Chiesa in Italia

Edizione 2023

La coscienza e il potere

Forme e figure della politica

 

Introduzione

 

Una delle caratteristiche di questi percorsi di cultura politica, che sperimentiamo qui a Camaldoli per il terzo anno, è quella di uno sguardo sulla storia non solo come analisi del passato, ma come apertura verso il futuro. La storia è un processo aperto. Il che significa, sinteticamente, che il rapporto fra i tempi – chi legge e cosa legge – non è mai concluso. Questo vale naturalmente anche per la luce che il passato getta sul presente.

Sotto lo sguardo retrospettivo del tempo, gli eventi trascorsi si trasformano essi stessi, non hanno una dimensione fissistica, benché l’effettività di quello che è accaduto non possa essere cambiata da qualche nuovo presente. Tuttavia, l’immagine del passato e dei passati viene riguardata continuamente sotto altra luce e in questo modo si approfondisce e si trasforma, talora si falsifica. L’interpretazione è un’avventura rischiosa, ma necessaria.

I tempi che viviamo ci fanno capire forse in maniera ancora più approfondita questo passaggio, questo andirivieni della storia. Basti pensare a tre grandi eventi che hanno un significato generale: uno riguarda da tempo e in modo ormai costante il tema dei negazionismi, e tra tutti soprattutto il tema drammatico, la grande tragedia del Novecento, quel «buco nero» della storia che è la Shoah. In secondo luogo, possiamo rammentare quella «certezza» durata settant’anni che va sotto la definizione di Guerra fredda: su quella «certezza» ha poggiato un ordine internazionale nel quale si è sviluppata quella che S.P. Huntington ha chiamato la terza ondata della democratizzazione, all’interno della quale è maturata la crisi di legittimità, soprattutto nella coscienza occidentale dei regimi autoritari, che ha comportato la fine di quell’ordine con la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Ma poi, in questo anno, è bastata la guerra imperialista e di aggressione di Putin all’Ucraina perché alcuni di quei passati ritornassero, perché si fermassero quei processi di costruzione di regimi ibridi (democratici e autoritari) che avevano coinvolto negli ultimi trent’anni paesi come la Russia, la Cina stessa, e tutto si rivolgesse di nuovo e diversamente verso le forme totalitarie. In terzo luogo, possiamo qui appena nominare quel processo economico e comunicativo che va sotto il nome di «globalizzazione», che determina una forma totalizzante di «contemporaneismo spazio-temporale».

Coscienza autonoma ed eteronoma

Accanto a questi cambiamenti di natura geopolitica, la svolta antropologica in atto che riguarda i temi della comunicazione e della tecnologizzazione dell’esistenza ha prodotto quel presentismo nel quale siamo immersi, che rischia di portare con sé una sorta di collasso narrativo: stiamo smarrendo i criteri di fondo con cui stabilire quelle forme di Weltanschauung che sono un elemento fondamentale per descrivere e circoscrivere il presente e gli avvenimenti che abbiamo di fronte. Sono forme nuove di antagonismo ideologico ed etico, di fronte alle quali abbiamo difficoltà a descrivere mo-delli narrativi. Questo attiene anche alla deriva della postmodernità, che oggi assume un carattere molto radicale nel manifestarsi dell’individualismo, soprattutto giovanile, e questo comporta una difficoltà nuova a livello di comunicazione ma soprattutto nella definizione della coscienza.

Dopo aver affrontato la questione dei totalitarismi e le metamorfosi della democrazia, ci volgiamo quest’anno al tema della coscienza in relazione al potere, meglio ai poteri: non solo quello politico, ma anche le visioni religiose del potere e della violenza. Lo facciamo chiamando in causa, accanto all’analisi storico-politica, anche testi letterari che sono come dei codici della nostra cultura: da Antigone, a Dostoevskij, a Orwell.

La coscienza è stata interpretata filosoficamente e teologicamente come coscienza autonoma, come il luogo della manifestazione della Grazia e fondamento – la figura è evidentemente rahneriana – della libertà trascendentale. «L’esperienza di Dio, implicita nell’esperienza della trascendenza, non viene fatta in primo luogo (...) in una riflessione teoretica, bensì nell’attuazione originaria della conoscenza e della libertà quotidiana». Come a dire che se prestiamo attenzione in maniera riflessa e ne facciamo un luogo di esercizio della responsabilità e se prestiamo attenzione al luogo in cui diventiamo più pienamente umani, siamo sulla buona strada per riconoscere sia la direzione impartita da Dio ai nostri cuori, sia lo svolgersi quotidiano della nostra interazione con Dio-in-quanto-grazia e con le persone che incontriamo. L’altra definizione attiene alla coscienza come eteronoma. Anche questa strada, non necessariamente contrapposta alla prima, ma più carica dei limiti della storicità, qualifica e comprende la coscienza come relazione e quindi come condizione fisica, psichica e socio-culturale, in cui il rapporto con l’altro volge al tema della libertà condizionata.

Guarderemo dunque alle forme e alle figure del potere partendo da questo asse analitico, ma guarderemo anche alle possibilità di libertà che la coscienza ha nella storia, a partire dai vincoli del potere. Lo facciamo, come sempre, muovendo dall’ispirazione cristiana.

 

Gianfranco Brunelli,

direttore de Il Regno

 

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