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Attualità
Attualità, 4/2023, 15/02/2023, pag. 78

Cammino sinodale - LGBT+: con tutto il cuore

Da dove nasce il documento dei 50 sacerdoti omo-bisessuali

Giuseppe Piva

Il contributo al cammino sinodale a cui accenno in questo articolo – interamente pubblicato ne Il Regno-doc. 2,2023,101 – è il frutto della condivisione di circa 50 sacerdoti diocesani e religiosi con orientamento omosessuale o bisessuale, riuniti in vari incontri tra febbraio e marzo 2022, in almeno 7 piccoli gruppi o con un lavoro individuale. Invitati dalla rete degli operatori pastorali con persone LGBT+ hanno accettato di mettersi in gioco per raccontare il loro vissuto, le loro difficoltà e le loro speranze.

Il contributo al cammino sinodale a cui accenno in questo articolo – interamente pubblicato ne Il Regno-doc. 2,2023,101 – è il frutto della condivisione di circa 50 sacerdoti diocesani e religiosi con orientamento omosessuale o bisessuale, riuniti in vari incontri tra febbraio e marzo 2022, in almeno 7 piccoli gruppi o con un lavoro individuale. Invitati dalla rete degli operatori pastorali con persone LGBT+ hanno accettato di mettersi in gioco per raccontare il loro vissuto, le loro difficoltà e le loro speranze; nella convinzione – «con tutto il cuore» – che la fedeltà del Signore alla loro vita e alla loro vocazione riempia di fecondità il loro ministero nella Chiesa.

La finalità di questo documento, rimasto riservato da marzo a dicembre 2022, è il solo desiderio che alla Chiesa in cammino sinodale non manchi anche la loro voce. Esso fa parte di un opuscolo con altri contributi per il Sinodo, che invito a scaricare e leggere con interesse;1 si sviluppa in due parti: la I («Solitudini, ferite, silenzi») è una narrazione del vissuto sofferto dei sacerdoti omo-bisessuali dentro la comunità cristiana; consapevoli d’appartenere a una minoranza mal tollerata a cui anzi è negata legittimità o addirittura l’esistenza e che, per questo comprensibilmente, sviluppa varie dinamiche di sopravvivenza, sane e insane che siano.

Nella II parte («Il dono della vocazione e del servizio»), invece, si apre una prospettiva interiore di trascendenza di sé – di cui si sentono legittimamente capaci – che li fa aprire alla vocazione come dono di sé, vissuto in una prospettiva di servizio alla comunità. Infine la conclusione in prospettiva ecclesiale e sinodale: «Camminando insieme s’apre il cammino».

Le ambiguità dell’istruzione del 2005

Alla radice del vissuto d’esclusione ecclesiale dei sacerdoti omosessuali ci sono le indicazioni disciplinari apparse per la prima volta in modo esplicito nell’istruzione della Congregazione per l’educazione cattolica del 2005: Istruzione circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione agli ordini sacri; poi confermate e reiterate nelle varie Ratio sulla formazione nei Seminari fino al 2016 e attualmente in vigore.

Al paragrafo 2 l’istruzione afferma: «La Chiesa (…) non può ammettere al seminario e agli ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay. Le suddette persone si trovano, infatti, in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne. Non sono affatto da trascurare le conseguenze negative che possono derivare dall’ordinazione di persone con tendenze omosessuali profondamente radicate» (Regno-doc. 21,2005,585).

Oltre all’affermazione gratuita sull’incapacità di relazionarsi correttamente con uomini e donne (secondo quali riscontri psico-sociali?), l’elemento problematico di questa affermazione è il riferimento alle persone che presentano «tendenze omosessuali profondamente radicate» (invece, il riferimento a coloro che praticano l’omosessualità o sostengono la cultura gay appare ovvio, se non ridondante, visto che già riguarda tutti, persone eterosessuali comprese).

Che cosa vuol dire questa espressione, scientificamente poco chiara nella sua ambiguità? Commenta a questo riguardo don Stefano Guarinelli nel suo testo del 2020 Omosessualità e sacerdozio, questioni formative (Àncora):2 «Si tratta del riferimento alla presenza di “tendenze omosessuali profondamente radicate”. Cosa si intende affermare con ciò? (…) Trovo problematica la mancanza di una concettualizzazione del termine tendenza (…). Insomma: la tendenza, così isolata, diventa esclusivamente un problema, un elemento comunque non positivo e, da ciò, vivere cristianamente l’omosessualità (ricondotta a tratto isolato) significa sacrificare ciò che essa può esprimere. Il rischio è che la persona che ha una tendenza omosessuale senta di realizzare la volontà di Dio nella propria vita semplicemente cercando di non essere ciò che è» (cf. pp. 14-18).

