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Attualità
Attualità, 22/2018, 15/12/2018, pag. 641

Serbia e Kosovo: ritorno ai confini etnici

Intervista a Florian Bieber

Paolo Segatti

A colloquio con Florian Bieber, politologo e storico, esperto di relazioni interetniche, conflitti etnici e nazionalismo e insegnante di Storia e politica dell’Europa sudorientale presso l’Università di Graz. Gli abbiamo posto alcune domande a partire dalle notizie che dall’agosto scorso sono circolate circa una ridefinizione dei confini tra Serbia e Kosovo e uno scambio di territori.

Florian Bieber è politologo e storico. S’interessa di relazioni interetniche, conflitti etnici e nazionalismo e insegna Storia e politica dell’Europa sudorientale presso l’Università di Graz. Coordinando il Balkans in Europe Policy Advisory Group, gli abbiamo posto alcune domande a partire dalle notizie che dall’agosto scorso sono circolate circa una ridefinizione dei confini tra Serbia e Kosovo e uno scambio di territori.

– Ci può spiegare i contenuti dell’accordo tra i primi ministri serbo e kosovaro sulla modifica dei confini e lo scambio dei territori? Possiamo definirlo «accordo»?

«Nessuno ne sa nulla e non sono stati fatti circolare dei progetti. Si può solo presumere che l’accordo potrebbe cambiare i confini tra Serbia e Kosovo. La cosa più chiara e comunque più importante è che il Nord del Kosovo, con 4 comuni popolati in maggioranza da serbi (Zubin Potok, Zvečan, Mitrovica e Leposavić), dovrebbe unirsi alla Serbia. Gli altri comuni del Sud che sono a maggioranza serba ma non confinano con la Serbia (con l’eccezione del piccolo comune di Ranilung) non saranno interessati dai cambiamenti dei confini.

Quello che invece non è chiaro è se passeranno (in tutto o in parte) al Kosovo due comuni serbi che hanno un’ampia popolazione albanese, Preševo e Bujanovac. Qui la sfida è il fatto che vi sono molti serbi e non è chiaro come verrà disegnato il confine. Sorge anche il problema su come difendere la minoranza serba nel Kosovo meridionale».

– Com’è nata questa idea? Da quali paesi ha avuto origine il progetto?

«È dagli anni Novanta che circolano progetti di ripartizione della popolazione kosovara in Serbia. Ed è da anni che l’attuale ministro degli Esteri serbo Ivica Dačić chiede la modifica dei confini. L’istanza è stata fatta propria e accettata dal presidente serbo e, almeno in teoria, dal presidente del Kosovo Hashim Thaçi, presumibilmente per motivi molto pragmatici».

– Che cosa ne pensa l’opinione pubblica serba e kosovara?

«In Kosovo c’è una consistente maggioranza contraria, ma anche in Serbia c’è una forte resistenza, in particolar modo se questo significherà concedere dei comuni al Kosovo».

– E la Chiesa ortodossa?

«La Chiesa ortodossa serba non si è espressa chiaramente ma esponenti del clero kosovaro si sono dichiarati contrari alla partizione poiché questo renderebbe i serbi, le chiese e i monasteri del Sud Kosovo più vulnerabili».

UE divisa, il rischio contagio

– L’Unione Europea ha una posizione comune sulla questione? C’è qualche altro paese consapevole della posta in gioco?

«L’Unione Europea è divisa. In passato era per lo più contraria. Tuttavia alcuni paesi come la Francia e l’Austria avevano messo in chiaro che avrebbero accettato dei cambiamenti di confine se ci fosse stato un accordo. Solo la Germania si è dichiarata negli ultimi mesi apertamente contraria alla partizione. La posizione dell’Italia non è particolarmente visibile.

Gli Stati Uniti hanno fatto sapere che avrebbero accettato cambiamenti nei confini e la Russia ha mostrato un suo possibile sostegno. Tuttavia, la questione è se la Russia manterrà o meno la sua opposizione all’indipendenza del Kosovo. Dopotutto i cambiamenti nei confini del Kosovo possono essere immaginati solo se questo porta il paese a essere riconosciuto come tale a livello internazionale e a entrare nelle Nazioni Unite. Come si può vedere, il diavolo sta nei dettagli…».

– Se la modifica territoriale e lo scambio della popolazione andassero in porto quali sarebbero le conseguenze su altre linee di frattura, come ad esempio quella bosniaca?

«Innanzitutto questo cambiamento non è inevitabile e vi è una resistenza considerevole. Poi, sarà difficile definire i dettagli ed emergeranno problemi ulteriori per i serbi in Kosovo: è molto probabile, infatti, che la protezione di questa minoranza sia messa in discussione se vi saranno cambiamenti nei confini del Kosovo. Anche gli albanesi saranno dalla parte “sbagliata” del confine.

Questo potrebbe inoltre incoraggiare altri nazionalisti a chiedere altri cambiamenti nei confini come in Bosnia. Naturalmente l’argomentazione principale è che per cambiare i confini nel caso del Kosovo e della Serbia occorre un accordo reciproco tra due parti e non un cambiamento unilaterale che limiterebbe la sua diretta applicabilità altrove. Comunque incoraggerà domande di cambiamento dei confini e invierà il messaggio che modificare i confini su base etnica è possibile».

– Quali sono le linee di frattura ancora irrisolte nei Balcani occidentali?

«La sfida principale è lo status del Kosovo e la normalizzazione delle relazioni con la Serbia. L’altro problema principale è lo status della Bosnia e, per essere più precisi, far sì che il paese sia messo in grado di funzionare e di avvicinarsi maggiormente all’Unione Europea».

– A che punto è il Processo di Berlino dopo il summit di Trieste del 2017 e il Forum della società civile?

«Il processo si sta indebolendo e il prossimo summit che si terrà in Polonia, che non ha una grande tradizione in favore dell’allargamento dell’Unione Europea, dei Balcani occidentali e dello stato di diritto, non è molto promettente. Allo stesso tempo un certo numero di buone iniziative si sta realizzando nell’ambito del processo.

Questo comprende il tentativo di affrontare apertamente problematiche bilaterali della regione. Oltre alle dichiarazioni firmate a Vienna e a Londra c’è un processo per risolvere le questioni bilaterali. Ci sono altre iniziative simili che sono state aperte dal Processo di Berlino e che stanno portando a qualche risultato».

 

a cura di
Paolo Segatti

 

l’ABC

Il Processo di Berlino è una iniziativa diplomatica, voluta dalla Germania, che punta all’allargamento dell’Unione Europea ai paesi dei Balcani occidentali. Esso prevede un meccanismo di cooperazione intergovernativa in vista di infrastrutture e investimenti economici nell’Europa del Sud-est. È stato inaugurato dalla Conferenza di Berlino dell’agosto 2014, seguita da quella di Vienna (agosto 2015), Parigi (2016) e Trieste (2017).
Il prossimo summit si terrà in Polonia.

Sorto dopo la Conferenza di Vienna del 2015, il Forum della società civile dei Balcani occidentali è una «piattaforma che riunisce organizzazioni di intellettuali e della società civile interessate alla politica della regione. Il suo scopo è di contribuire ad avviare processi politici attinenti l’intera regione attraverso la comunicazione delle più recenti esperienze
e ricerche sul campo ai decisori politici e attraverso l’impegno in campagne pubbliche di sostegno» (https://wb-csf.eu/).

Tipo Articolo
Tema Vita internazionale Politica Pace - Guerra
Area EUROPA
Nazioni

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