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Attualità
Attualità, 20/1981, 15/10/1981, pag. 465

Mozambico: premesse al modus viventi

R.P.

Leggi anche

Documenti, 2025-19

Il caso Italia

II Rapporto della Pontificia commissione per la tutela dei minori

Il II Rapporto annuale della Pontificia commissione per la tutela dei minori sulle politiche e procedure della Chiesa, pubblicato il 16 ottobre, ha come periodo di riferimento il 2024 e prende in esame le conferenze episcopali che nel corso del 2024 sono andate in visita ad limina presso la Santa Sede e quindi hanno anche incontrato la Commissione, che recentemente è stata rinnovata nei suoi vertici. È questo il caso dell’Italia, che nella valutazione della Pontificia commissione presenta alcune criticità: «La Commissione rileva una notevole resistenza culturale in Italia nell’affrontare gli abusi. I tabù culturali possono rendere difficile per le vittime/sopravvissuti-e e per le loro famiglie parlare delle proprie esperienze e denunciarle alle autorità». La motivazione è articolata in una serie dettagliata di osservazioni e raccomandazioni, sia generali sia specifiche per regioni. Il Rapporto osserva che nonostante «alcune Chiese locali siano riuscite a creare soluzioni pionieristiche e persino a instaurare proficue collaborazioni con la società civile, permangono forti disparità tra le diverse regioni». Inoltre la CEI «non dispone di un ufficio centralizzato di ricezione delle segnalazioni/denunce e di analisi, in modo tempestivo e comparativo, della corretta gestione dei casi nelle diverse regioni, al fine di promuovere lo sviluppo uniforme ed efficace di servizi inerenti alle denunce». Lo stesso 16 ottobre la CEI ha risposto con una nota (cf. in questo numero a p. 611). Pubblichiamo la sezione del Rapporto relativa alla Conferenza episcopale italiana (pp. 47-70).

Documenti, 2025-19

La Parola sul cuore

Lettera sulla trasmissione della fede

Card. Roberto Repole, arcivescovo di Torino e vescovo di Susa

È la trasmissione della fede in un tempo di secolarizzazione il tema del documento pastorale del card. Roberto Repole, arcivescovo di Torino e vescovo di Susa, intitolata La Parola sul cuore. Lettera sulla trasmissione della fede e pubblicata il 21 settembre per l’anno pastorale 2025-2026. Partendo dall’incipit della Prima lettera di Giovanni, il card. Repole constata – di fronte al venir meno di un cristianesimo di popolo – la necessità di «cristiani che annunciano con la testimonianza della loro vita, in tutte le dimensioni della loro esistenza... Solo dei cristiani che si lasciano continuamente immettere nella comunione con Cristo e con i fratelli possono risultare credibili e possono far sì che il Vangelo sia preso in seria considerazione da chi li incontra».

Al tempo stesso a livello comunitario «si rende indispensabile un cambiamento di rotta» nella mentalità e nelle strutture deputate all’annuncio, ancora imperniate nella catechesi ai bambini che continua ad assorbire la gran parte delle energie, indirizzando invece l’attenzione verso i giovani («la pastorale giovanile non può più essere considerata come uno dei tanti ambiti dell’agire ecclesiale»), gli adulti e le persone di altre culture.

Documenti, 2025-13

Una missione globale per l'UE

Commissione degli episcopati dell’Unione Europea (COMECE)

«In un ambiente globale plasmato dalla rivalità geopolitica, dall’accelerazione dei cambiamenti tecnologici e dalle ambizioni strategiche delle potenze in ascesa, l’UE si trova di fronte a sfide significative per mantenere la propria credibilità e la propria presenza a livello globale, mantenendo coerentemente l’impegno verso la propria visione fondativa». Nel documento di riflessione intitolato Il ruolo dell’Unione Europea in un mondo in cambiamento. Dalla visione fondativa a una missione globale, pubblicato il 23 giugno in vista del Consiglio europeo del 26-27 giugno e nel contesto delle discussioni sul Quadro finanziario pluriennale post-2027, i vescovi cattolici dell’Unione Europea riconoscono la necessità di una difesa armata di fronte allo sconvolgimento in atto dell’ordine mondiale. Tuttavia chiedono che l’Unione Europea non abdichi dai suoi principi fondativi e dal suo essere nata come progetto di pace. «Se l’UE vuole rimanere un attore globale credibile, non deve cercare di recuperare il dominio politico o la centralità geografica, né il suo contributo deve ridursi unicamente alla fornitura di soluzioni economiche e tecnologiche. La peculiarità dell’UE dovrebbe risiedere soprattutto nella sua identità di vera e propria “unione nella diversità”, che rinnova costantemente il suo impegno nei confronti dello spirito della sua visione fondativa e sviluppa ulteriormente la sua capacità d’iniziativa per perseguire la solidarietà pratica e la pace, sia tra i suoi membri che nelle sue relazioni con il mondo intero».