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Attualità
Attualità, 8/2011, 15/04/2011, pag. 231

Benedetto XVI - Gesù di Nazareth. II parte: il Gesù di Ratzinger. Il messaggio e la figura

P. Stefani
Se si confrontano tra loro la prima e la seconda parte del volume di Joseph Ratzinger – Benedetto XVI Gesù di Nazaret, si trovano tra esse, come era da attendersi, molte linee di continuità, la più evidente delle quali si palesa fin dalla copertina: si tratta del mantenimento della duplice qualifica dell’autore. Nella parte pubblicata nel 2007 ciò poteva giustificarsi anche in base al fatto che ampie sezioni del libro erano state dichiaratamente stese prima dell’elezione del card. Ratzinger al soglio pontificio. L’argo mento non vale, ovviamente, per la seconda parte; tuttavia la strada era segnata e non era opportuno abbandonarla.

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60 anni di dialogo ebraico-cristiano: l'unica radice

C.M. Rutishauser, P. Stefani

Il significato del rapporto ebraico-cristiano «non è dato da sé», ma è «costituito dal contesto sociale», soggetto a «forti cambiamenti», come quello rappresentato dal massacro compiuto da Hamas e da ciò che ne è seguito. Muove da questo presupposto il gesuita C.M. Rutishauser, che mette a fuoco tre snodi: la compresenza di due narrazioni secolari sulla colpa europea, quella della Shoah e quella del postcolonialismo; la rimessa in discussione del paradigma occidentale della secolarizzazione e il confronto mondiale tra forze liberaldemocratiche e forze identitarie di cui Israele sembra oggi il teatro; il compito attuale del dialogo ebraico-cristiano alla luce del legame storico e teologico tra ebraismo e cristianesimo. Un dialogo oggi urgente e allo stesso tempo in crisi, come afferma P. Stefani, rileggendo, nel 60° della sua promulgazione, la dichiarazione conciliare Nostra aetate. Essa è stata l’«inizio di una svolta» nei rapporti cattolico-ebraici e «foriera di grandi e tutt’altro che esaurite conseguenze». Cruciali tra di esse l’abbandono, tuttora incompiuto, della teologia della sostituzione e l’assenza, nel testo conciliare, del tema del rapporto della Chiesa con la terra d’Israele.

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Sogni e politica alimentare

Roosevelt e Giuseppe

P. Stefani
Ci sono vari modi per presentare i sogni del faraone interpretati da Giuseppe (cf. Gen 41,1-36). Uno di essi consiste nel parlare di sogni e politica. Nella tradizione politica più nobile risuona tuttora il detto che fu di Martin Luther King: «I have a dream». In qualche modo se ne avverte ancora l’eco; tuttavia, da qualche anno più conforme alla cronaca sarebbe piuttosto il ricorso al verbo «essere». A molti leader recenti o attuali ben s’attaglierebbe il detto: «I am a dream». Né l’una né l’altra formulazione sono, però, davvero confacenti a quanto avvenne nell’episodio di Giuseppe. Per qualificarlo, l’espressione migliore sarebbe: «L’interpretazione dei sogni e la politica».
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Italia - Dialogo ebraico-cristiano: Chiesa e Israele

Gli interrogativi teologici posti dal gruppo Teshuvah

P. Stefani
Da vari anni opera a Milano il gruppo interconfessionale Teshuvah. La parola in ebraico significa «ritorno, pentimento» (nell’ebraico contemporaneo anche «risposta»). La denominazione prospetta, accanto all’ascolto della tradizione ebraica, l’esigenza di un cammino di conversione inteso come «ritorno» a Dio, alle fonti bibliche e alle origini della tradizione cristiana. Questa prospettiva ha una propria peculiarità che caratterizza gli obiettivi del gruppo in modo differente da quelli delle esperienze di amicizia o di dialogo tra ebrei e cristiani.