L'ascolto della Verità
Nel Vangelo di questa domenica si parla, per usare un linguaggio moderno, di una circolarità di comunicazione.

Santissima Trinità
Pr 8,22-31; Sal 8; Rm 5,1-5; Gv 16,12-15
Nel Vangelo di questa domenica si parla, per usare un linguaggio moderno, di una circolarità di comunicazione. In un mondo, come il nostro, dove la circolazione è all’ordine del giorno e dove a circolare sono spesso e volentieri comunicazioni «malate», nel senso che sono fake news, cioè notizie false, o informazioni pilotate, costruite ad hoc per ottenere determinate reazioni e prese di posizione da una parte o dall’altra, può essere utile e interessante riflettere sulla «circolarità» comunicativa di Dio, così come Giovanni ce la presenta.
Vediamo le caratteristiche di questa comunicazione e della sua circolarità.
Il testo inizia con l’affermazione di Gesù che non tutto è comprensibile subito, che per alcune cose occorre tempo, occorre un cammino da fare: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso». E questo è profondamente vero sia per quel che riguarda l’esperienza umana sia per l’esperienza di fede. C’è una comprensione della realtà umana che richiede maturità, esperienza e ricerca, che non è subito data, immediata. Così anche in un cammino di fede non basta una buona disponibilità d’animo, lasciarsi guidare da sentimenti; occorre, se si vuole crescere in una maggiore radicalità nella relazione con Dio, uno sforzo e un impegno a una maggiore conoscenza delle «cose di lassù», come direbbe Paolo (Col 3,1), occorre tempo, riflessione e studio perché la nostra capacità di relazione con Dio e la nostra preghiera non siano solo un atto di devozione, un atteggiamento di superficie che crolla al primo importante problema, alla prima vera difficoltà che la vita può presentarci.
La consapevolezza quindi di quel «qualcosa in più» di cui non si è capaci ancora di portare il peso apre e predispone all’accoglienza dello «Spirito di verità»: «Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità». Ci sono due elementi importanti che caratterizzano lo Spirito qui annunciato: il primo è che è «di verità» e il secondo elemento è la capacità di questo Spirito di «guidare alla verità». Accogliere, ricevere lo Spirito non significa avere la verità, non basta, non è sufficiente; accogliere lo Spirito significa lasciarsi guidare verso «tutta la verità». Questo secondo passaggio è molto importante e spesso trascurato. In una mentalità diffusa tra i credenti si pensa che chi ha ricevuto una speciale invocazione dello spirito, attraverso l’imposizione delle mani, per un determinato ministero (servizio) nella chiesa, possieda la «verità»; cosicché a volte avviene che questi, anziché lasciarsi guidare verso la verità, pensi in realtà di possederla trasformandola in un esercizio di autorità e potere. Nel testo evangelico, invece, si sottolinea il contrario: accogliere lo Spirito di verità è lasciarsi guidare verso quella verità che non solo non si possiede, ma che si può solo ricercare a partire proprio dall’umile consapevolezza di non possederla.
Il non «possesso della verità» è ciò che, infatti, viene subito messo in chiaro: anche lo Spirito di verità non possiede in sé tale verità, ma guida, conduce, comunica tale verità: «perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future». Lo Spirito inoltre rimanda, circolarmente, al Cristo: «perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà». La verità a cui lo Spirito guida è la verità del Figlio che, a sua volta, è la verità del Padre: «Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà». Si ha quindi un movimento circolare dove lo Spirito rimanda al Figlio e il Figlio al Padre; lo Spirito di verità aiuta a comprendere la verità tutta che è il Figlio — «io sono la via la verità e la vita» (Gv 14,6) — ovvero la manifestazione visibile del Padre: «Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato» (Gv 1,18). Tale circolarità ci insegna anche che l’unità di Dio non è statica, ma dinamica, che è di per sé non com-prensibile, nel senso letterale del termine, cioè non la si può né abbracciare completamente né comprendere in toto, ma ci si può lasciare avvolgere da tale unità e lasciarsi guidare verso quel Dio vero che sempre sorpasserà i nostri pensieri, le nostre vie («Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri» (Is 55,9), in una sempre crescente consapevolezza dell’ampiezza e della profondità di tale mistero (Rm 11,33). Un mistero che attira, coinvolge, affascina e inabita i nostri cuori.
Cosa possiamo allora imparare da questo «comunicare» trinitario di Dio? Forse che una comunicazione «vera» è una comunicazione consapevole che la verità non è un possesso, è una comunicazione che rimanda e cerca sempre la «fonte» di qualsiasi «verità», che anziché imporre «una verità» invita alla riflessione, alla ricerca, al coinvolgimento nella consapevolezza che «la verità» non può mai essere raggiunta «in toto».