«La questione dell’unità delle Chiese va ben oltre il livello della comprensione interconfessionale: ha una notevole portata sociale e politica… Ciò che vale per il futuro del cammino comune delle Chiese vale anche per il futuro dell’umanità: per la pace è fondamentale il modo in cui impariamo a gestire in modo costruttivo le differenze e i conflitti e ad approfondire le relazioni con chi sta al di là del confine». Il 14 marzo 2024 la Conferenza episcopale tedesca e la Chiesa evangelica in Germania hanno presentato un documento congiunto sullo sviluppo dell’ecumenismo, in cui sottolineano come la formula dell’unità visibile nella diversità riconciliata, individuata dopo la commemorazione della Riforma del 2017, rappresenti un passo importante verso una convivenza positiva. Il documento, intitolato Più visibilità nell’unità e più riconciliazione nella diversità. Sulle opportunità di un ecumenismo orientato al processo, indica obiettivi, passi e vie per un’unità più visibile e una diversità più riconciliata e cerca soluzioni su come concretizzare la formula dell’unità visibile coniata nel 2017, e si colloca temporalmente tra il 500° anniversario della Riforma e il 500° anniversario della Confessio augustana nel 2030. Sulle questioni molto vive della comunione eucaristica e del ministero «bisogna riconoscere che non possiamo aspettarci una svolta in un prossimo futuro», purtuttavia la situazione attuale non va vista «come un momento di stagnazione ecumenica e di aspettative deluse».
«Il nostro mondo è cambiato in modo significativo da quando papa Benedetto XV denunciò i massacri della Prima guerra mondiale, un conflitto caratterizzato da rapidi sviluppi della tecnologia militare, tra cui il primo uso diffuso di carri armati, guerra aerea e gas nocivi. Così com’è cambiato da quando papa Pio XII ha condannato l’uso di armi nucleari per distruggere intere città alla fine della Seconda guerra mondiale. Nei prossimi anni continueremo inevitabilmente ad assistere a ulteriori cambiamenti nel modo in cui le persone combattono e si uccidono a vicenda. Tuttavia i principi della nostra fede rimangono coerenti e l’insegnamento sociale cattolico… fornisce una guida importante per navigare in questi sviluppi». Nel documento Chiamati a essere costruttori di pace, pubblicato il 22 maggio, i vescovi cattolici di Inghilterra e Galles esaminano il caso morale a favore e contro il mantenimento e la fornitura di forze armate, sia per la difesa del Regno Unito (uno dei principali produttori di armi al mondo) sia tramite la vendita di armi ad altri paesi. L’aspetto più innovativo del testo è il tentativo di applicare il quadro etico dell’insegnamento sociale cattolico alle nuove forme di guerra (droni senza pilota, intelligenza artificiale, attacchi informatici o militarizzazione dello spazio), che si trovano ancora fuori dall’ambito della tradizionale teoria della guerra giusta, oltre che fuori dalla competenza del diritto internazionale esistente, che deve ancora affrontare il problema di come le tecnologie più recenti stanno trasformando il volto della guerra.
«Ciò che siamo in grado di affermare in ogni situazione pastorale è la verità che la singola persona, per quanto angosciata e disturbata nel suo senso di sé e della realtà, è conosciuta e amata da Dio in tutta la sua complessità, compresa la confusione sulla sua identità di genere». È questa la visione che guida la «riflessione pastorale» dedicata dai vescovi cattolici d’Inghilterra e Galles alle questioni di genere e d’identità, resa pubblica lo scorso 25 aprile. Un titolo d’ispirazione biblica, Ricamati dal Signore (in inglese il verbo del Salmo 139,15 recita «intricately wowen», alla lettera «tessuti in modo complesso»), introduce un testo che ricapitola con molta chiarezza ciò che negli anni recenti – da che il gender è passato da oggetto di studi accademici a questione in primo piano nel discorso pubblico – il magistero ecclesiale ha elaborato a proposito della «teoria dell’identità di genere» e delle persone che vivono una «disforia di genere»: «Seguendo l’esempio di papa Francesco in questo delicato settore, anche noi distinguiamo tra la cura pastorale della persona che vive queste lotte e l’“ideologia (trans)gender”».
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