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Attualità
Attualità, 4/2011, 15/02/2011, pag. 130

La Chiesa e Israele: Infedeltà e salvezza

P. Stefani
Per comprendere la Lettera ai Romani occorre far tesoro di un paradosso: un individuo si rivolge a una piccola comunità e mentre fa ciò il suo sguardo abbraccia il mondo intero. I destinatari erano di sicuro molto pochi se confrontati con l’enorme popolazione dell’Urbe imperiale. Li accomunava la fede in Cristo, ma non l’origine. Vi erano degli ebrei e vi erano sicuramente anche dei gentili che, prima di accogliere l’Evangelo, si erano già accostati all’ebraismo entrando a far parte della categoria nota come «timorati di Dio». Difficile sapere se ci fossero altre provenienze. Impossibile conoscere chi per primo abbia fatto giungere il «buon annuncio» a Roma. Rispetto a questa mancanza d’informazione, la capitale dell’Impero è accomunata a Damasco, Antiochia e Alessandria. Di certo non si trattò di uno dei Dodici e tanto meno di Paolo, che dichiara apertamente di rivolgersi a una comunità non fondata da lui.

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P. Stefani
Ci sono vari modi per presentare i sogni del faraone interpretati da Giuseppe (cf. Gen 41,1-36). Uno di essi consiste nel parlare di sogni e politica. Nella tradizione politica più nobile risuona tuttora il detto che fu di Martin Luther King: «I have a dream». In qualche modo se ne avverte ancora l’eco; tuttavia, da qualche anno più conforme alla cronaca sarebbe piuttosto il ricorso al verbo «essere». A molti leader recenti o attuali ben s’attaglierebbe il detto: «I am a dream». Né l’una né l’altra formulazione sono, però, davvero confacenti a quanto avvenne nell’episodio di Giuseppe. Per qualificarlo, l’espressione migliore sarebbe: «L’interpretazione dei sogni e la politica».
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P. Stefani
Vi è una percezione sufficientemente diffusa in base alla quale, dopo la morte delle grandi e terribili ideologie che hanno insanguinato buona parte del secolo XX, le religioni abbiano trovato un terreno più fertile per giocare un ruolo nella sfera pubblica. L’espressione ormai storica di «rivincita di Dio» indica in modo efficace questa precomprensione. In realtà il discorso è più articolato di quanto non presupponga questo schema. Le religioni, infatti, hanno assunto il posto delle ideologie nella misura in cui esse stesse si sono ideologizzate. Inoltre, siccome fa parte costitutiva dell’apparato ideologico contrapporsi a posizioni giudicate antitetiche, le religioni ideologiche vivono solo nella misura in cui sono nelle condizioni di entrare in polemica, verbale o fattuale, con gli avversari.