Dopo 15 anni dall’uscita di quel documento, dunque, nello stesso ambito ecclesiale se ne evidenziano esplicitamente i limiti e le incongruenze scientifiche; chiaro segno della presa di distanza dal contesto culturale da cui il documento ha preso origine.

Il peso di un «predatore»

Infatti, già all’epoca della sua uscita quella istruzione rifletteva quel certo conflitto, marcatamente ideologico, tra il contesto religioso cattolico e le nuove consapevolezze scientifiche che dagli anni Novanta del secolo scorso emergevano circa la condizione omosessuale. Il tentativo di giustificare scientificamente le convinzioni dottrinali sulla sessualità umana sembrava promuovere una certa psicologia cattolica, alternativa a quella espressa dalla comunità scientifica mondiale, ritenuta ideologicamente compromessa.

Ma oggi appare altrettanto evidente la componente ideologica delle affermazioni di quello stesso documento vaticano; infatti è indicativo ricordare l’esperto a cui fu affidata su L’Osservatore romano del 29.11.2005 la presentazione dell’istruzione: il famoso psicanalista mons. Tony Anatrella, ideologo della reazione cattolica al movimento di liberazione omosessuale, che dopo una lunga vicenda giudiziaria e canonica durata vent’anni, è stato definitivamente condannato lo scorso 17 gennaio per violenze sessuali sui suoi pazienti che egli avrebbe perpetrato durante sedute terapeutiche che miravano alla guarigione dalla loro condizione omosessuale.3

Queste alcune delle sue parole in quell’articolo di presentazione: «L’omosessualità risulta come una incompiutezza e una immaturità insita nella sessualità umana (…) Le persone omosessuali non sono nella condizione adeguata (…) per accedere al diaconato e al sacerdozio». Oggi appare più che evidente la problematicità di quelle affermazioni, che hanno poco a che fare con l’orientamento omosessuale in genere, ma molto invece con il conflitto interiore del loro autore. L’allora Pontificio consiglio per la famiglia, a lui aveva affidato nel 2002 la voce «Omosessualità, omofobia» nel Lexicon. Termini ambigui e discussi su famiglia, vita e questioni etiche (EDB, Bologna 2003): un testo vaticano autorevole su questi temi, da cui hanno probabilmente attinto gli autori dell’istruzione, visto che a lui è stato chiesto di presentarla. Il dramma vero, dunque – come mi ricordava una giornalista – è che a quanto pare la Chiesa ha costruito buona parte della sua recente retorica sull’omosessualità anche a partire dalle affermazioni di un «predatore»!

Nel tentativo di dare consistenza scientifica all’istruzione, purtroppo, a mons. Anatrella fece eco p. Amedeo Cencini (certamente non accomunabile ad Anatrella, anzi riconosciuto formatore di tanti sacerdoti e religiosi e religiose): «Credo che, uscendo dal dilemma se si tratti di situazione patologica o no, sia abbastanza chiaro che l’omosessualità rappresenti come una diminuzione o impoverimento della condizione naturale della creatura umana (…) per Anatrella l’omosessualità è una situazione psichica di “incompiutezza e immaturità”».

Coerentemente con queste conclusioni, Cencini proponeva nel 2009 il superamento dell’atteggiamento «egosintonico» a favore di quello «egoalieno»: «La modalità egoaliena, propria di chi considera la sua tendenza omosessuale quasi come un corpo estraneo, qualcosa che soffre e non vorrebbe e di cui riesce a vedere gli aspetti oggettivamente carenti e le implicanze negative, in sé e sul piano relazionale e non esclusivamente a livello sessuale. Per questo, cerca di contrastare, per quanto può, questa tendenza, non solo sul piano del comportamento, ma di tutta la personalità, in un cammino progressivo di conversione e disponibilità al confronto formativo».5

I tanti sacerdoti omosessuali e la prospettiva di Francesco

Queste prospettive formative – oggi inconcepibili – hanno condizionato l’atteggiamento di molti vescovi nel non accogliere in seminario, o accogliere con riserva, persone che manifestavano un orientamento omosessuale; hanno alimentato gravi pregiudizi circa la presunta connessione tra omosessualità e pedofilia; hanno motivato un atteggiamento di rifiuto nei riguardi dei sacerdoti con orientamento omosessuale, indipendentemente dal loro modo di viverlo; e soprattutto sono spesso state causa di forti disagi psichici e spirituali in coloro che in buona fede hanno tentato di attuarle.

