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l'Ospite

Il film "L'equilibrio"

Un'irritante pratica in continuo aumento è l’abuso della dicitura “tratto da una storia vera”, che sembra un segno di debolezza epistemologica e di cattiva coscienza, come a voler scontare, se non rinnegare, i fasti della libertà inventiva. Del tutto diverso è “L’equilibrio” di Vincenzo Marra, una storia che parla di vite spezzate ai confini della città di Napoli, autentica e lontana da ogni folklore.  

Giuseppe, un sacerdote campano già missionario in Africa, opera in una piccola diocesi di Roma. Messo in crisi nella sua fede, chiede al vescovo di essere trasferito in un comune della sua terra, e così viene spostato in un piccolo paesino del napoletano. Giuseppe prenderà il posto del parroco del quartiere, don Antonio, un uomo dal grande carisma e dalla magnifica eloquenza, ascoltato e rispettato da tutti perché combatte una battaglia contro i sotterramenti illegittimi di rifiuti tossici. Don Antonio per meriti acquisiti sta per essere trasferito a Roma. Prima di partire don Antonio introduce Giuseppe nella dura realtà del quartiere. Una volta rimasto solo, il sacerdote si dà da fare cercando di aiutare in tutti i modi la comunità, fino a quando, scoprirà la vera scomoda realtà di quel luogo. Giuseppe decide di seguire il suo percorso spirituale senza paura ma malgrado la sua grande tenacia e il suo coraggio, si scontrerà con una realtà molto dura che lo metterà nell’angolo.

Le esistenze dei protagonisti – come quelle di milioni di altri esemplari buoni o cattivi – scorrono a un tiro di gomito, nella pancia della stessa area metropolitana. Che è la cintura di Napoli o un qualunque posto dove si sta in troppi su una stretta linea di confine. Ma dove, nonostante tutto si può ancora scegliere di non lasciarsi sporcare e fare la cosa giusta. Questo film conferma che in fondo è sempre l’arte cinematografica a rendere memorabile la vita. 

Fabio Ferzetti su Il Fatto Quotidiano del 6 settembre 2017 scrive: “L’equilibrio lo scopre Marra dietro alla camorra. È uno dei migliori film di tutta la rassegna”.

Commenti

  • 29/09/2017 carissimavaleria@gmail.com

    Il bel film "L'equilibrio" di V. Marra ci presenta una rappresentazione del potere illegale fortemente negativa, che pervade ogni dimensione della realtà, che domina incontrastato la società civile che non si oppone, se non nella figura del sacerdote.

    Nell'incontro tra don Giuseppe e il camorrista della zona, non c'è possibilità di speranza. Il boss minaccia, sovrasta e quasi legittima il suo operare come una sorta di beneficenza nei confronti degli altri. Il richiamo letterario è illustre: l'incontro fallimentare di fra Cristoforo con don Rodrigo nei Promessi sposi di A. Manzoni. Ma, come nel romanzo ottocentesco don Rodrigo non vincerà, il male non avrà l'ultima parola, così nella società moderna possiamo e dobbiamo credere che combattendo il male e praticando la giustizia, l'illegalità sarà sconfitta.

  • 27/09/2017 Enzo Granese

    Nel fare una riflessione sul film, la mente va ai cosiddetti preti antimafia, che hanno istituito centri sociali nei quartieri, in cui la popolazione povera e bisognosa riesce a trovare un punto di appoggio; dove volontari, sociologi, psicologi e medici offrono il loro aiuto, sia materiale che ideale.

    Questa realtà ecclesiastica lascia comprendere che la Chiesa, per combattere il fenomeno della mafia, s'ispira al principio dell’incarnazione della fede nella storia concreta, calandosi nella sua situazione con i suoi problemi, i suoi condizionamenti, i suoi valori.

    In quest’opera educativa e di formazione delle coscienze anche la parrocchia è chiamata a dare un aiuto per non soccombere, invitando i cristiani a spogliarsi dell’abito mentale mafioso che si concretizza principalmente nell’omertà, nel ricatto, nella sfiducia nel potere costituito, nella tendenza a costituirsi in “gruppo” per gestire direttamente la propria difesa, nel distorto senso dell’onore, nella scarsa considerazione dei beni della comunità.

    Sac. Enzo Granese, Arcidiocesi di Sant'Angelo dei Lombardi 25/09/2017

  • 25/09/2017 marra.b@gesuiti.it

    Densa di significato e ricca di suggestioni l'interpretazione che viene data del film se si tiene presente che nel bel mezzo della post-secolarizzazione si è condotti inevitabilmente alla segmentazione dei processi all'origine della formazione del senso e sui quali si basavano le interpretazioni ultime del mondo e quindi anche quelle estetiche. In realtà, se si intende la filosofia dell'arte come analisi della mancanza di senso, perchè esiste una costitutiva differenza tra l'opera e l'intenzione che l'ha determinata, ben si comprende che il film esaminato presenta sì in controluce il paradosso cristiano. Il che è già un notevole risultato. Ma non dà la ragione trascendente dell'esistenza di Colui che ci ha dato bellezza, uccidendo con la sua morte chi ci aveva uccisi.

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