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Inviati nell’Amore

Santissima Trinità

Dt 4,32-34.39-40; Sal 32 (33); Rm 8,14-17; Mt 28,16-20

Nel Vangelo di questa domenica – festa della santissima Trinità – si leggono le ultime parole di Gesù, un «congedo» che in realtà, come vedremo, non è tale: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

A prima vista il comando di andare e fare «discepoli tutti i popoli», se preso alla lettera, risuona come un comando che ha tutto il sapore di un movimento religioso fondamentalista, non tanto diverso da altri movimenti religiosi che nel nostro mondo contemporaneo dividono l’umanità tra «fedeli» e «infedeli». Di fatto, se pensiamo alla storia del cristianesimo, proprio l’idea di rendere tutti «cristiani» è stata alla base di molte guerre e anche di molte azioni missionarie. Lasciando da parte «le guerre» e la loro «giustificazione religiosa», anche l’azione missionaria che ha visto dall’Ottocento in poi un grande movimento di persone, energie e soldi impiegati nella cristianizzazione di mondi ancora non «civilizzati», oggi risulta abbastanza fallimentare soprattutto riguardo allo scopo primario: la cristianizzazione di questi popoli e di queste terre. 

Anche se oggi nessuno dei cattolici, come nessuno delle confessioni protestanti, si sentirebbe di prendere alla lettera tale «invio» che Gesù affida ai suoi discepoli, rimane il fatto che queste parole sono ancora là, scritte, in questo Vangelo che, per i credenti, è parola di Dio. Come comprenderle allora? Qual è il loro senso?

Forse una chiave di lettura può essere offerta dall’espressione che viene utilizzata: «battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». Che cosa significa «battezzare nel nome»? Per i cristiani, cattolici e non, la risposta risulta chiara: si tratta del sacramento del battesimo, ovvero di quella «grazia» che una persona riceve mediante la sua libera, responsabile e consapevole adesione alla fede cristiana nelle sue diverse forme e confessioni. Perdonate l’estrema sintesi, che non vuole essere una definizione né tanto meno una spiegazione del sacramento, ma solo una sottolineatura di uno degli aspetti fondamentali di ciò che è alla base di ogni sacramento: ovvero la libera adesione di chi lo riceve in piena consapevolezza e, conseguentemente, responsabilità. 

Nell’invio evangelico, però, non c’è alcuna menzione dell’importanza che l’azione del battezzare implichi una risposta o una volontà di adesione e che, quindi, non si può battezzare qualcuno senza che questi non ne manifesti almeno il desiderio. Nel caso dell’usanza – non antica – di battezzare dei neonati il «desiderio» è quello manifestato dai suoi genitori, ma qui si aprirebbe una parentesi troppo lunga. 

Ritornando al testo, si dice che questo battesimo è «insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato». Sappiamo che il comando fondamentale che Gesù ha consegnato ai suoi discepoli è quello dell’Amore, un amore incondizionato e rivolto a tutti. Un insegnamento, quindi, dell’amore. Ma come si fa a insegnare l’amore? Tutti sappiamo che un buon maestro è colui che ama la sua materia d’insegnamento e proprio questo suo amore è ciò che permette ai suoi allievi di accogliere e far proprio non solo il contenuto dell’insegnamento, ma proprio quell’amore. 

Forse, allora, è questo il senso di questo invio evangelico: «battezzare», ovvero «immergere» nell’amore con la propria vita e con la propria testimonianza la realtà che ci circonda nel «nome del Padre, del Figlio e dello Spirito», cioè mediante quello stesso amore in cui noi stessi siamo stati immersi e di cui abbiamo fatto esperienza.

La storia di questo mondo, di questa umanità, come la nostra personale storia, non è un qualcosa a sé, ma è costantemente «coinvolta» nella relazione di amore che Dio manifesta con il suo «esserci» per sempre. C’è un’economia di salvezza, un fine e un senso a tutto questo mondo, che vede Dio stesso coinvolto in prima persona, anzi, nella sua triplice dimensione relazionale con cui si rivela e interseca questa stessa storia.

E il «battesimo», che si potrebbe dire «primordiale», rivolto a tutti è proprio questo: quale che sia il momento storico, la realtà brutta o bella che i popoli, le persone stanno vivendo nell’assurdo gioco delle nostre libertà – che a volte, se non spesso, promuovono solo morte, guerra e autodistruzione – non si è da soli: l’amore di un Dio ci avvolge, ci attende e permane: «Ecco io sono con voi fino, tutti i giorni, alla fine del mondo».

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