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Attualità
Attualità, 6/2023, 15/03/2023, pag. 164

Non all’altezza. Il primo volume sul ruolo della Chiesa argentina nella dittatura

Gabriella Zucchi

L’indagine storica ora in corso di pubblicazione è stata resa possibile dall’apertura anticipata degli archivi della CEA, della Segreteria di Stato vaticana e della Nunziatura apostolica di Buenos Aires, di norma non disponibili prima che siano trascorsi 70 anni dagli eventi.

 

In «questa ricerca della verità ci muove la necessità di chiedere perdono (…) Per quanto le persone che formano oggi questo corpo collegiale non siano le stesse d’allora, siamo coscienti che, in molte decisioni, azioni e omissioni, la Conferenza episcopale argentina (CEA) non fu all’altezza delle circostanze»: sono questi i termini in cui si esprime la Commissione esecutiva della stessa CEA nella prefazione de La verità vi farà liberi. La Chiesa cattolica nella spirale della violenza in Argentina 1966-1983, a cura di Carlos María Galli, Juan Guillermo Durán, Luis Oscar Liberti e Federico Tavelli,1 primo dei 3 tomi dell’imponente ricerca di cui la CEA si è fatta promotrice e il cui obiettivo dichiarato è cercare la verità storica «in conformità con il rigore del metodo storico, evitando racconti parziali e apologie ideologiche».

È infatti noto che dal 1976, con il colpo di stato che portò le forze armate al potere, l’Argentina ha conosciuto un acuirsi delle violenze (già manifestatesi nel decennio precedente con il golpe militare del 1966-1973), fino ad arrivare al terrorismo di stato, con violazioni dei diritti umani tali da rendere il paese tristemente celebre per le migliaia di desaparecidos, ed è altrettanto noto che il comportamento della gerarchia della Chiesa dell’epoca presenti ancora molte ombre.

Zone buie che 10 anni fa avevano impropriamente rischiato d’oscurare anche la figura di papa Francesco all’avvio del suo pontificato (cf. Regno-att, 6,2013,127).

Alcuni mea culpa sul proprio passato erano già stati pronunciati dalla CEA anche in altre occasioni, come ad esempio per il Grande giubileo del 2000, nella Confessione delle colpe, pentimento e richiesta di perdono della Chiesa in Argentina dell’8 settembre a Cordoba (cf. Regno-doc. 17,2000,569).

Cionondimeno, ancora oggi gli interrogativi aperti sull’agire della Chiesa cattolica, nel periodo più tragico dell’Argentina del XX secolo, restano molti: la gerarchia ha appoggiato il colpo di stato del 1976? In che misura era a conoscenza di quello che stava succedendo e quale fu il suo coinvolgimento? Come si sviluppò la sua consapevolezza circa la gravità degli avvenimenti, in particolare quelli relativi alle violazioni dei diritti umani e ai desaparecidos? Che rapporto ci fu tra la recezione del Vaticano II e quel settore della Chiesa argentina che fece proprie le più radicali scelte religiose, sociali e politiche, inclusa l’opzione per la violenza?

L’indagine storica ora in corso di pubblicazione è stata resa possibile dall’apertura anticipata degli archivi della CEA, della Segreteria di Stato vaticana e della Nunziatura apostolica di Buenos Aires, di norma non disponibili prima che siano trascorsi 70 anni dagli eventi.

Il 15 ottobre 2016, preso atto che il processo d’organizzazione e digitalizzazione degli archivi era concluso ed era stato eseguito conformemente alle indicazioni del papa argentino, che già da arcivescovo aveva condiviso e sostenuto anni prima l’avvio del lavoro da parte della CEA, è stata autorizzata la consultazione dei documenti per le vittime, i familiari dei desaparecidos e dei detenuti, e, in caso di ecclesiastici e religiosi, per i rispettivi vescovi e superiori maggiori.

A partire dal metodo storico-critico

Nel 2017, il presidente della CEA e il nunzio apostolico in Argentina «segnalarono la necessità di completare questo cammino attraverso uno studio storico approfondito». L’incarico fu affidato alla Facoltà di Teologia dell’Università cattolica argentina, in ragione della sua riconosciuta serietà accademica e in particolare al professor Carlos María Galli, decano della medesima, che, assieme al Consiglio accademico e a un delegato della CEA, ha dato avvio al progetto, scegliendo, come collaboratori, storici di vaglia, con anche competenze teologiche, che avessero utilizzato il metodo storico nelle proprie ricerche, per quanto concerne i primi due tomi, e studiosi di varie discipline, anche stranieri, per il terzo.

