangue della gente». Il vescovo di Locri-Gerace, mons. Franco Oliva, la settimana scorsa ha preso pubblicamente una posizione molto chiara: ha chiesto di non accettare (o di restituire) offerte derivate (o in odore di provenire) da attività legate alla ‘ndrangheta.  

Tale iniziativa, dal forte sapore conciliare, coinvolge la riflessione e il vivere morale su tre livelli. Infatti Optatam totius, il decreto del concilio Vaticano II sulla formazione sacerdotale, al n. 16, indicava così il compito per la teologia morale: «Si ponga speciale cura nel perfezionare la teologia morale, in modo che la sua esposizione scientifica, più nutrita della dottrina della sacra Scrittura, illustri la grandezza della vocazione dei fedeli in Cristo e il loro obbligo di apportare frutto nella carità per la vita del mondo».

Come per Sodoma e Gomorra

In Genesi 14,22-23 Abramo risponde al re di Sodoma: «Alzo la mano davanti al Signore, il Dio altissimo, creatore del cielo e della terra: né un filo né un legaccio di sandalo, niente io prenderò di ciò che è tuo; non potrai dire: io ho arricchito Abram». Abramo rifiuta un’offerta, per non scendere a compromessi con la corruzione. Il peccato di Sodoma, di Gomorra e delle altre città, contrariamente a quanto comunemente ritenuto, non è un peccato “sessuale”.

Come ci viene puntualmente spiegato in Esodo 29, 21-28, brano noto come “esortazione alla fedeltà”, «hanno abbandonato l’alleanza del Signore, Dio dei loro padri, che egli aveva stabilito con loro, quando li ha fatti uscire dalla terra d’Egitto» (v.24). Il peccato è quindi aver “abbandonato l’Alleanza” che si manifesta principalmente (come possiamo trasversalmente rintracciare in Genesi e nei Profeti maggiori o minori) in forme di corruzione economica e giuridica, e in seconda battuta di corruzione di costumi (es. leggi contrarie all’ospitalità). Abramo, nostro padre nella fede, rinuncia a forme di connivenza che siano espressione concreta di una risposta all’Alleanza negata.

Il fine non giustifica i mezzi

Molte pagine di esposizione scientifica sono state scritte e molte riflessioni si sono preoccupate di chiarire che il fine non giustifica i mezzi, nemmeno se il fine è un bene superiore. I mezzi sono il fine in fieri. Neppure nel caso specifico è lecito porre un’eccezione. Accettare donazioni di beni di dubbia provenienza, seppur per finalità caritatevoli (e magari anche “urgenti”), ha due conseguenze immediate.

Da un lato alimenta, di fatto, uno stile di vita mafioso e le strutture di peccato; dall’altro mina in modo talora implicito, talora esplicito, la credibilità dei “messaggeri” e di conseguenza anche del “messaggio”. La presa di posizione di mons. Oliva richiama fortemente tutti noi a esercitare due dinamiche etiche: il discernimento delle situazioni e la coerenza di vita tra fede e morale.

La ‘ndrangheta è l’antievangelo

Nella lettera in vista dell’apertura del nuovo anno pastorale, mons. Oliva scrive: «L’azione pastorale della nostra chiesa è gravemente ostacolata dalla cultura pervasiva della ‘ndrangheta, che i vescovi calabresi, in sintonia con papa Francesco, hanno definito “antievangelo”. Se non terremo presente questo, il buon seme del Vangelo cade fra i sassi. Nel cammino di questo nuovo anno esorto pertanto a cogliere “i segni dei tempi”, che sollecitano la nostra Chiesa a essere più aperta e attenta alla realtà sociale e alle sue problematiche. […]. Guai a credere che la religione debba limitarsi all’ambito privato e all’esercizio del culto. […] Tutti, sacerdoti e fedeli laici, ci sentiamo interessati alla costruzione di una società più giusta».

Le indicazioni di mons. Oliva ci consentono un ultimo pensiero. Se «l’illustrare l’obbligo di apportare frutto nella carità per la vita del mondo» è compito della teologia morale, questa riflessione non può essere compiuta se non in uno stile profondamente conciliare: il richiamo a cogliere i “segni dei tempi”, alla collaborazione tra sacerdoti e fedeli laici, alla duplice attenzione della Chiesa ad intra e ad extra, Chiesa che non deve piegarsi alla mentalità di questo mondo, ma neppure disconoscere l’autonomia delle realtà temporali… sono tutte indicazioni in tal senso.

 

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