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Attualità
Attualità, 20/2017, pag. 588

Populismi - Giustificazione religiosa: popolo e Scrittura

Giuliano Martino

La questione delle aspirazioni secessioniste è un tema che sta riportando alla ribalta uno degli aspetti storicamente e giuridicamente più intricato ma decisivo per l’Europa: che cosa si intende con il termine popolo e chi è che lo dovrebbe riconoscere come tale? Per rispondere a questo quesito è interessante riflettere anche da un punto di vista biblico - la Bibbia è, infatti, il racconto di un popolo. Intraprendiamo questa piccola esplorazione con l’aiuto di Renato De Zan, sacerdote della diocesi di Concordia – Pordenone, docente ordinario di Critica ed ermeneutica al Pontificio Ateneo S. Anselmo e invitato alla Pontificia università gregoriana

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«Apostolato» e «digitale». Due termini che potrebbero suonare strani accostati l’uno all’altro. Eppure un’attenta riflessione ci svela che non è così: «Viviamo una condizione digitale, cioè un tempo della storia in cui il digitale è parte integrante di quello che siamo, di come lo viviamo, di cosa speriamo, anche di quello in cui crediamo. A questa condizione si rivolge la Chiesa, che nativamente e costitutivamente fa apostolato, ossia offre la notizia di Cristo al tempo che vive e in quella notizia accompagna l’umanità nel suo cammino». A spiegare che cosa lega queste due dimensioni è il direttore dell’Apostolato digitale, ufficio inserito all’interno della Pastorale universitaria, che nasce nel novembre 2019 a seguito della riflessione del Sinodo sui giovani, celebrato l’anno precedente, sulla sfida che l’ambiente digitale rappresenta per la Chiesa.1

 

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