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Moralia Dialoghi

La teologia morale ortodossa dal XX secolo all’inizio del terzo millennio

I cinquecento anni dalla Riforma segnano profondamente quest’anno 2017 e le celebrazioni/commemorazioni sono iniziate presto, anche prima del 1° gennaio. Non so se analoghe iniziative saranno prese per ricordare i 100 anni dalla rivoluzione dell’ottobre 2017, ovvero dalla presa leninista del potere in Russia, che segnò la fine dell’impero zarista. Dal punto di vista della teologia morale ortodossa, però, questo secondo anniversario è certamente più rilevante[1].

 

Spiritualità invece di teologia morale?

Con la rivoluzione infatti si determinò un esodo verso l’Occidente di teologi e intellettuali russi che tra fine ‘800 e inizio ‘900 avevano attraversato il positivismo e il marxismo, per ritrovare infine l’Ortodossia e la critica antioccidentale lasciata in eredità dal pensiero slavofilo. Frutto eminente di questo esodo fu la costituzione dell’Istituto di Teologia ortodossa di Parigi (poi Accademia Teologica di San Sergio), ove insegnarono personaggi come N. Afanas’ev, S. Bulgakov, G. Florovsky e che divenne rapidamente il cuore di quella teologia russa della diaspora cui si deve il rinnovamento della conoscenza occidentale dell’Ortodossia. Proprio da questa teologia –pur nella varietà delle sue anime - fu subito portata avanti una critica radicale della ‘razionalistica’ articolazione occidentale delle discipline teologiche. Ad essa si opponeva un’unitaria teologia esperienziale liturgicamente nutrita, radicata nella spiritualità esicasta, in continuità con il modo patristico di fare teologia. La critica colpiva non solo la teologia occidentale ma anche la teologia accademica ortodossa delle scuole nazionali slave, romene e greche, accusate di essere troppo influenzate dal razionalismo occidentale e di essersi allontanate dall’autenticità ortodossa arrivando anche ad elaborare manuali di teologia morale sul modello occidentale.

Per alcuni decenni così, in particolare tra gli anni ’40 e ’70 del secolo scorso, diventò una specie di luogo comune l’affermazione che l’ortodossia autentica non avesse una teologia morale razionalmente strutturata e organica, ma identificasse piuttosto la riflessione teologico-morale con la spiritualità cristocentrica e con il cammino mistagogico della divinizzazione in Cristo.

 

Una svolta: le etiche applicate

Pur essendoci molto di vero in questo, tuttavia dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso qualcosa è andato cambiando. Sempre di più le questioni dell’etica applicata e il loro rilievo crescente hanno imposto a chiese e teologi ortodossi di prendere posizione e di dare risposte, prima nei paesi occidentali – ove è fiorita via via un’ortodossia libera – , poi dopo la caduta del muro di Berlino (novembre 1989) nei paesi del cosiddetto socialismo reale.

Alla fine degli anni ’70 negli Stati Uniti la problematica bioetica comincia a coinvolgere i teologi ortodossi e le giurisdizioni ortodosse americane. Contemporaneamente la problematica della salvaguardia del creato e dell’ecologia – anche tramite il Consiglio Ecumenico delle Chiese – coinvolge sempre più autorevoli personaggi ortodossi. Non a caso sarà il patriarcato di Costantinopoli nel 1989 a proclamare il 1 settembre Giornata mondiale di preghiera per la salvaguardia del creato.

E poi, a partire proprio dal 1989, le questioni sociali, politiche, economiche, familiari e sessuali (problema del gender) sempre più diventano oggetto della riflessione teologica non solo nella diaspora ma anche nelle varie chiese ortodosse nazionali. Problemi quali la laicità dello stato e delle sue istituzioni, la secolarizzazione della cultura e della società, la revisione critica della famiglia tradizionale e della visione della sessualità, la questione della povertà e della violenza, la serietà delle migrazioni e il ritorno di varie forme di schiavitù ecc. suscitano crescenti confronti in ambito ortodosso. Particolarmente vivo è diventato poi negli ultimi anni il dibattito sulla questione dei populismi, giacché tocca profondamente il legame storico tra ortodossia e nazione. In numerose nazioni, infatti, identità nazionale e identità ortodossa sono storicamente congiunte; l’esperienza del socialismo reale non solo non ha tolto tale coincidenza, ma ne ha rafforzato talvolta il vigore, come appare assai chiaramente in Russia. Non mancano naturalmente teologi e gruppi ortodossi che offrono approcci diversi, specialmente nella diaspora nordamericana ma anche in paesi ortodossi europei (Grecia in primis).

