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È giusto sospendere i medici non vaccinati?

Anticipo la conclusione: sì, è giusto. Ma è un’affermazione rilevante eticamente, prima ancora che giuridicamente, e va dimostrata.

Deontologia professionale

Il più delle volte il medico non vaccinato è al tempo stesso un medico che sconsiglia apertamente la vaccinazione ai sui pazienti. In realtà l’art. 22 del Codice di deontologia professionale recita espressamente:

«Il medico può rifiutare la propria opera professionale quando vengano richieste prestazioni in contrasto con la propria coscienza o con i propri convincimenti tecnico-scientifici, a meno che il rifiuto non sia di grave e immediato nocumento per la salute della persona, fornendo comunque ogni utile informazione e chiarimento per consentire la fruizione della prestazione».

Tuttavia sconsigliare la vaccinazione non solo crea un danno alla persona assistita, ma in ogni caso non esime dal fornire utili informazioni per consentire la fruizione della stessa, cosa che i medici «non vaccinisti» non fanno. L’art. 22 inoltre, se da un lato garantisce la libertà di coscienza da parte del sanitario, dall’altro circoscrive questa ad atti che contrastino con i propri convincimenti tecnico-scientifici. Ma deve trattarsi di convincimenti fondati e provati.

Il tramonto della verità scientifica

E veniamo al secondo aspetto del problema. Ognuno, si dice oggi, può pensarla come vuole. In realtà non è così, e anche se il relativismo esasperato dei social ci ha abituati a questo, in ambito scientifico certamente non è vero. Affermazioni delle cosiddette autorità regolatorie, linee guida e raccomandazioni delle società scientifiche, studi seri e certificati costituiscono una fonte autorevole e ineludibile di «verità scientifica». Se un qualunque medico ritiene che tali affermazioni non siano vere, sfidi apertamente questi organismi, ma non faccia poi appello agli stessi qualora un giorno dovesse essere denunziato per malpractice.

In sede giudiziale, infatti, le determinazioni di tali organi costituiscono una fonte di riferimento certo e sulla loro base il medico (al di là delle componenti di negligenza, imprudenza o imperizia) potrà essere condannato o assolto. Per cui dietro la decisione di non vaccinarsi per motivi da lui/lei ritenuti plausibili c’è solo incapacità di saper leggere correttamente il dato scientifico. È ignoranza e malafede, non libertà di coscienza.

Il danno che provoca la non vaccinazione di un sanitario e lo sconsigliare ai suoi pazienti di vaccinarsi è molteplice. Innanzitutto chi dovrebbe essere promotore e difensore della vita (su questo ha giurato il giorno della sua laurea o abilitazione) è drammaticamente sconfessato da questa scelta.

I numeri parlano chiaro: è vero che la vaccinazione da sola non basta, è vero che anche i vaccinati possono contrarre l’infezione, è vero che possono esservi rari eventi avversi conseguenti al vaccino, ma è vero anche che il maggior numero di ricoveri è di persone non vaccinate, che statisticamente l’infezione colpisce con meno intensità nei soggetti vaccinati, che c’è una drastica riduzione dei ricoveri in terapia intensiva, ecc.

Perdita di autorevolezza

Non vaccinarsi non promuove la salute dei singoli e della collettività e quindi, molto semplicemente, tradisce la missione umanitaria del medico. Inoltre questa sua ostinata negazione della realtà (che, invece, pretende sia dalla sua parte) ha creato un grande disorientamento. Prima al medico si dava fiducia, adesso tutto questo è entrato in crisi e le sue posizioni non sono molto diverse da quelle che circolano su Facebook e tra le quali il paziente può scegliere liberamente.

Infine non essere vaccinati significa essere potenziale fonte di contagio nonostante le altre misure di sicurezza adottate, e significa rallentare la fuoriuscita definitiva dalla pandemia.

Doveri e diritti

Un’ultima considerazione alla fine di queste riflessioni, e di natura squisitamente etica, riguarda il concetto di «dovere» di vaccinarsi, che è stato messo in crisi soprattutto da alcuni filosofi, magistrati, politici che, per l’occasione, si sono improvvisati epidemiologi, immunologi, infettivologi, biostatistici (ma perché Mancini ci ha tolto il gusto di essere tutti commissari tecnici della nazionale di calcio?).

Secondo questo popolo di saggi esisterebbe il diritto di non vaccinarsi, ma non il dovere di farlo. Il discorso si farebbe lungo in questa sede, chiamando in causa non solo l’etica ma, attraverso di essa, anche la filosofia del diritto.

Il dovere ha, infatti, molteplici accezioni ed espressioni. Certamente comporta qualcosa che iussivamente va fatto, in caso contrario sarebbe una semplice raccomandazione o un consiglio. E va fatto, il più delle volte, in rapporto a un diritto. Quindi è chiaro che se dovesse sussistere un diritto a non vaccinarsi, allora non potrà che esservi il dovere di assecondare questo diritto più che contrastarlo.

Ma il dovere riguarda anche la realizzazione del bene oggettivo, e la salute è proprio un bene oggettivo (o «valore non morale» come, con un’espressione che non amo molto, viene spesso indicato). In realtà io non ho diritto di togliermi la vita o di drogarmi, e se il singolo o lo stato intervengono per evitarlo, perché non dovrebbero farlo per la vaccinazione? E com’è possibile che la persona che più dovrebbe promuovere tale «comportamento virtuoso» sia il primo a non rispettarlo, anzi a negarlo o promuovere azioni contrarie?  

So bene che, venuto meno il vero scientifico e messo in crisi anche il vero logico, rimane ben poco, e forse l’approccio dovrà essere di varia natura. Ma nel frattempo, come dicevo all’inizio, sì: è giusto sanzionare il medico che non vuole vaccinarsi e induce i suoi pazienti a fare altrettanto.

Si tratta di un provvedimento che sancisce, per modum negationis, la vera natura e missione del suo essere medico.

 

Salvino Leone, medico, è docente di teologia morale e bioetica alla Facoltà teologica di Sicilia e vicepresidente dell’ATISM. Tra le sue opere più recenti Bioetica e persona. Manuale di bioetica e medical humanities, Cittadella, Roma 2020.

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