La cosa strana è che nonostante questo divieto (o forse proprio per quello) la percentuale dei seminaristi e dei sacerdoti omosessuali rispetto a quelli eterosessuali è rimasta sempre sensibilmente maggiore rispetto alla percentuale in altri contesti della società.

Ultimamente stanno emergendo nuove prospettive: si comincia a considerare in modo diverso il vissuto delle persone omosessuali, comprese quelle che si orientano al ministero sacerdotale. Negli ultimi anni – dal pontificato di papa Francesco – da un atteggiamento dialettico e conflittuale circa le indicazioni della comunità scientifica mondiale a questo riguardo, si sta passando a un altro più conciliante e collaborativo.

Le parole di papa Francesco nella recente intervista all’Associated Press (25 gennaio),6 e poi le successive precisazioni avvenute nello scambio con il gesuita James Martin,7 testimoniano ulteriormente questo cambio di prospettiva che, per la verità, risale ai primi mesi del suo pontificato. Affermando che gli atti omosessuali non sono un «crimine», ma al massimo un «peccato», papa Francesco aggiunge nell’intervista che l’omosessualità è in sé una «condizione umana» e che in quanto tale non va stigmatizzata.

Poi, rispondendo a p. Martin, inaspettatamente non si rifà al Catechismo per ricordare la peccaminosità degli atti omosessuali, ma sembra ricordare piuttosto Amoris laetitia («mi sono riferito semplicemente all’insegnamento della morale cattolica, che dice che ogni atto sessuale al di fuori del matrimonio è peccato (...) Bisogna considerare anche le circostanze, che diminuiscono o annullano la colpa» perché «sappiamo bene che la morale cattolica, oltre alla materia, valuta la libertà, l’intenzione; e questo, per ogni tipo di peccato»).8

Non inserendoli in una categoria a parte, papa Francesco sembra considerare gli atti omosessuali come comportamenti disordinati rispetto a una condizione – l’orientamento omosessuale – semplicemente data, come l’orientamento eterosessuale che, anch’esso, potrebbe essere attuato in modo disordinato.

Grazie a questo clima meno ideologico comincia a emergere nella sua realtà il vissuto di tanti sacerdoti omosessuali – pur nel riserbo e nell’imbarazzo della loro condizione stigmatizzata – che testimonia capacità di vivere il celibato, dedizione pastorale e profonda vita interiore. Questo ha molto interrogato formatori e terapeuti che si sono trovati ad accompagnare questi sacerdoti, spesso appesantiti da sensi di colpa e mancanza di fiducia in sé stessi.

Valutare la persona integralmente

Nel solo 2020 sono stati pubblicati vari testi che suggeriscono un approccio diverso all’omosessualità, soprattutto in ambito vocazionale presbiterale o di vita consacrata. Tra questi il già citato testo di don Stefano Guarinelli; e poi altri, che citeremo, di Chiara D’Urbano e don Paolo Pala. Un approccio, quindi, che mette radicalmente in discussione la visione «ferita» dell’omosessualità; e che sposta l’attenzione dal tipo di orientamento sessuale al processo globale di maturazione umana, indipendentemente dall’orientamento affettivo della persona.

Una visione che, dentro una prospettiva di castità per il Regno, non ritiene l’omosessualità un impedimento alla maturità della donazione di sé; come invece affermavano esplicitamente, con toni diversi, Tony Anatrella e Amedeo Cencini.

Chiara D’Urbano9 nel suo Percorsi vocazionali e omosessualità (Città nuova, 2020), afferma che: «a) Una valutazione integrale della persona, in rapporto al suo desiderio vocazionale, non può concentrarsi solo sull’orientamento sessuale. L’orientamento sessuale non è solo sesso, e la persona non è solo il suo orientamento; b) considerato isolatamente, esso non è rappresentativo del funzionamento più o meno maturo di quell’individuo» (39).

