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La pace è il Paraclito

VI domenica di Pasqua

At 15,1-2.22-29; Sal 67 (66); Ap 21,10-14.22-23; Gv 14,23-29

Nel suo dramma teatrale Assassinio della cattedrale Thomas Stearns Eliot fa predicare Thomas Beckett in un momento nel quale il vescovo sapeva già di essere prossimo a venir ucciso.

Vi si legge: «Riflettete come parlò della pace nostro Signore stesso. Egli disse ai suoi discepoli: “Io vi lascio la mia pace, vi do la mia pace”. Intendeva egli dire pace come noi la intendiamo: il Regno d’Inghilterra in pace con i suoi vicini, i baroni in pace con il re, il capofamiglia che conta i suoi pacifici guadagni, il focolare ben pulito, il suo miglior vino per l’amico sulla tavola, la sua donna che canta ai suoi bambini? Quegli uomini erano suoi discepoli e non sapevano di queste cose; essi uscirono a fare un lungo viaggio, a soffrire per terra e per mare, a incontrar la tortura, la prigione, la delusione, a soffrire la morte con il martirio. Che cosa voleva dunque egli dire? Se lo volete sapere, ricordatevi che egli disse anche: “Non come il mondo ve la dà, io ve la do”. Dunque, egli diede la pace ai suoi discepoli, ma non la pace come la dà il mondo».

Un drammaturgo non è tenuto alla filologia; Eliot evidenzia bene l’alterità di una pace profondamente diversa da quella del mondo, e per comunicare questo messaggio non è obbligato a tener conto di un’apparente anomalia stilistica, già rilevata da sant’Agostino, presente nel passo giovanneo.

Il testo infatti afferma: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace» (Gv 14,27). Una sola volta quindi appare l’aggettivo «mio» ed è legato al verbo «dare», mentre è assente nel caso di «lasciare» (aphiemi). In un certo senso è come se Gesù dicesse: vi lascio la pace al posto mio. Ve la do proprio mentre me ne sto andando.

Il giorno di Pasqua la pace sarà quella del saluto di chi torna a essere presente, e lo fa all’insegna di un nuovo inizio: «La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi”» (Gv 20,19).

Nel corso dell’ultima cena il clima dei discorsi di addio è diverso, le parole sono contraddistinte dall’annuncio di una presenza che sarà tale anche quando vi sarà un’assenza. Questa pace lasciata e donata a motivo di Gesù («vi do la mia pace») è il Paràclito: «Se mi amate osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre [...]. Non vi lascerò (verbo aphiemi) orfani: verrò da voi» (Gv 14,15-18).

Paràclito: «avvocato», «consolatore», «soccorritore» (Gv 14,16.26; 15,26; 16,7; 1Gv 2,1) sono termini che indicano una «presenza affianco (ad-vocatus, che si manifesta quando ci si trova in una situazione di bisogno dalla quale non si riesce a venir fuori in virtù delle proprie forze. Altri ci devono difendere, confortare, aiutare.

Dopo l’addio, che nel contempo precede e segue la Pasqua, la difesa, la consolazione e il soccorso non sono più attuati da Gesù che «sta in mezzo», a compierli è lo Spirito: la presenza che non cessa neppure dopo l’addio. Il Paràclito insegnerà ogni cosa perché «vi ricorderà tutto quello che io vi ho detto» (Gv 14,26).

Il ricordo è la forma per eccellenza di una presenza che si manifesta come tale nel corso dell’assenza. Ricordare è rendere presente quanto non c’è più; nella fede ciò non avviene però per forza interna; al contrario, si attua attraverso la presenza dello Spirito. La pace diversa da quella del mondo è l’azione del Paràclito che si compie tra i discepoli quando (secondo il riferimento di Eliot) non c’è pace nel mondo, tra gli stati, nelle società, nelle famiglie, tra i vicini. È la pace del discepolo che, come avrebbe detto don Primo Mazzolari, è uomo di pace e non già uomo in pace. L’espressione è un modo diverso per affermare, nel nostro presente, quanto Gesù comunicò ai suoi discepoli nel momento dell’addio: «Non come ve la dà il mondo, io la do a voi» (Gv 14,27). Anche il mondo è in grado di dare la sua pace, esso però non è nelle condizioni di lasciare la pace, vale a dire di donare il Paràclito.

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