Il primo volume, arricchito da alcune immagini d’epoca che riproducono anche documenti, s’articola in due parti. Dopo un’introduzione generale, la I, formata da 3 capitoli tutti a firma di Carlos M. Galli, costituisce uno studio di carattere storico, filosofico e teologico, che introduce sul piano teorico il contenuto epistemologico e tratta in particolare del tema di che cosa significhi oggi scrivere un libro di storia della Chiesa, alla luce degli attuali criteri scientifici e insieme ecclesiali.

Nella II parte, a più firme (cc 4-14), comincia l’analisi propriamente storico-critica. La sua finalità è mostrare in profondità la vita laicale, sacerdotale, consacrata e alcuni aspetti della vita episcopale considerati nella prospettiva dei processi e dei fenomeni di violenza e complessità propri del postconcilio.

S’affronta in primo luogo il contesto argentino della violenza, in secondo luogo la complessità della recezione del Vaticano II nella Chiesa argentina, in terzo luogo la situazione del laicato, le differenti espressioni delle idee del mondo presbiterale, la vita consacrata attraverso sia la memoria di numerosi religiosi che di alcuni protagonisti nell’ambito della difesa dei diritti umani.

Si passa quindi a esaminare il comportamento del ceto episcopale durante quegli anni. Infine, viene analizzata la partecipazione dei cattolici che assunsero ruoli di primo piano negli organismi di difesa dei diritti umani.

Se il primo tomo è già disponibile, il secondo, di prossima pubblicazione – quello che suscita maggiori attese –, sarà dedicato a La Conferenza episcopale argentina e la Santa Sede di fronte al terrorismo di stato, 1976-1983, mentre il terzo, previsto per fine anno, affronterà le Interpretazioni sull’implicazione della Chiesa cattolica nei processi e nei fenomeni della violenza. Il secondo tomo è suddiviso tenendo conto dei tre periodi centrali nell’analisi proposta dall’opera: il terrore (1976-1977: cc. 1-8), caratterizzato da un clima di forte tensione e dalla responsabilità della giunta militare relativamente a svariati crimini (violenze, sparizioni, disinformazione); il dramma (1978-1981; cc. 9-18), segnato dalle violazioni dei diritti umani compiute dal governo argentino e più in particolare dalla questione dei desaparecidos; le colpe (1981-1982; cc. 19-24), che mostra come la gerarchia ecclesiastica argentina non fosse estranea a connivenze col governo, ritardando così il passaggio allo stato democratico, almeno fino alla visita nel paese di Giovanni Paolo II, che in parte segnò un cambio di direzione.

Il terzo tomo affronterà, in maniera interdisciplinare, le varie interpretazioni che sono state date del coinvolgimento della Chiesa. I saggi contenuti saranno di carattere ermeneutico e terranno conto di quanto scritto nei primi due tomi, senza prescindere dai dati storici, ma non limitandosi a offrirne un commento. Il valore di quest’ultimo tomo risiede in modo particolare, a detta dei curatori, nella diversità di prospettive proposte, che permette d’arricchire sostanzialmente la comprensione storica degli avvenimenti.

La recezione del Vaticano II da parte della Chiesa argentina è stata attraversata da turbolenze, sia per quanto riguarda l’assimilazione degli orientamenti conciliari, sia per la ricerca di un nuovo modo di relazionarsi con la società in fermento. Era il tempo del mito della rivoluzione come levatrice della storia, passaggio radicale dall’ordine sociale preesistente a uno nuovo e più giusto.

La generazione perduta

La presenza dei cattolici in contesti fortemente ideologizzati e inclini alla violenza divenne presto un problema. Si trattò addirittura di una frattura generazionale, secondo María Nieves Tapia: «Ci fu una generazione, quella dal 1968 al 1975, che fu come perduta per la Chiesa; una generazione che, nei settori più dinamici della gioventù e più impegnati della Chiesa, scoprì attraverso il cristianesimo l’impegno con i poveri e con la realtà. Tuttavia poi il canale attraverso cui questo impegno venne concretizzato non fu la Chiesa, bensì le organizzazioni politiche e armate».