La D’Urbano verifica gli atteggiamenti indicatori di maturità umana a partire dal Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5), come farebbe qualsiasi terapeuta; ed è a partire da questa prospettiva che rilegge l’istruzione del 2005: «Mi sembra, perciò, da quanto comprendo, che il “profondamente radicate” venga inteso nei documenti citati come l’equivalente del praticare l’omosessualità, costrutto che rafforzerebbe la precedente espressione (…) Però il medesimo criterio andrebbe utilizzato per le tendenze eterosessuali profondamente radicate» (92). E ancora, riguardo ai sacerdoti con orientamento omosessuale: «Il sacerdote omosessuale, in quanto chiamato da Cristo in un percorso di vita celibataria, come tutti gli altri presbiteri, ama e si dedica alle persone che gli vengono affidate. È un uomo compiuto se la vocazione lo rende una persona che “abita con il cuore” direbbe papa Francesco, e se realizza se stesso nell’annunciare la Buona Novella, nel portare speranza tra la gente, aiutandola a fare un incontro che cambia la vita» (100).

Infine, don Paolo Pala,10 nel suo L’accompagnamento dei presbiteri con orientamento omosessuale (Tau, 2020), arriva a capovolgere le conclusioni di Cencini. Alle pp. 142-145 afferma: «Occorre superare l’aspetto ego-distonico di un’omosessualità riconosciuta, ma non accolta, anzi, percepita come elemento di disturbo e focolaio attivo di conflittualità intrapsichica. (…) Deve subentrare un’accettazione della propria condizione; non è più sufficiente esserne consapevoli, ma occorre accogliersi per quello che si è, sotto lo sguardo sanante di Dio (…). Il superamento del conflitto ego-distonico è essenziale per l’integrazione dell’omosessualità nella persona, e diviene premessa importante per la creazione di una sana unità interiore nella vita del presbitero tra identità e ministero, tra vita spirituale e attività apostolica».

Pertanto, dentro a questo contesto formativo ecclesiale, acquista ancor più senso il citato contributo dei sacerdoti con orientamento omo-bisessuale.

 

Giuseppe Piva *

 

 

* Gesuita e formatore.

1 P. Piva, G. Geraci (a cura di), Dalle frontiere al Sinodo. Alcuni percorsi fatti con i cristiani LGBT+ all’interno del cammino sinodale in Italia, novembre 2022, https://bit.ly/3X9PzL0.

2 Stefano Guarinelli, psicologo e psico-
terapeuta, appartiene all’équipe di consu-
lenza psicologica del Seminario arcivescovile di Milano ed è professore stabile straordinario della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale.

3 Cf. Avvenire 19.1.2023, https://bit.ly/3lioRCm.

4 Cf. T. Anatrella, «Riflessioni sul documento», in L’Osservatore romano 29.11. 2005.

5 A. Cencini, Omosessualità strutturale e non strutturale. Contributo per un’analisi differenziale (I e II), in Tredimensioni 6(2009) 31-42; 131-142.

6 In https://bit.ly/40y6mtT.

7 Cf. https://bit.ly/3DM6Pim.

8 Cf. Francesco, esortazione postsinodale Amoris laetitia, 19.3.2016, nn. 297.305.

9 Chiara D’Urbano è psicologa e psicoterapeuta, consultore del Dicastero per il clero, perito della Rota romana e del Tribunale del Vicariato di Roma.

10 Paolo Pala è sacerdote della diocesi di Tempio-Ampurias. È licenziato in Teologia presso la Pontificia università salesiana, in Teologia morale fondamentale presso l’Accademia alfonsiana. È rettore del seminario diocesano, direttore dell’Ufficio catechistico diocesano e regionale della Sardegna, docente dell’Istituto superiore di scienze religiose Euromediterraneo di Tempio.

 

Tipo Articolo
Tema Sinodo dei vescovi Pastorale - Liturgia - Catechesi
Area EUROPA
Nazioni

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Nell’articolo «Con tutto il cuore» pubblicato in Il Regno-attualità 4,2023, 78 facevo alcune considerazioni sul documento sinodale dei 50 sacerdoti omosessuali pubblicato da Il Regno-documenti 3,2023, 101. Affermavo che una delle motivazioni dell’esclusione e discriminazione nella Chiesa che quei sacerdoti raccontavano sta proprio nell’istruzione vaticana sui criteri di discernimento vocazionale delle persone con tendenze omosessuali.