 

Una discussione ampia e variegata

La discussione intraortodossa è ampia e con varietà di posizioni, con un forte coinvolgimento dei teologi laici – come è tradizionale nell’Ortodossia – con intervento di vari soggetti magisteriali, fino ai messaggi e documenti votati e pubblicati dal Sinodo panortodosso di Creta nel giugno scorso.

Il nuovo orizzonte delineato dall’emergere delle questioni dell’etica applicata ha portato allo sviluppo di una riflessione etica più formale e inevitabilmente più attenta alle esigenze razionali. S.S.Harakas, uno dei moralisti ortodossi più autorevoli nella seconda metà del secolo scorso, ha perciò elaborato una dottrina del moral decision making ovvero del discernimento morale sulla base di precisi criteri teologici ed etico-razionali. Altri autori – non ultimo T. Engelhardt, diventato ortodosso nel 1992 – hanno cercato di delineare il carattere dell’etica ortodossa nel contesto delle varie etiche confessionali, in genere sottolineandone il deciso carattere teologico e personalistico, il radicamento liturgico-sacramentale anche sul piano normativo, la strutturazione ecclesiale del discernimento della coscienza. Da parte di altri autori ancora, come J. Woodill, si è presentata l’etica ortodossa come un’esemplare etica delle virtù, dalla forte caratterizzazione comunitaria.

 

Un profilo teologico ed ecclesiale

Il ritorno della ragione etica nella riflessione morale ortodossa, provocata – come detto - dall’urgenza dell’etica applicata, non ha perso tuttavia l’apporto della teologia russa della diaspora e si è congiunto di fatto con la forte rivendicazione del carattere teologico ed ecclesiale della morale ortodossa. Una peculiarità questa che emerge costantemente e che è spesso prospettata come irrinunciabile dagli ortodossi a livello del dialogo etico ecumenico.

Solo due esempi, coi quali concludiamo questa presentazione.

  1. Quando S.S. Harakas si è posto in un articolo la questione di quello che l’etica ortodossa poteva offrire al movimento ecumenico ha risposto che non era tanto la sua modalità di risoluzione dei problemi, quanto il suo orizzonte di fede: «L’etica ortodossa può fare questo perché comprende che la fonte dell’etica cristiana non è in sé stessa, non in una filosofia, non nella squallida storia di millenni di ingiustizia perpetrata nel nome della “giustizia riparativa”, non nell’umana esperienza in generale, non nella moltiplicazione di “teologie dal basso”, ma nella luce della fede cristiana storica delle Scritture e della autentica Sacra Tradizione»[2].
  2. Nel 2013 Faith and Order ha pubblicato uno Study Document dal titolo Moral Discernment in the Churches. Ebbene, il lettore troverà subito all’inizio un testo in corsivo intitolato Orthodox Addendum [3]nel quale i componenti ortodossi della Commissione che ha elaborato il testo prendono le distanze dalla metodologia adottata nel testo stesso, vedendovi un approccio relativistico non corrispondente alla loro tradizione. In particolare si legge nell’Addendum: «Lo stesso approccio relativistico è applicato anche alle fonti, ma per gli ortodossi ci sono tre fonti originarie fondamentali per il discernimento morale: la Santa Trinità, la Sacra Scrittura e la Sacra Tradizione. Queste fonti non possono essere poste sullo stesso piano delle altre»[4].

 

[1] Per un inquadramento più ampio di tutto quel che qui si scrive rinvio al mio: L’etica ortodossa. Storia, fonti, identità, Cittadella Editrice, Assisi 2010.

[2] S.S.HARAKAS, What Orthodox Christian Ethics Can Offer Ecumenism in Journal of Ecumenical Studies  45 (2010) .3 (Summer), pp. 376-378, in particolare p. 378.

[3] Moral Discernment in the Churches. A Study Document, World Council of Churches Publications, Geneva 2013, 3-4 (Faith and Order Paper no.215). A p.4, n.1 si dice che tale Addendum è sostenuto anche dai cattolici.

[4]  Moral Discernment in the Churches. A Study Document,  4.

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