Echi dal Sinodo: il gelsomino, la tempesta, il vento
Della Seconda Assemblea Sinodale della Chiesa Italiana si sentirà parlare a lungo, per la crisi che vi si è registrata. Qui l’eco di Lucia Vantini, già presidente del CTI nello scorso mandato (2021-2025) e presente a Roma come Delegata della Diocesi di Verona: resistenza e cura dei processi per non lasciarsi catturare da opposte narrazioni che rischiavano però di convergere, fra rancore e disillusione. Una decisa interruzione – le Proposizioni sono state di fatto respinte – diventa una nuova possibilità, affidata all’incontro del prossimo ottobre. Pace non significa cedevolezza.

Sono tante le immagini che mi sono passate per la testa in questi giorni romani e ora, al ritorno dalla Seconda Assemblea Sinodale della Chiesa italiana (https://camminosinodale.chiesacattolica.it/ ), riprendo quella che ne ha scandito l’inizio.
L’immagine si è materializzata in me come una resistenza a quello che stava accadendo: avevamo per le mani un documento da approvare con alcuni aggiustamenti, che sembrava venuto da lontano e da una logica di sottrazione più che di sintesi. Un lavaggio troppo forte – un candeggio diceva qualcuno – ha smacchiato il tessuto delle parole. Le stoffe sbiancate infeltriscono, si sa, e così si strappano molto facilmente. Allora non ho potuto fare a meno di pensare al gelsomino bagnato e sciupato da una pioggia violenta, a cui si riferiva Etty Hillesum:
«Il gelsomino della casa è completamente sciupato dalla pioggia e dalle tempeste degli ultimi giorni, i suoi fiori bianchi galleggiano qua e là sulle pozzanghere scure e melmose e sul basso tetto del garage. Dentro di me però, in qualche luogo, esso continua a fiorire indisturbato, esuberante e tenero come sempre. Spande il suo profumo tutt'intorno alla casa, dove tu abiti, mio Dio».
Non è un’immagine consolatoria, ma una provocazione della mente: ciò che appariva compromesso e smarrito in quelle cinquanta proposizioni presentate – dalla corresponsabilità delle donne a un approccio alla vita affettiva delle persone omosessuali che non preveda l’accorpamento a situazioni ferite, dall’importanza di un linguaggio in dialogo con la cultura alla formazione liturgica di tutta l’assemblea celebrante e non solo di presbiteri e diaconi – non poteva limitarsi a fiorire esclusivamente nella nostra interiorità, in quella dimensione personale che genera visioni comunitarie prive di concretezza ma utili per andare avanti.
La strategia adottata da Etty Hillesum rappresentava un gesto fondamentale per preservarsi dall'amarezza e dal rancore, per mantenere un barlume di speranza in un mondo crudele che l'aveva già destinata alla morte e che non le concedeva altro spazio d'azione se non la sua stessa intimità. Tale approccio, tuttavia, risultava inadeguato nel contesto sinodale attuale.
Non è il momento
Non è più il momento di custodire sogni nel silenzio dell'immaginario. Se questa fosse stata la conclusione, riflettevo, forse avrebbero ragione coloro che hanno perso fiducia nel Sinodo e in questa Chiesa: rimarrebbero soltanto pozzanghere di fango da cui è preferibile tenersi distanti poiché in esse il mondo non può trovare alcun riflesso, ma solo impantanarsi.
Questa vicenda, però, non si è conclusa con l’amarezza delle disillusioni silenziose e rassegnate. Fin dai primi incontri informali – nei corridoi degli alberghi, a tavola, sui pullman – e successivamente nei gruppi di lavoro, emergeva una profonda sintonia tra le persone, una convergenza di riflessioni, parole, emozioni e azioni orientata verso un percorso differente per salvaguardare quella promettente scommessa sinodale che ci ha motivato a investire tempo, energie, competenze e vita. «Ricordate che eravate violini pronti a suonare le ragioni del mondo», scrive Alda Merini. La memoria collettiva si è risvegliata: l’Assemblea ha richiesto con determinazione e conseguito con gioia un cambio metodologico significativo: ci si ritroverà in ottobre, per un nuovo confronto. Una pacifica ma necessaria discontinuità, un'interruzione indispensabile, una sospensione annunciatrice di nuove possibilità.
Uno stile costruttivo ma sicuro
Il disagio è stato espresso in maniera costruttiva ma ferma, con l’esplicita richiesta di non concludere prematuramente il discorso e di proseguire il lavoro condiviso. Sui contenuti permangono numerosi aspetti da approfondire, ma ciò che merita particolare attenzione riguarda lo stile adottato: non si è verificato uno scontro né un posizionamento ideologico. Semplicemente, non è possibile retrocedere dall’impegno sinodale: dovrà svilupparsi una Chiesa capace di accogliere le diversità, meno preoccupata di definire confini e più dedita all’apertura di spazi ospitali nei quali il popolo di Dio annuncia, celebra e vive il Dio di Gesù Cristo nel suo Spirito capace tanto di trasformare l’interiorità delle nostre esistenze quanto di rendere giusto e armonioso il mondo.
Narrazioni buone e cattive
Come giustamente osserva Simone Morandini, questa vicenda può essere interpretata attraverso narrazioni differenti, alcune costruttive e altre dannose (https://ilregno.it/moralia/blog/imparare-sinodalita-il-cammino-prosegue-simone-morandini ).
Le interpretazioni inadeguate si riconoscono con facilità poiché tendono a soffocare l’originalità degli avvenimenti e a trasformarla in invito al sospetto paralizzante. Tali interpretazioni inadeguate talvolta riducono i fatti al desiderio egocentrico di pochi individui capaci di dominare la maggioranza, altre volte si concentrano maliziosamente sulle incoerenze delle proposte presentate. Quelle utili, invece, non nascondono certo le tensioni ma le rivelano come pulsioni del vivere insieme, da cui estrarre qualcosa di buono da condividere.
Il significato di questa vicenda è complesso, ma aperto alla speranza: connesso a quell’ascolto – osiamo attribuirlo allo Spirito senza neppure noi strumentalizzarlo – frequentemente menzionato come fondamento dell’ascolto sinodale. Ha operato quanto testimoniano le Scritture: ha conferito voce a ciò che non l’aveva, scompaginando le carte appoggiate sui tavoli. È stata una folata di vento proveniente da una finestra che si affaccia sul gelsomino.