Il fatto che il Consiglio nazionale dei giovani dell’Azione cattolica fosse passato in blocco alla clandestinità e che ideologi dei movimenti guerriglieri provenissero dalla militanza cattolica non fu senza conseguenze.

Se attorno agli anni Settanta lo stile degli operatori pastorali era caratterizzato in larga misura dalla protesta sociale e la denuncia profetica delle gravi ingiustizie esistenti, in un secondo momento questo atteggiamento venne corretto integrando meglio l’aspetto trascendente e la specificità religiosa.

Nel 1973, all’interno della Chiesa si potevano individuare tre posizioni: una conservatrice integralista che non accettava gli insegnamenti conciliari e la conversione che necessitavano; un cattolicesimo liberale che promuoveva il rinnovamento della Chiesa senza porre come priorità l’integrazione con la realtà sociale argentina; una posizione, infine, che dava avvio alla pastorale popolare, avvicinava la vita di fede alle esigenze di liberazione integrale del popolo e presentava forti accenti di protesta sociale.

La nomina del vicario castrense mons. Adolfo Tortolo, conservatore integralista, a presidente della CEA diede una brusca frenata a ogni pastorale partecipativa e aprì la strada a un atteggiamento connivente con la dittatura.

Per non perdere di vista il quadro di riferimento del tempo occorre ricordare quanto fosse vivo il convincimento che l’Unione sovietica mirasse a sopraffare il mondo occidentale attraverso l’appoggio di partiti, movimenti e gruppi oppositori delle autorità costituite. «Quella che a distanza di mezzo secolo ci pare una cosmovisione impregnata di tratti paranoici, costituiva il tormentato clima dell’epoca, il cui influsso s’integrò come un patrimonio ideologico nella cultura politica ed ecclesiale» (485).

I cappellani militari e la «guerra giusta»

In questa temperie non mancarono sacerdoti che contribuirono alla formazione dei militari argentini poi protagonisti del terrorismo di stato. Tra costoro molti esercitavano l’ufficio di cappellani militari. La dottrina della guerra giusta contro il nemico sovversivo sarà parte del patrimonio teologico offerto dal Vicariato castrense, che assunse maggiore importanza soprattutto a partire dalla nomina di mons. Tortolo alla sua guida (7.7.1975).

Fonti documentali attestano la presenza di un corpus di «formulazioni morali» del Vicariato per la lotta antisovversiva. E così avvenne che «quanto era stato formulato a partire da un’etica astratta di principi cristiani per la guerra e concepito come estremo rimedio, al fine di restaurare la pace e l’ordine, finì per essere utilizzato come pratica comune amorale e pragmatica» (491).

Dal 1975 in poi, nei centri di detenzione clandestini si fece, infatti, un uso indiscriminato e illimitato della tortura. Cionondimeno, tra il 1975 e il 1976, nel comune sentire condiviso tra i vescovi e una parte considerevole del clero argentino «prevaleva la convinzione che le Forze armate fossero le uniche in grado di contenere nella società – inclusa la stessa Chiesa – l’infiltrazione marxista» (496).

Quanto alla tragedia dei desaparecidos, in essa emergono questioni esistenziali, metafisiche e religiose fondamentali: l’essere, il nulla, la vita e la morte, annota Galli nella sua Introduzione. In un’intervista del dicembre 1979, il dittatore Jorge Rafael Videla definiva incredibilmente il desaparecido una «incognita»: «non ha entità, non c’è, né morto né vivo, è scomparso». Una specie di tertium quid, tra l’essere e il non essere.

Nel 2011 affermava che i desaparecidos furono «il prezzo della vittoria», ma che il suo governo volle che tutto ciò passasse inosservato all’interno della società argentina. Confessò che non furono eseguite fucilazioni pubbliche perché era certo che Paolo VI vi si sarebbe opposto frontalmente, come aveva fatto con il generale spagnolo Francisco Franco per le esecuzioni dei militanti baschi nel 1975. La giunta decise inoltre di non far ricomparire i corpi, perché non si rendesse loro omaggio, né ci fossero dei testimoni.

Su questo argomento, Galli accenna a un tema che verrà trattato diffusamente nei capitoli 10 e 11 del secondo tomo: Videla ebbe degli incontri privati con la Commissione esecutiva dell’episcopato e con il nunzio apostolico mons. Pio Laghi. Alla prima disse genericamente che i desaparecidos si potevano ritenere morti, ma non diede risposta su dove fossero sepolti. Con il nunzio ammise la loro esistenza, in un numero tra i 2.000 e i 3.000. Tornata la democrazia,
nel 1984 la Commissione nazionale sulla scomparsa di persone (CONADEP), presieduta da Ernesto Sábato, nel rapporto Nunca más ne avrebbe registra-
ti 8.961!

La violenza che attraversò l’Argentina di quegli anni colpì anche vari membri di comunità religiose che cercavano, a volte per tentativi, un modo in cui vivere con maggiore coerenza la propria consacrazione a Dio. Tra costoro compaiono i due gesuiti sequestrati, Francisco Jalics e Orlando Yorio, per la cui liberazione – com’è noto – tanto si spese l’allora provinciale p. Jorge Mario Bergoglio.

Il ruolo di Bergoglio

«Quando dissi che ero stato due volte con Videla e due con Massera, fu per il loro sequestro» aveva dichiarato il futuro papa nella sua testimonianza sul caso. I due religiosi non erano in alcun modo coinvolti in attività sovversive, ma avevano scelto d’abitare in una comunità delle villas miserias alla periferia di Buenos Aires. I loro superiori – Bergoglio ne aveva parlato a Roma con il preposito generale p. Pedro Arrupe – pensarono per loro a un trasferimento in comunità più sicure, ma Jalics e Yorio espressero la scelta di lasciare la Compagnia pur di restare nel barrio Rivadavia.

Il 23 maggio 1976 vennero sequestrati e di loro non si ebbero più notizie fino alla notte tra il 23 e il 24 ottobre, quando furono abbandonati narcotizzati in un campo. Nella sua testimonianza per il rapporto Nunca más, qui riportata, Yorio racconta che in uno degli interrogatori gli fu fatto il seguente rimprovero, dal contenuto assai eloquente: «Lei è un prete idealista, un mistico, io direi un prete tranquillo, ma ha fatto un errore, l’aver interpretato troppo materialmente la dottrina di Cristo. Cristo parla dei poveri, ma, quando parla dei poveri, parla dei poveri di Spirito e lei ne ha dato un’interpretazione materialista ed è andato a vivere coi poveri in senso concreto» (619).

Il volume offre utilmente l’immagine anastatica del biglietto di ringraziamento di p. Bergoglio al nunzio mons. Laghi per la gestione del caso, ma anche – e questa è d’interesse ancor maggiore – della lettera di quest’ultimo al card. Jean-Marie Villot (qui chiamato Giovanni), segretario di Stato, datata 27 ottobre 1976. Dopo aver annunciato la liberazione dei due religiosi, Laghi aggiunge: «Per tutto questo tempo, nonostante i nostri reiterati interventi presso autorità militari, nulla si sapeva del destino dei due sacerdoti: era perfino corsa la voce che fossero stati eliminati». E ancora prosegue: «Ne feci parola, il 15 settembre, con il presidente dalla nazione, gen. Jorge Rafael Videla, il quale mi assicurò che avrebbe posto il suo interessamento nel caso, aggiungendo che, per il momento, non era in grado di spiegare la scomparsa dei due e che non sapeva dove essi fossero detenuti». Se occorre attendere il secondo tomo dell’opera per far luce sugli scambi tra nunziatura e Santa Sede, e capire meglio chi sapeva che cosa, sin d’ora ci è dato di comprendere che, almeno in questo caso, la frequentazione dei responsabili della dittatura non fu per mons. Pio Laghi – da taluni accusato di complicità con la repressione (cf. Regno-att. 14,1997,385) – condizione sufficiente per ottenere informazioni su una questione che stava molto a cuore anche a Roma.

 

Gabriella Zucchi

 

1 C.M. Galli, J.G. Durán, L.O. Liberti, F. Tavelli (a cura di), La verdad los hará libres. La Iglesia católica en la espiral de violencia en la Argentina. 1966-1983. Tomo 1, Planeta, Buenos Aires 2023, pp. 960.

 

Tipo Libri del mese - Inserto
Tema Cultura e società
Area AMERICHE AMERICA LATINA
Nazioni

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